di Michele Mezza
La notizia che Google, il principale motore di ricerca che attualmente lavora su internet ha aperto la caccia alla Tv, avviando un servizio ricerca e indicizzazione dei format video non ha indotto grandi brividi nel dibattito italiano sul futuro della Tv. Forse percheâ?? il dibattito nel nostro paese si appassiona solo quando si incentra sul presente delle aziende televisive. Proviamo invece a immaginare quale attinenza possa avere lâ??annuncio di Google con, ad esempio, la proposta di Prodi di privatizzare, verticalmente, sezioni produttive e distributive , diciamo più sbrigativamente reti, del servizio pubblico. La prospettiva su cui il motore di ricerca americano, buon ultimo dopo Yahoo e Microsoft, scommette è che, così come è stato per la musica, anche per lâ??audiovisivo il modello di auto approvviggionamento di contenuti possa avvenire da parte di ogni singolo consumatore direttamente dai distributori primari, attraverso la rete. Follie, sogno onirico? Può darsi. Rilevo solo che 3 anni fa nessuno avrebbe investito un solo centesimo sulla resa della Sony discografica (la principale azienda di produzione di dischi e CD del pianeta) al MP3, come invece sta avvenendo.
Il punto, più che scambiarci oracoli , mi pare invece quello di avviare una seria e, una volta tanto, pacata riflessione proprio sul futuro della TV: il futuro della comunicazione televisiva, il futuro del servizio pubblico televisivo, e, visto come stiamo messi in Italia, il futuro della democrazia moderna. Proviamo ad incardinare una discussione ad ampio raggio , che riesca a far affiorare il livello delle competenze e dei saperi che sono diffusi nel nostro paese, e che sono affini, per cultura e tradizioni ad unâ??ambizione riformista? Una discussione che sia fortemente radicata nel nostro tempo, al primo lustro del terzo millennio e che lasci alle nostre spalle non i valori, ma almeno le formule del â??900.
Chi , come Articolo 21, è punto dâ??incontro della gente della comunicazione, un soggetto che attraversa le strade professionali che tutti noi battiamo può essere strumento di questa lavoro. Anzi direi che è obbligato a farlo per dare corpo alla sua missione.
Senza voler pre ordinare il confronto aggiungo solo due riflessioni:
1) lo switch off del digitale terrestre, che spegnerebbe i trasmettitori delle reti analogiche di Rai e Mediaset è formalmente previsto per il 2006. Cosa pensa il centro sinistra sul caso? Se vinciamo che vogliamo fare acceleriamo il passaggio al digitale o no? � bene allungare il brodo, passando da un regime penuria, ad uno di ,potenziale abbondanza? E se non scatta nel 2006 quando pensiamo che le reti si moltiplicheranno da 7 ad almeno 30, anche se i gruppi rimangono, al momento , solo 3? Nel 2007, o nel 2008, o ancora nel 2010?
2) nel nuovo ambiente multimediale che si sta configurando quale la missione del servizio pubblico e quale la fisionomia più adeguata per assolverla? Rimane lâ??egemonia nellâ??offerta dei messaggi verticali lâ??obbiettivo editoriale della Rai o invece, con la moltiplicazioni delle piattaforme si pone un problema di linguaggi e contenuti che devono segnare una presenza rilevante in ogni tipologia di rete distributiva ( TV, Web, UMTS,Adsl, cavo, ecc) per cui lâ??azienda deve costituirsi in agenzia del content nazionale, avviando il processo di separazione, anche nel ciclo televisivo , fra produttori di contenuti e gestori di rete?
Sono due primi input che propongo per una riflessione che intrecci presente e futuro, Google e digitale terrestre, libertà e sviluppo. Ci proviamo?