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Articolo 21 - Editoriali
Stragi, mafia e P2. Chi c’è dietro la “Santa Alleanza”
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di Redazione

 

C’è una diabolica “Santa Alleanza” trasversale che da quasi 50 anni si dipana sulla vita della Repubblica italiana e ne detta i tempi e le condizioni del gioco democratico.

Le prove generali di questa “entità” furono eseguite durante gli ultimi due anni della Seconda guerra mondiale, quando i servizi segreti americani (l’OSS, da cui poi nacque la CIA) misero insieme personaggi della mafia siciliana, collegati con le famiglie newyorkesi di Cosa Nostra, e nel ruolo di “braccio politico” furono arruolati alcuni esponenti nobiliari isolani, a loro volta strettamente legati con la massoneria italiana e americana (in quei tempi e ancora oggi, la più potente organizzazione “fraterna”, in concorrenza politica con la storica e liberale “famiglia” inglese, da cui ha tratto origine la massoneria universale). A far da trait-d’union tra le Forze alleate e i nuovi gruppi dirigenti dell’Italia libera, la parte cosiddetta “bianca” della Resistenza e del CLN, vi erano alti ufficiali dell’OSS e dei vertici militari “badogliani”, lealisti monarchici, ma fortemente anticomunisti. Già allora un ruolo di collante e di “terra di mezzo” lo giocò il Vaticano, che per contrastare il forte ascendente popolare dei “rossi” (socialisti, comunisti, ma anche azionisti), si offrì di mediare tra gli alleati americani, i gerarchi nazisti e persino Mussolini, e che, come la storia poi appurò, grazie anche alle ricerche delle Fondazioni ebraiche, riuscirono a fornire loro dei salvacondotti per il Sudamerica e per gli stessi Sati Uniti. Questa è la genesi della Santa Alleanza!

La struttura iniziò a funzionare con obiettivi mirati contro l’evoluzione del sistema democratico repubblicano appena nato, prima con il Separatismo siciliano, con la strage di Portella delle Ginestre e poi con gli omicidi “politici” mai del tutto chiariti, come quello del boss Salvatore Giuliano e del suo luogotenente Gaspare Pisciotta (“suicidato” in carcere con un caffè al cianuro, come decenni più tardi toccò al bancarottiere Michele Sindona). Nasce il raggruppamento militare segreto Gladio, che per conto della CIA e dei settori occulti della NATO doveva selezionare la nuova “classe dirigente” militare e tenere corsi di ardimento antiguerriglia e di sabotaggio. Molti dei suoi aderenti si ritroveranno più tardi nella loggia P2. La Gran Bretagna perde i suoi collegamenti e la sua area di influenza politica negli apparati più sensibili del neonato stato repubblicano, a tutto vantaggio della politica ferocemente anticomunista e antisovietica delle varie amministrazioni americane, sia repubblicane sia democratiche.

Arrivò, quindi, a metà degli anni Sessanta la “prova generale” del tentato golpe di stato che coinvolse il generale De Lorenzo, il servizio segreto Sifar, e che portò alle dimissioni per problemi di salute dell’allora presidente della Repubblica Segni. Soprattutto, da allora il centrosinistra riformatore basato sull’alleanza DC-PSI subì un’involuzione destrorsa e perse la carica di innovazione politica ed economica, pensata da Nenni, Fanfani e Moro. Nel frattempo, e fino al 1974-78 , si andavano strutturando gruppi di pressione sempre più sofisticati per “tenere sotto tutela” la democrazia italiana.Una parte della massoneria di Palazzo Giustiniani, tradizionalmente liberale, socialista e orientata verso le “comunioni” laiche inglese e francese, si alleò agli inizi degli anni Settanta, sotto le pressioni della “famiglia americana”, con quella democristiana e nostalgico-fascista di Piazza del Gesù. Ci fu una riunificazione “storica” tra i due Grandi Orienti, ma il nocciolo duro e aristocratico confluì nella Loggia Propaganda 2, più comunemente nota come P2 (la  prima loggia Propaganda  era stata sciolta alla fine dell’Ottocento, a seguito dello scandalo per la Banca Romana!).

Questa diventerà la “fucina” delle alleanze, delle strategie e dei programmi per determinare una svolta politico-istituzionale autoritaria, anticomunista e clericale. Per la prima volta, insieme a ufficiali delle forze armate, delle forze di polizia e sei servizi segreti, vi trovarono alloggio anche magistrati, politici (dalla destra fino alla sinistra, compreso qualche esponente del  PCI) e soprattutto imprenditori e personalità della finanza privata: la vera novità dell’organizzazione guidata dal Maestro venerabile Licio Gelli. Molti degli uomini che indagarono sulle prime “stragi di stato” appartenevano, guarda caso, proprio  a questa Santa Alleanza, che aveva anche stretti rapporti con la vera potenza politica del Vaticano, lo IOR, la banca che poi fu al centro numerosi affaires scandalistici: il crac Sindona e della sua Banca Privata con gli elenchi dei suoi più influenti clienti, il crac del Banco Ambrosiano e le morti “sospette” di Calvi e Ambrosoli e il tentato omicidio di Rosone, gli intrecci con ambienti finanziari della Banda della Magliana, i finanziamenti occulti a Solidarnosc, il sindacato antisovietico polacco, attraverso monsignor Marcinkus, plenipotenziario dello IOR e canali riservati della CIA, per finire ai giorni nostri con lo scandalo della “Cricca”.

Per contrastare l’ascesa politica ed elettorale del PCI e l’evoluzione unitaria dei tre sindacati CGIL-CISL e UIL, la Santa Alleanza operò con astuzia e rara capacità organizzativa, depistando e utilizzando la tecnica della “disinformatia”, ovvero infiltrando gente degli apparati segreti, della destra neofascista e della manovalanza mafiosa dentro ai gruppi della sinistra extraparlamentare e, in seguito, nelle organizzazioni terroristiche come Brigate Rosse, Prima Linea, Nuclei Armati Proletari. Alcuni omicidi commessi da questi gruppi parlano da soli: il magistrato Alessandrini e il giornalista Tobagi, fra tutti. Ma anche alcuni giuristi ed esponenti delle forze armate.

Tra il 1975 e il 1979 qualche giornalista comincia ad interessarsi di questa “Entità” e appaiono le prime inchieste e i primi elenchi di “piduisti” su alcuni settimanali. Qualche parlamentare socialista, che poi inspiegabilmente si iscriverà alla P2, chiede anche lumi al governo. Ma invano! Il piccolissimo  nucleo di giornalisti viene presto isolato, denigrato ed emarginato (“i soliti visionari dietrologi”, “quelli delle ricostruzioni fantapolitiche”!). I magistrati più attenti hanno altro da fare, impegnati a districarsi nei grovigli dei depistaggi sulle stragi di stato, e se si imbattono in qualche collegamento con personaggi della Santa Alleanza insabbiano tutto, per paura di essere a loro volta “esiliati” in qualche sperduta Procura o inviati al confino del Civile. I partiti della sinistra storica, in primis il PCI, storcono il naso e considerano fantasticherie antistoriche quelle inchieste.

Arriva, così, nella primavera del 1978, il “grande inganno” politico del rapimento Moro, l’operazione che segnò l’inizio della fine delle Brigate Rosse. Operazione militare, cui parteciparono non solo brigatisti storici, ma anche altri “manovali” del terrorismo malavitoso. La lenta agonia del sequestro fu seguita da un Comitato di crisi, presso il ministero dell’interno, infarcito di piduisti. Ad occuparsi delle indagini, dopo la morte del leader democristiano, fautore dell’apertura ai comunisti nel governo di “solidarietà nazionale”, fu un brillante colonnello, poi generale dei carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa. Aveva una profonda esperienza nella lotta alla mafia, acquisita negli anni Sessanta insieme ad alcuni funzionari di Polizia, poi anche loro confluiti nei servizi segreti, che lo portò ad utilizzare per la prima volta i pentiti. Dalla Chiesa fu implicato suo malgrado negli elenchi della P2, dove era entrato per cercare di carpirne i segreti e conoscerne gli elementi più in vista. Riuscì a disarticolare, con la tecnica dei pentiti, le organizzazioni terroristiche rosse; scoprì alcuni segreti dai memoriali scritti in prigionia da Moro; fu inviato in Sicilia come prefetto antimafia e lì fu massacrato insieme alla giovane moglie. Anche in questo caso, come più tardi per il giudice Borsellino, sparì una borsa con documenti “top secret”. Era stato “lasciato solo”, accusò in una memorabile intervista!

Nel 1979 entra in scena “l’odore dei soldi”: oltre ai finanziamenti particolari che transitavano nello IOR, arrivano i miliardi delle tangenti ENI-Petronim. Nei contratti con i petrolieri arabi, alcuni personaggi della finanza occulta e del management di società pubbliche ottengono tangenti che poi vengono “girate” soprattutto ad alcune personalità influenti dei partiti del centrosinistra. Il PSI passa da una maggioranza relativa di sinistra, favorevole all’alleanza con i comunisti di Berlinguer, ad una maggioranza granitica, capeggiata da Craxi, ferocemente anti- PCI e disposta a governare un “nuovo inizio” politico-istituzionale con la DC di Andreotti e Forlani. Nasce in America, in Giappone e anche in Europa la Trilaterale, organizzazione “paramassonica” che riunisce l’èlite politica, imprenditoriale, finanziaria ed intellettuale del “mondo occidentale libero”, che cerca comunque di gettare un ponte verso i primi germogli di democrazia che provengono da ambienti intellettuali e politici del Blocco sovietico: distensione, disarmo nucleare, cooperazione economica tra i due blocchi.

Inizia anche l’assistenza segreta ai ribelli afghani contro il regime filosovietico. La Trilaterale, della quale un leader riconosciuto è Brzezinski (consigliere per la sicurezza del presidente americano Jimmy Carter) tiene alcune fondamentali riunioni anche in Italia (tra i suoi aderenti spiccano Gianni Agnelli e Arrigo Levi) per lanciare il “nuovo corso” politico ed economico tra le nazioni amiche. Dopo poco, su impulso di alcuni ambienti della Trilaterale, viene tolta la copertura alla loggia P2  e si cerca di squarciare la ragnatela della Santa Alleanza. Inizia il lavoro di “disarticolazione” da parte dei servizi segreti italiani e americani non deviati. Nella primavera del 1981 vengono “scoperti” quasi casualmente gli elenchi degli iscritti alla P2. Subito appaiono “taroccati”, con cancellature e inserimenti di nomi avvenuti all’ultimo momento.

Lo scandalo, nel pieno di altre stragi di stato, sconvolge le istituzioni nazionali. Il capo del governo, il repubblicano ed esperto di letture massoniche, Giovanni Spadolini, fa una prima commissione di indagine per allontanare dai loro ruoli funzionari, dirigenti, manager pubblici, magistrati, militari ed esponenti delle forze dell’ordine. Quindi, viene istituita la storica Commissione parlamentare di inchiesta presieduta dalla democristiana Tina Anselmi. C’è chi verrà condannato lievemente e chi, invece, grazie alle maglie larghe dei procedimenti giudiziari, spesso in sede civile, riuscirà persino a farsi “riabilitare”. Si crea nel frattempo una “Rete” di ex-piduisti e simpatizzanti nel mondo della comunicazione e negli apparati pubblici, che diverrà molto attiva dal 1994 in poi, per avere quindi strada libera dopo il 2001. Intanto, già allora qualche giornalista esperto della materia accenna all’esistenza di una “P1” supersegreta, formata da fuoriusciti della P2 e coordinata da un’eminenza grigia, molto addentro ai settori più potenti della Curia romana (è stato anche Gentiluomo del Papa), impegnata per decenni nelle aziende di stato, collegata agli ambienti della magistratura e dei servizi segreti. Questo personaggio e altri suoi comprimari avrebbero “in dote” molti dossier con i quali ricattare personalità politiche, imprenditoriali, della finanza e del Vaticano.

La “P1” avrebbe tenuto contatti, tramite uomini dei servizi segreti e della diplomazia, con regimi dittatoriali dell’Est europeo, dell’estremo Oriente e dell’America Latina, procurando salvacondotti personali e coperture per il traffico dei beni patrimoniali e finanziari, accumulati nel tempo e nascosti in “paradisi fiscali”. La Santa Alleanza si è così come ristretta nel suo nucleo principale, mantenendo una struttura non più piramidale, ma a cerchi concentrici, senza possibilità di comunicazione, tranne che per pochi “eletti”. Non è possibile equiparare la P1 alla Santa Alleanza, ma esistono canali comunicanti tra le due “entità”. La trasversalità politica, religiosa e la duttilità dei suoi vertici di passare da un’istituzione riservata all’altra, sono le sue caratteristiche.

A metà circa degli anni Ottanta, l’effetto piduista si attenua, mentre monta il regime politico che sfocerà più tardi con Tangentopoli. Ma gli ambienti, moltissimi personaggi, le tecniche invasive restano lo stesso. Torna di prepotenza, come in un’altalena temporale, come una staffetta storica, la violenza della mafia, mentre il sistema politico fa acqua da tutte le parti. Le tecniche degli omicidi e dell’uso delle bombe sono similari, anche gli obiettivi umani e le “location” sono straordinariamente coincidenti con quelli negli anni precedenti, preferiti dai terroristi rossi e neri e dai servizi segreti deviati. La manovalanza è più propriamente isolana, ma le strategie sono dettate dagli stessi ambienti della Santa Alleanza. Alcuni partiti, agli inizi degli anni Novanta, spariscono, altri sorgono dal nulla. Il potere economico, affaristico e mediatico irrompe nella politica e il terrorismo mafioso torna all’ovile.

L’Italia, come nel ’74, nell’81, nel ’92-’93 vive l’ennesima crisi economica e sociale di forte impatto. L’astro nascente Berlusconi ha vicino a sé personaggi che vengono ritenuti dalle indagini della magistratura invischiati negli ambienti mafiosi. Gli scandali e gli affairs finanziari continuano a dettare l’agenda politica del paese. Gran parte del Piano di Rinascita, scritto non solo da Gelli, ma da lui gelosamente custodito, è stato attuato negli ultimi 10 anni dal regime berlusconiano: indebolimento della RAI a favore del principale concorrente privato (guarda caso Mediaset-Fininvest dell’ex-piduista Berlusconi, tessera n. 1816), la divisione dei sindacati, le leggi ad personam e quelle per limitare i poteri della magistratura, l’attacco alla libertà di stampa, il blocco delle intercettazioni, il discredito dello “statalismo”, l’emarginazione dell’opposizione, la disarticolazione del sistema scolastico, l’attacco sistematico ai principi fondamentali della Costituzione.

La sinistra rimasta ancora in piedi, gli ex-PCI poi PDS-DS-PD, non riescono ancora una volta a contrastare con inchieste, leggi e denunce politiche il riaggregarsi della Santa Alleanza. Ora, ci si accorge, mentre il paese è sul baratro di nuovo di una crisi inarrestabile della finanza pubblica e dell’economia reale, che forse qualcosa non quadra nella storia politica recente di questa Repubblica. Da qui le allarmanti interviste di Ciampi e di Veltroni, alle quali va aggiunta quella “testamentaria” del procuratore Antimafia, Grasso. Un altro acuto magistrato, nonché scrittore di successo (suo il capolavoro “Romanzo criminale”), Giancarlo De Cataldo, ha ricostruito l’intreccio perverso tra questa “entità” e parti delle istituzioni in un altro libro del 2005, “Nelle mani giuste”, passato quasi sotto silenzio. Oggi, per uscire da questa crisi di cui percepiamo i pericoli, ma non ancora scorgiamo la luce per uscire dal tunnel, De Cataldo suggerisce una sua via d’uscita: una Commissione parlamentare d’inchiesta, senza potere sanzionatorio, per far luce su questi ultimi anni terribili e, quindi, lasciare una via d’uscita a coloro che verrebbero coinvolti politicamente. E perché non pensare ad un salvacondotto per Berlusconi e i suoi   “dignitari” del Califfato?

Forse l’unica strada da percorrere per riportare l’Italia nel novero delle nazioni democratiche, liberali e costituzionalmente affidabili. A meno che non si voglia ritornare ad essere un paese “ a sovranità limitata”, vassallo degli Stati Uniti, i quali, come “Lord protettore”, ultimamente hanno però  iniziato a lanciare avvertimenti all’establishment italiano e fatto trapelare i primi dossier scandalistici, pur di scompaginare i settori ancora invischiati nella Santa Alleanza. I tempi stringono, la crisi politica, economica, istituzionale sta portando alcuni nodi al pettine dell’orologio della storia patria: entro luglio la legge bavaglio sulle intercettazioni e il decreto con la manovra fiscale, “macelleria sociale”, verranno votate dalla maggioranza berlusconiana. Una volta in vigore, la svolta autoritaria del paese sarà inarrestabile. Anche questa volta verremo etichettati dagli ambienti della sinistra come “visionari”, adepti alla “fantapolitica”? 

 

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