di Elisabetta Reguitti*
Sembra la brutta scena di un film di guerra: soldati tedeschi che salgono su di un bus alla ricerca di qualcuno da arrestare. L’epoca è un’altra la situazione è diversa anche se l’ intento di attuare rastrellamenti è lo stesso ed è ciò che sta per accadere in una cittadina dell’operoso, ricco e cattolico profondo nord d’Italia. Meno di dieci chilometri (più o meno) di strada percorsi in pochi minuti dai pullman di linea e durante i quali verranno effettuati i controlli dei documenti dei viaggiatori a bordo dei mezzi che transitano nel comune bresciano di Villa Carcina: quattro fermate in tutto (da nord a sud del paese) per un tragitto obbligato per quanti, ogni giorno, dalla città raggiungono la Valle famosa per la sua intensa e redditizia industria armiera e per le numerose officine metalmeccaniche.
Questo è quanto prevede la circolare emessa e diffusa in questi giorni tra gli agenti (in tutto sei) della polizia locale che per due volte al giorno, a sorpresa, dovranno salire sui bus per svolgere la loro caccia agli irregolari.
Ma cosa indurrà gli agenti a selezionare i passeggeri? Il colore della pelle o l’aspetto da immigrato visto che questa è l’ennesima azione di controllo concepita in casa Lega ad opera dell’assessore alla Sicurezza Stefano de Carli: poco più che ventenne giovane leva leghista la cui unica attività lavorativa è fare l’assessore in questo Comune di 11 mila anime il cui 10 per cento circa è rappresentato da cittadini stranieri.
Ma tornando ai controlli a sorpresa, in itinere, al momento nessuno sembra aver calcolato la gravità di un provvedimento di questo genere sul piano delle limitazioni delle libertà personali. Ciò che conta è il trofeo: individuare un passeggero irregolare tra quei circa 5 mila lavoratori – per lo più stranieri - che ogni giorno raggiungono i comuni della Val T rompia (in totale 18) per lavorare come operai.
“E’ un atto fascista” - accusa Valter Saresini consigliere comunale di Villa Carcina della lista Liberamente a sinistra - certi controlli fanno tornare alla mente il triste passato quando essere ebrei significava essere equiparati a criminali”.
Lo stesso esponente dell’opposizione osserva come si voglia instaurare un clima di terrore e caccia all’uomo che non ha precedenti. Un esempio su tutti è che fino a quattro mesi fa la polizia locale del paese non fosse neppure armata ma dopo l’insediamento della nuova giunta (3 assessori su 4, sindaco escluso, sono leghisti) si è provveduto spendendo all’incirca 11 mila euro. E poi ci sono i pattugliamenti e i controlli notturni anche nelle abitazioni a caccia di “clandestini” i quali partecipa personalmente pure l’assessore de Carli fermandosi però sulla soglia delle abitazioni controllate.
Nel frattempo le ore straordinarie della polizia locale sono raddoppiate con un maggiore esborso di risorse ai danni di quelle, al contrario, da destinare all’assistenza sociale.
Sembra insomma che scovare eventuali irregolari sia la vera emergenza in queste zone strategiche nella produzione e commercio di armi e altri traffici, droga compresa.
Non è un caso forse se dei 18 immobili sequestrati alla mafia 6 fossero proprio in Val Trompia di cui 2, come ricordano gli abitanti, proprio nel comune di Villa. Si trattava infatti di capannoni confiscati alla mafia individuati in diverse operazioni giudiziarie che hanno dimostrato come i clan calabresi operino proprio nella ricca e industriale valle bresciana dove da sempre si pratica la caccia; oggi anche al clandestino.
*Il Fatto Quotidiano, 23 febbraio 2010