di Giulia Fresca
di Giulia Fresca
Il consorzio sociale Goel presieduto da Vincenzo Linarello, nasce nel 2003 da un lungo percorso di animazione sociale, culturale ed economico promosso ed accompagnato dal Monsignor Bregantina ed oggi raccoglie numerose imprese sociali della Locride e della piana di Gioia Tauro avendo come mission il cambiamento della Calabria ed operando per il riscatto delle comunità locali. Recentemente il consorzio ha promosso l’Alleanza per la Locride e la Calabria, sottoscritta già da 3000 persone e da oltre 720 Enti ed Organizzazioni ed il prossimo 1° marzo sarà a Reggio Emilia protagonista di una manifestazione nazionale sotto lo slogan “da Sud a Nord: un’alleanza per la Democrazia” attraverso la quale è la Calabria ad essere chiamata per aiutare altre realtà in una operazione unica di visione positiva di una terra continuamente soggetta a recriminazioni. Abbiamo incontrato Vincenzo Linarello per chiedergli un pensiero sulla situazione calabrese oggi.
Calabria, una regione vista dall’interno e dall’esterno. I mali da estirpare ma anche tante cose belle da far risaltare. Qual è l’opinione di Goel, una realtà positiva in una terra maledetta?
Io credo che in Calabria, per leggere bene la nostra terra, bisogna prima di tutto amarla pregiudizialmente. È uno degli insegnamenti che mi ha trasmesso mons. Bregantin, e ciò perché spesso non si può leggere in maniera manicheista ciò che è bianco e ciò che è nero. Bisogna avere la capacità di decodificare. Oggi in Calabria la gran parte dei calabresi è vittima, imprigionata, incastrata in un sistema ricattatorio potentissimo che non dà altra alternativa ad una scelta: o galleggiare in questo sistema o andarsene via. E’ un sistema che fa leva proprio sulla soddisfazione dei bisogni fondamentali, quotidiani, della gente, che, per ottenere un lavoro, un certificato importante, una pensione, essere curato dignitosamente in un ospedale, stare in pace con la sua attività commerciale o il suo podere agricolo, deve dare qualcosa in cambio. Ciò che si chiede è il voto oltre ad altre cose. I voti vengono pacchettizzati e messi quasi all’asta. Chi, tra i partiti o i loro esponenti politici li compra, deve dare in cambio altri ruoli chiave, da cui poter controllare altri bisogni delle persone o far fare anche carriera politica direttamente a queste realtà. Sappiamo che questo sistema ricattatorio è governato in maniera molto intelligente e sistematica da due forze: dalla ‘ndrangheta, in particolar modo la maggiore, ciò la parte dei santisti, dei capi, in connubio e relazione molto stretta con le massonerie deviate. Il sistema ha la capacità di infiltrarsi ovunque e di utilizzare anche le stesse risorse pubbliche per perpetuarsi ed auto mantenersi.
Goel nasce per snaturare questo sistema in un territorio particolare della Locride fortemente soggiogato alla ndrangheta. Qual è la vostra forza?
Goel, credo abbia avuto, inizialmente, una buona intuizione che è stata quella di scegliere la via dell’impresa sociale e della cooperazione sociale, perché in qualche modo la cooperazione sociale è una realtà che, se correttamente concepita ha, allo stesso tempo una valenza politica, culturale ed economica. E Questo è indispensabile nella nostra terra, perché in Calabria non ci si può permettere il lusso di proclamare solo delle buone intenzioni, bisogna immediatamente dopo, costruirne la realizzazione. Questo sia per dare credibilità a ciò che si dice ma anche, molto banalmente, per riuscire a dare un’alternativa alle persone, perché quel sistema di cui dicevo prima lo si scardina solo costruendo alternative. Goel nasce per questa ragione, nasce perché si è compreso che né le persone isolate, né una cooperativa isolata poteva contrapporsi a quel sistema. Bisognava creare un altro sistema ed oggi Goel è un sistema di 14 imprese sociali che si estende dalla Locride alla Piana di Gioia Tauro ed è una realtà che lavora nell’ambito dei servizi socio-sanitari, all’ambito dello sviluppo, stiamo lanciando il primo marchio di moda etico-sociale in Italia, “Cangiari” che da lavoro a tantissime donne che tessono al telaio, fanno i ricami manuali, portando l’artigianalità tessile calabrese sulle passerelle della moda milanese. Stiamo operando verso un turismo diverso con un Tour operator che si chiama “i Viaggi di Goel” che realizza tour di turismo responsabile nella nostra terra. Stiamo portando avanti una sperimentazione con il primo sistema di scambio di prestazioni lavorative di prodotti senza l’utilizzo del denaro nella vallata della Locride e stiamo cercando di incentivare tutto l’aspetto dell’agricoltura biologica. Partiremo nei prossimi mesi con le prime produzioni bio e ci stiamo impegnando in uno degli ambiti gettonati della mafia cioè quello dell’ecologia e della raccolta differenziata. Anche in quel campo stiamo facendo una serie di ricerche per produrre, a partire dei rifiuti, energia oltre che occupazione, ovviamente. Dall’altro lato, nel campo del sociale, non a caso ci stiamo occupando di rifugiati politici, di immigrazione, di minori ed in particolar modo di minori a rischio ed anche di salute mentale. Non a caso siamo entrati nella sanità in quanto sapevamo che essa è un altro luogo privilegiato della ndrangheta. Ogni attività che Goel fa, ha una valenza di tipo economico-occupazionale ma prevalentemente una valenza politica. Non facciamo nulla a caso ogni attività converge nella costruzione della rete , una faticosissima esperienza che sta dando però risultati molto belli.
Cosa avete scardinato nella Locride?
Io credo che alcune vittorie ce le siamo portata a casa. Innanzitutto siamo riusciti a difenderci bene, il che non è assolutamente scontato. Avevano cominciato a farci degli attentati, avevano cominciato ad intimidirci in ogni modo comprese le campagne diffamatorie e credo che la rete che abbiamo costruito in tutta Italia sia stata capace di essere un formidabile deterrente verso questa attività. Lo dico ironicamente, l’abbiamo anche detto provocatoriamente: “è stata la prima volta che delle cooperative colpite siano avvantaggiate dagli attentati che hanno ricevuto”. Questo ha un valore simbolico enorme perché vuol dire aver “spuntato” le armi della violenza alla ‘ndrangheta. Siamo riusciti a legittimare un problema quando nel 2005 facemmo il convegno “etica e sviluppo locale in Calabria”, subito dopo l’omicidio Fortugno. Nessuno, quasi nessuno in Calabria parlava di massoneria deviata sebbene tutti sapevano. Di fronte a questo, abbiamo visto davvero una grandissima reticenza ad affrontare, addirittura a pronunciare pubblicamente questa parola. Oggi crediamo che attraverso l’alleanza abbiamo legittimato un problema. Oggi i media ne parlano con molta più libertà, con molta più disinvoltura e credo che tutto questo sia un risultato veramente enorme. Allo stesso tempo abbiamo anche dimostrato, con i nostri risultati, e credo che questo abbia un valore delegittimante pazzesco, anche nei confronti degli stessi affiliati alla ndrangheta o alle massonerie deviate, di riuscire a produrre risultati di sviluppo occupazionale ed economici molto più significativi della stragrande maggioranza di esperienze che si ispirano a tutt’altri valori. Noi stiamo facendo una paziente ma fruttuosa attività di delegittimazione della ‘ndrangheta e delle massonerie, cioè siamo passati dall’attività in cui tentavano di delegittimarci a una fase in cui noi stiamo facendo la stessa cosa. Stiamo dicendo pubblicamente ai mafiosi che “prima ancora di essere cattivi sono stupidi” perché vanno dietro ad un’organizzazione che nella maggior parte dei casi li lascia in mutande. Vanno dietro ad un’organizzazione che non ha la capacità di tutelarli visto che l’80% dei morti ammazzati sono appartenenti alla stessa ‘ndrangheta e vanno dietro ad un’organizzazione in cui il 90% delle risorse, ormai è risaputo, lo dicono i magistrati, è nelle mani non più del 10% degli affiliati. Così come pure alle massonerie deviate diciamo: “una così grande presenza nella nostra regione, una così grande, io dico ironicamente “illuminazione”, nella nostra terra che cosa ha prodotto? L’ultima regione in Europa! Complimenti!Con noi non c’è assolutamente paragone.
Dopo i fatti di Rosarno la Calabria è diventata nell’immaginario la regione razzista, dove c’è la schiavitù del lavoro e del sesso imperante. Perché ci sono ancora delle stereotipizzazioni in questa regione e perché delle persone sono oggetto di una certa sensibilità degli abitanti ma nessuno ha denunciato che vivevano in condizioni disumane. È colpa un po’ di tutti?
Credo che le due domande che hai posto meritino risposte differenziate perché sono entrambe importanti. La prima è la questione dell’immagine. Anch’io mi sono chiesto perché, per esempio, non abbia avuto tanto clamore la notizia sui commercianti di Bovalino che hanno avuto la capacità, in quegli stessi giorni, di denunciare i loro estorsori. Al contrario dell’eco mediatico che ha avuto l’altra notizia. Io credo che da questo punto di vista noi dovremmo cominciare a rileggere anche criticamente il nostro ruolo, parlo delle realtà che stanno tentando di combattere attivamente la 'ndrangheta in Calabria, ognuno dal proprio fronte. Credo che l’informazione oggi vada usata molto attentamente perché la 'ndrangheta, a mio avviso, ha una capacità ed una competenza comunicativa non indifferente, secondo me molto sottovalutata e spesso, senza che noi lo vogliamo, con la migliore delle intenzioni, esaltando i problemi nella speranza che qualcuno li prenda seriamente in considerazione, non facciamo altro che essere ripetitori della loro forza, della loro potenza. Credo che invece debba essere fatta, molto più astutamente, una grande campagna di delegittimazione di fronte alla ndrangheta sminuendo, e se necessario ridicolizzando, la loro posizione. E credo che su questo punto di vista tutti devono capire, un po’ come negli anni di piombo si avviò una riflessione su come trattare le notizie delle Br, dei brigatisti ecc, tutti dobbiamo seriamente chiederci se attraverso il nostro ruolo, con le migliori intenzioni possibili, stiamo facendo un bene oppure un male. Io propenderei nel non nascondere i problemi, però nello stesso tempo dare grande visibilità alla speranza ovunque essa si manifesti e smontare, umanizzare, se necessario anche banalizzare alcuni aspetti della ndrangheta. Sui fatti di Rosarno ed in qualche modo anche l’atteggiamento della gente, francamente penso che, pur riconoscendo e credo sia scontato il ruolo che la ndrangheta ha avuto in quella situazione, ovvero un ruolo promozionale, comunicativo molto potente e di ricerca di consensi, credo che la vera responsabilità la dovremmo ricercare altrove addirittura non nella ndrangheta. Mi chiedo: che cosa è accaduto in questa situazione? Come ogni anno questi immigrati dentro un quadro normativo che fa paura, che è già schiavista a livello nazionale, si sono spostati dalla Campania in Calabria a raccogliere le arance e lo hanno fatto in un momento in cui il mercato degli agrumi era fortemente in crisi. Per cui questa gente è arrivata qui convinta di poter lavorare e si sono trovati disoccupati con ancora meno rispetto a quello che di solito avevano. Un grande numero di persone dunque, di migranti che si sono ritrovati a Rosarno, a star lì senza avere un lavoro, a dover sopravvivere. Ciò è diventato di per se un grave problema sociale. Ora io mi chiedo, e qui sono volutamente generico perché secondo me ce n’è per tutti, se nei vertici degli organismi che devono rappresentare lo Stato nel territorio, fossero state messe persone con criteri veramente meritocratici non si sarebbero accorti che quello doveva essere un problema affrontato per tempo? Che doveva essere trattato in maniera tale da non dare, su un piatto di portata pronto, alla 'ndrangheta questa situazione? Invece la ndrangheta, che fa il monitoraggio sul territorio molto più attento, da questo punto di vista di quanto lo facciano coloro che sono preposti al livello dello Stato, ha capito che lì ci poteva essere l’occasione per un grandissimo spot di consenso sul territorio e l’ha colto. La vera responsabilità francamente la do a chi ha omesso di rendersi conto di quello che stava accadendo e di aver provveduto, con le armi della legalità a trattare questo problema. Così come ancora mi chiedo: ma è possibile che dentro un quadro normativo che sicuramente oggi vuole blindare i confini dello Stato nazionale non si possa fare una eccezione, allo stesso modo di come si è fatta con i collaboratori di giustizia, nei confronti di quei migranti che hanno il coraggio e la forza di denunciare i propri oppressori, tale magari anche da premiarli con una carta di soggiorno in Italia? Cioè a dire: bene, tu ci hai aiutato ad assicurare alla giustizia dei criminali, io ti premio rimuovendo il tuo stato di clandestinità. Se questo provvedimento, giustamente ed intelligentemente, l’hanno adottato con i collaboratori di giustizia della mafia, perché non potremmo estenderla anche per i migranti? Io mi rifiuto di credere che chi, oggi, detiene le responsabilità non riesca a fare questi ragionamenti, penso che ci sia una malizia voluta, del resto non mi paiono delle idee tanto rivoluzionarie e geniali da non venire in mente a nessuno.
Il 1° marzo Reggio Emilia chiede aiuto alla Calabria. È una bella vittoria. È una Calabria che esce fuori e porta il suo valore positivo in una terra che chiede pubblicamente aiuto?
Ristabiliamo la giusta visione delle cose. La maggior parte della gente di Calabria è gente perbene, gente onesta che se anche in qualche modo è costretta a galleggiare in questo sistema melmoso lo fa contro la sua volontà. In qualche modo stiamo riuscendo, finalmente a fare più rumore di quello che fanno quelle poche persone aderenti alla ‘ndrangheta e che ci stanno portando questa cattiva fama in tutta Italia. Credo che sia un traguardo molto significativo, molto importante, perché non solo riscatta l’immagine della nostra terra e dei calabresi, ma nello stesso tempo produce dei risultati concreti perché a Reggio Emilia è nato Co.Lo.Re, un coordinamento di 150 realtà nella provincia che ha messo su un osservatorio civico contro l’infiltrazione della ndrangheta e delle massonerie deviate e che ha portato ad aggregare in un dibattito molto fecondo, operatori economici, Istituzioni, magistratura , che sta dando un supporto, con risultati concreti. Credo che tutto questo la dica lunga anche in merito al problema sicurezza, problema molto sentito al Nord. Provocatoriamente mi domanderei: è meglio l’osservatorio civico territoriale che proponiamo noi o le ronde?
Dal 1° al 29 marzo. Cosa può cambiare “se si vuole”?
Io sono scettico ed ottimista allo stesso tempo. Scettico nella possibilità che il cambiamento venga da queste elezioni regionali perché sono convinto che non è dall’alto che si cambiano le cose. Finché esiste quel sistema ricattatorio alla base e non si da ai calabresi un’alternativa vera, è quasi impossibile che una realtà possa affermarsi a prescindere da questo sistema, una realtà politica. dall’atro lato sono ottimista perché vedo che da “questo” versante si sta muovendo tanto. La Calabria è la terra delle contraddizioni dove ciò che va male, peggiora e ciò che va bene, migliora. Credo molto in questa “polarizzazione”, credo che sia gravida di grandi cambiamenti, un po’ come la storia ci dimostra in molte situazioni, e da questo punto di vista sono molto ottimista perché pian piano si creeranno le condizioni perché la gente dia la “possibilità alla politica di cambiare” e non che sia la politica a dare la possibilità alla gente di cambiare.