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Articolo 21 - Editoriali
Tra Annozero e il mio seggio
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di Nello Trocchia

Mi chiamano per fare il presidente di seggio. Accetto mal volentieri, ma con senso di responsabilità. E allora inizio a spiegare le modalità di voto, aprire la scheda a ciascun elettore e chiedo di depositare il cellulare all'ingresso. Un seggio, un mondo. Rione Gescal(quartiere popolare), provincia di Napoli. Ne passano tanti di elettori, 70% di affluenza, il Pdl vola e conquista oltre il 50%. Intorno al seggio ne ho viste e sentite di tutti i colori, di quelle da riempirci un manuale, da scardinare numeri, ricerche, statistiche e analisi post-voto. C'era il rappresentante di lista del Pd che urlava contro la camorra , dall'altra parte nessun rappresentante, i gladiatori della liberà erano uomini e donne della gescal: netturbini, disoccupati, custodi, figli di nessuno, perdigiorno, qualche pregiudicato. All'esterno  girano santini, qualcuno si libera salutando un conoscente: " Ma come chi ho votato? Ma zio papi, Silvio!". Quanto è lontano il dibattito sul web che libera tutti, dalle mie parti funziona ancora con la clientela, il disagio come motore di consenso, meglio tenerli ignoranti e alla bisogna bussare e comprarne voto e futuro. In Campania anche la lista Grillo non vola, dalle mie parti alla fine segno un voto, a Ferrero ne vanno due. Uno e due, nei quartieri popolari non esistono. All'ultimo figlio di una famiglia venuta da lontano anni fa e padrona della gescal, chiediamo di posare il cellulare, ci risponde piccato, per dirla decentemente: " Ma che buo, per chi me pigliat ( ma che vuoi, per chi mi ha preso?)". Un altro semplicemente minaccia di stracciarmi la scheda in faccia, altri sbraitano, urlano, qualcuno si porta via la matita, diffonde santini. Il voto è telecomandato, dopo lo spoglio arrivano i veri rappresentanti di lista e chiedono delle coppie. Uno arriva e chiede ma Franzese-Conte quanti ne sono usciti? Io rispondo: una quindicina. E lui: " Allora mi trovo". Poi dicono il voto libero, la democrazia e bla bla. Il controllo del voto non significa costringere, significa ridurre l'esercizio democratico in un mercinomio, in una compravendita, in una matita indelebile e in una scheda elettorale, modello ventaglio. Franzese-Conte, una quindicina. Mentre leggevo le preferenze, urlavo forte Conte. Pensavo al fatto che ero in un quartiere popolare e il condannato per camorra in primo grado veniva scelto come futuro consigliere, dieci mila consensi in provincia di Napoli. Altro che appelli al voto pulito, disinformati quei dieci mila o è tutto da rifare? Mi chiedevo una spiegazione, ma davvero non c'erano alternative a quel Conte sulla scheda? Altre coppie come Diodato Carfagna  o Alvino-Vessella-Pisacane, quest'utlima moglie di Michele Pisacane, deputato e sindaco. Le mogli di sono una costante, vola anche Bianca D'Angelo, compagna dell'europarlamentare Rivellini. E alla fine vengono a chiedermi delle coppie, avevano già segnati i numeri e la conferma arriva dallo spoglio. Una legge elettorale che consente tutto. Con le coppie puoi prefigurare mille e più indicazioni per sapere chi ha votato come da accordi, 'bisogna tutelare l'espressione del voto'. In altri seggi anche le foto si fanno, c'è chi mi racconta del micio(il gatto), che all'esterno del seggio nei quartieri più popolari di Napoli consegna un cellulare che deve essere riportato con tanto di foto della scheda. Storie, racconti, immagini, scatti di ira, alla fine il Pdl stravince, un dipendende comunale passa ad ascoltare lo spoglio, al voto per la lista Grillo urla 'Quello che sta con Di Pietro, ancora votano sta gentaglia!'. L'ultima scheda è nulla, sopra una scritta: " Asini, io mollo".

 

www.federalismocriminale.it

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