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Articolo 21 - Editoriali
La Rai col premio di maggioranza
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di Ennio Remondino*

In tempi di ascolti televisivi impazziti c’è chi si interroga e chi, più comodamente, insegue le colpe sempre e comunque altrui. In Rai, dove ad essere rara è l’innocenza, i colpevoli si rincorrono a scaricare uno sull’altro il loro piccolo o grande carico di errori. Pochi, in realtà, sarebbero evangelicamente autorizzati a scagliare la prima pietra. Sali nelle gerarchie e ovviamente salgono gli indizi di colpevolezza. Come gli ascensori di viale Mazzini che, oltre il settimo piano hanno soltanto il bar.

Che il mondo televisivo sia ad una svolta è noto anche agli inascoltati cittadini del telecomando, vittime innocenti del caos digitale, nella attesa di vedere moltiplicati, oltre ai canali che si rincorrono a casaccio, anche i contenuti. Calano e si spalmano gli ascolti, cala e si disperde la pubblicità, salvo eccezioni maliziosamente favorite e sollecitate dalla politica. Ad evitare equivoci, mi riferisco ai ripetuti ed ineleganti solleciti del proprietario di Mediaset a boicottare la Rai delle ormai rare voci in controcanto -sempre troppe per lui- rispetto all’azienda di famiglia. Silvio Berlusconi premier rincorre se stesso imprenditore minacciando e, di fatto, sollecitando l’evasione del canone Rai come disobbedienza politica. Ma è solo lui il colpevole?

Persino la solitamente autoreferenziale macchina sindacale di noi giornalisti Rai ha cominciato a porsi domande coraggiose. Al recente congresso di Salsomaggiore, riconfermato il segretario Carlo Verna, la più gettonata protagonista è stata “Miss Preoccupazione”. Esagerata da sinistra e minimizzata da destra, la figlia della Paura si affaccia dunque anche alle porte della più grande azienda culturale e giornalistica italiana. A volerla buttare in politica, a Salsomaggiore ho sentito proporre diverse terapie rispetto ad una diagnosi sostanzialmente condivisa: “avanti così non è più possibile andare”.

Avanti così come? L’ingerenza strabordante della politica che rovescia i ruoli costituzionali tra controllore e controllato, sintetizzo da sinistra. Dal modello anglosassone del giornalista “cane da guardia” nei confronti del potere al cane di razza italiana partiticamente selezionato per la sua fedeltà al padrone. Subito dopo la parcelizzazione parlamentare che si riproduce nella commissione di vigilanza Rai, nel Consiglio di amministrazione, nella individuazione e nomina del direttore generale. I “tecnici” che millantano verginità, aggiungono. “L’irrazionalità di 11 testate giornalistiche”, salvo essere utili a creare spazi gerarchici da premio fedeltà. Direttori clienti per redazioni che si vorrebbero allineate e silenti. La rima non allevia la vergogna e, ad essere onesti, non fa sostanziale differenza fra destra e sinistra. Spezzoni di interventi congressuali mischiano la denuncia dei sintomi ad accenni di diagnosi sulla malattia. E’ colpa dei lottizzatori! Ma ogni lottizzatore ha bisogno di un lottizzabile, replicherei io. Sono saltate le regole! Quali, quelle che ti erano scomode o quelle a tua convenienza, replica il diavoletto. La sovrapposizione degli incarichi redazionali, denunciano in molti facendo riferimento agli “assi pigliatutto” che incassano vice direzioni, conduzioni prestigiose e responsabilità di interi settori. “Ha cominciato Riotta!”, accusa la destra puntando il dito contro l’europarlamentare Pd Sassoli. Ma Minzolini sta battendo ogni record, ribattono i neo esclusi che, aritmetica canta, disegnano un Tg1 tutto di ufficiali, metà dei quali messi professionalmente nella riserva. C’è chi lo chiama spoil system per alleviare la vergogna, chi esagera denunciando la pulizia etnica. La Corte dei conti potrebbe accontentarsi di sanzionare lo spreco di denaro pubblico.

A voler discutere del primato tra uovo e gallina, dovremmo tornare molto più indietro di Riotta-Minzolini. Una data: la discesa in campo dell’editore televisivo Berlusconi sommata alla scelta del sistema elettorale maggioritario. L’interferenza eterna dei partiti sul governo della Rai passa dalla lottizzazione al conflitto di interessi. Il politico-editore che interviene in misura sempre crescente sulle scelte strategiche dell’Azienda pubblica concorrente. A sbilanciare ulteriormente il meccanismo già fragile dei contropesi, la politica e le sue conseguenze adottano il sistema maggioritario.

Premio di maggioranza anche in Rai, posso testimoniarvi già dal Berlusconi 1. Allora nel comitato di redazione del Tg1 ho memoria di un Carlo Rossella, prima incursione esterna nel mondo televisivo Rai, che manda a casa, in un sol colpo, sei capi delle redazioni chiave. Alla faccia di Minzolini, verrebbe quasi da considerare. Due, già allora i segnali precisi. Primo: chi vince piglia tutto e non spartisce con nessuno. Due: si apre la stagione dei direttori venuti dell’esterno. Non capiscono un accidenti di televisione ma si intendono di politica e di potere senza le remore di vecchie tradizioni e regole Rai. Razionalità politica senza pietà.

Inaugura Berlusconi ed insegue il centrosinistra nelle sue brevi e concitate interruzioni. Il calcolo delle porcate non può essere somma algebrica tra numeri positivi e negativi.  La politica miope limita il suo sguardo al giardino di casa e coopta giornalisti cresciuti nei suoi circuiti parlamentari o salottieri. Sguardi lungimiranti, se ci sono stati, mi sfuggono.

Siamo all’attualità di una Rai che deve darsi un piano industriale severo per recuperare un buco di qualche centinaio di milioni. Vedremo la managerialità a combattere gli sprechi o la reiterazione del vizio del possesso? Il Mio contro il Tuo e, nell’incertezza, melina a centrocampo? Una frase del consigliere Rai Rizzo Nervo, a Salsomaggiore, mi ha colpito. Più o meno: “Se il piano industriale promesso non prevederà un po’ di lacrime e sangue, iniziate a preoccuparvi per il futuro dell’Azienda”. Personalmente già tremo. E attendo.

Sarà il recupero delle troppe professionalità estromesse per ragioni politiche o il perpetuarsi della emarginazione che produce contenziosi da milioni? Sarà lo stop alle direzioni spendaccione e vagabonde o la lesina a chi già sta facendo i conti con la miseria tecnologica della trascuratezza aziendale? Saranno gli inviati a non viaggiare o freneranno le squadre al seguito dei Personaggi? Saranno gli uffici di corrispondenza dal sud del mondo a chiudere o sarà la Corporation americana a ridimensionare la sua grandeur in salsa reatina? Non sono variabili da poco. A voler affrontare il terreno scivoloso del pluralismo informativo da Servizio pubblico, sarà ancora la logica del “giornalismo maggioritario” di cui Minzolini è, a suo modo, sommo ma non unico interprete, o il plurale dell’informazione sarà finalmente declinato senza premio di maggioranza? 

*da Il Manifesto 

 

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