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Articolo 21 - Editoriali
Pd siciliano: le ragioni indefettibili di un no
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di Pino Finocchiaro

No. Il no della segreteria nazionale del Pd a qualunque ipotesi di partecipazione del partito siciliano al governo dell'isola presieduto dall'autonomista Raffaele Lombardo è chiaro, netto, inequivocabile.

Eppure c'è ancora chi ama discutere sull'eziologia di un no. Un fatto sorprendente per gli elettori progressisti che pure hanno attribuito un mandato preciso ai loro consiglieri regionali. Fare opposizione.

"Per quanto mi riguarda - dice Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria nazionale del Pd - non mi sembra che ci siano le condizioni per fare passi politici ulteriori". Dello stesso parere il segretario siciliano del Pd, Giuseppe Lupo, e Rita Borsellino, non iscritta al partito ma autentica icona dei progressisti siciliani che vogliono rompere col passato, con qualsivoglia sentore di intesa con ambienti politici sensibili ai poteri forti e in particolare al più forte tra tutti in Sicilia, la borghesia mafiosa. La posizione ufficiale è chiara: nessun soccorso rosso per la giunta Lombardo che deve fare i conti con lo scontro interno al centrodestra. Scettici molti dirigenti di An, guerra fratricida tra i promotori del Partito del sud, Lombardo e Micciché contro i berlusconiani doc Alfano e Firrarello. L'inviato di Bersani ritiene impossibile un qualsivoglia sostegno politico alla giunta Lombardo, in particolare il voto su Bilancio e Finanziaria che per Migliavacca  è "un passaggio che ha valenza politica".

La realtà però vede in giunta o consulenti di Lombardo tre autocrati storicamente vicini al Pd e ai progressisti: Mario Centorrino, lo studioso universitario di economia mafiosa, che sembra veleggiare nel più sicuro approdo del movimento lombardiano, Mpa, dove redige i Quaderni dell'Autonomia; il responsabile dell'Industria, Marco Venturi e Piercarmelo Russo incaricato di far piazza pulita negli Ato. Il Pd siciliano, si riscopre così partito di lotta e di governo. Il che fa imbestialire la base. Fatta salva l'adesione di numerosi principi del voto e baroni della conoscenza che si preparano a tagliare i ponti col Pd per aderire alle iniziative autonomiste di Lombardo, magari attraverso il movimento degli Innovatori. E certo novità sarebbe, scorgere tra cotanti innovatori anche la figura di Beppe Lumia, già presidente della Commissione Antimafia, il parlamentare che con Nichi Vendola si battè per far luce sul verminaio di Messina e sul patto del Tavolino col quale mafia e borghesia mafiosa si spartivano gli appalti. Ora, da cronista militante nell'antimafia, da socio fondatore di Articolo 21, da siciliano, non posso che condividere il no di Migliavacca, Lupo e Borsellino. Non foss'altro che per aver io stesso pronunciato forte e chiaro questo no di fronte a Beppe Lumia nel mese di dicembre durante le celebrazioni per l'uccisione del mio ex direttore e maestro di cronisti, Pippo Fava. Concordo con Migliavacca. Non è un no dettato dalle vicissitudini investigative di Raffaele Lombardo. La politica non può sostituirsi alla magistratura. Ma la politica ha il dovere di non attendere i tempi della magistratura per maturare le proprie opzioni. La politica è l'arte della scelta.

L'arte, per esprimersi al meglio necessita di autori e protagonisti autentici. Guitti e figuranti si astengano. Mentre cardinali e gran maestri dei pacchetti di voti calano scialuppe in mare pronti ad abbandonare la vecchia nave madre che li ha eletti e/o ne ha eletto figli, nipoti e famigli, gli elettori sinceri, i protagonisti autentici del progressismo siciliano non piangeranno per la loro dipartita né per il loro diverso ma ben più congeniale approdo. Migliavacca, Lupo e Borsellino contino sui ragazzi del Rita Exspress, emigrati al nord in cerca di studi e lavoro negati nell'isola che li vide nascere, crescere, sperare.  Lotti il Pd, lotti Bersani - e con loro Di Pietro e Vendola - affinché nessuno rubi più a quei ragazzi, ormai adulti, la speranza. Talvolta sento dire che non si trovano nomi, non si trovano persone. Eppure, ogni volta che scendo in Sicilia e parlo con quei ragazzi dagli occhi lucidi incontro autenticità, capacità di scelta, impegno; li vedo coltivar l'arte non di arrangiarsi ma meditare prima della scelta. Vorrei fare tanti nomi. Ne citerò uno che Pierluigi Bersani dovrebbe scolpirsi in mente. Uno che non tornerà. Uno che ha preferito il suicidio sociale all'indifferenza. Adolfo Parmaliana. Ordinario di chimica e ambientalista. Ecologista che poggiava su solide basi scientifiche l'arte della scelta. Coraggioso nei no, generoso nei sì. Credeva nell'Ulivo, credeva nel Pd. La solitudine lo ha ucciso. Il vuoto fatto attorno dagli indifferenti. Dalla neghittosità della magistratura. Dall'offesa all'onestà dell'uomo saggio e probo.  Probità fastidiosa, quella di Adolfo Parmaliana. Al punto da risultar minaccia all'arte d'arrangiarsi di mafiosi e borghesi, faccendieri e politici locali. Al punto da volerlo uccidere con la calunnia e l'oblio. Parmaliana si è lanciato da un viadotto di quello scandalo immanente che è l'autostrada Messina - Palermo. Eppure, è più vivo di tanti compagni, colleghi e amici di partito che svendono il loro nome per ritagliarsi un posto nella scialuppa.

Ecco, il prossimo no, Migliavacca lo dedichi al compagno Parmaliana.

Non importa quanti saremo i siciliani, progressisti, lavoratori a dir di no. Purché sia un no autentico, meditato, incontrovertibile.

Ho letto che Raffaele Lombardo, in aula a Palermo, farà i nomi dei politici legati alla mafia. Bene, così finalmente potrà parlare della sua amicizia personale e politica con Paolo Rizzo, sindaco disciolto per mafia nel '92 a Niscemi, nonché cognato del boss Gianfranco Giugno. Forse Lombardo parlerà dei suoi rapporti con i movimenti dei disoccupati a Palermo e del suo ruolo di vicesindaco nel grande dissesto del Comune di Catania.

Forse ci dirà, finalmente, di quei file apparsi in rete nei quali la sua segreteria affastellava raccomandazioni per far diventare agenti segreti alcuni carabinieri o favorire qualche consigliere regionale dei ds e i suoi clienti. Forse ci parlerà di quel poveretto che invocava una raccomandazione per ottenere il trapianto di un rene. Francamente, da siciliano, da cronista, da attivista per le libertà, quella dell'articolo 21 tra le prime, non so cosa voglio dalla politica. Non so cosa fare. Per dirla con Montale: "Sappiamo ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Non voglio un futuro per gli ex ragazzi del Rita Express nel quale si debba arrancare trafelati verso il castello del signorotto di turno per invocare un contratto part time o un'assunzione nelle categorie protette per il figlio diversamente abile.  Non voglio, né per me né per loro, un mondo in cui qualcuno implori il principe per ottenere un rene che gli salvi la vita. Perché, dopo, quella vita non varrà più nulla.

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