di Gaetano Alessi
In una settimana in cui le “puttane di stato”, nel senso più ampio del termine, hanno monopolizzato l’attenzione generale, ci sono piccoli segnali, provenienti dal territorio, che vale la pena approfondire.
Segnali contrastanti, tra due mondi che si scontrano sul come ricordare e conservare insegnamenti e valori.
"Le ideologie sono ormai superate. Destra e sinistra, tutti assieme. Almeno per un anno prendiamoci una pausa. Non leggiamo più per un pò Camilleri o Sciascia perché sono una sorta di “sfiga” nei confronti della Sicilia. Ci vuole ottimismo". L'ha detto a Siracusa, intervenendo agli Stati generali dell'autonomia, l'assessore regionale alla Formazione, Mario Centorrino, economista e professore dell'università di Messina con una tessera del Pd in qualche tasca.
Già perché ricordare? Troppi morti ammazzati in Sicilia, così tanti da far proporre, tempo fa, al sottosegretario Gianfranco Miccichè (collega di coalizione in Sicilia di Centorrino) il cambiamento di denominazione dell’aeroporto Falcone–Borsellino di Palermo. Morti ammazzati..fanno tristezza, ci vuole ottimismo, come dice l’assessore.
Ma oltre che “ottimisti” bisognerebbe anche essere più cauti. Perché, per amor di paradosso, il podio assessoriale, regalato a Centorrino dall’inciucio Pd-Mpa-Pdl Sicilia, incarna perfettamente quel “gattopardismo” raccontato da Tomasi di Lampedusa, ora finito, pure lui, nella “lista nera” degli autori “porta sfiga”.
Diceva Edoardo De Filippo in “Io L’Erede” che l’intelligenza ogni tanto salta una generazione. Politicamente parlando, in Italia, c’è che da costatare che dopo la Resistenza ne ha saltata più di una.
C’è poi un’altra Sicilia. Fatta di giovani, quasi tutti emigrati, che si riuniscono in un piccolo centro della provincia di Agrigento. Paese che la mafia ha sfiorato più volte negli ultimi anni, seguendo la scia lasciata dall’ex Presidente della regione Salvatore Cuffaro. Ragazzi che cercano di dare un segnale, di rimettere al centro della discussione una figura di riferimento etico. Si riuniscono in un piccolo pub chiedendo agli avventori una firma. Vogliono che una via del loro paese sia dedicata a Peppino Impastato.Alcuni mesi fa un Sindaco leghista “uccise” una seconda volta Impastato revocando l’intitolazione, a suo nome, della biblioteca comunale del paese. Ma pochi si sono posti una domanda. Quanti sono i comuni che in Sicilia ricordano Peppino? Troppo pochi.
I ragazzi, che fanno capo all’associazione Ad Est, hanno pensato di porre rimedio e a questi si sono uniti via web Giuliana Sgrena del Manifesto e con lei Giorgio Santelli, Beppe Giulietti, Stefano Corradino, Tommaso Fulfaro, Carmine Fotia, Pino Finocchiaro, Gianni Rossi, Tania Passa, Federico Orlando, Alberto Spampinato (ossigeno per l'informazione), Roberto Morrione (Libera informazione), Roberto Natale (Presidente FNSI), ma soprattutto tanti giovanissimi ragazzi siciliani. Due giorni sotto una pioggia battente e tante firme che vanno a riempire le caselle di quei moduli che ora saranno consegnati al consiglio comunale.
Raffadali, piccolo centro della Sicilia, avrà una via dedicata a Peppino Impastato, quella d’ingresso del paese, a fianco la nuova Caserma dei Carabinieri. Una scelta che viene da basso, dai cittadini, dai ragazzi. Fiori che spuntano in un territorio che neanche le peggiori “tempeste” hanno reso arido.
Con tanti saluti a chi vorrebbe, per un indefinita voglia di nuovo, cancellare la storia, i ricordi e l’orgoglio di una terra “difficile” come la Sicilia.
"Io" proseguì don Mariano "ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, chè mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre."
(da "il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia)