di Redazione
"Il reintegro, sia pure con
riserva, e' un primo passo. Aspetteremo il giudice del reclamo.
Intanto mi ha fatto piacere che sia stato deliberato all'unanimita'.
Cosi' come sono contento che non esista e che non sia mai esistito un
problema fra me e Antonio Di Bella. La questione era ed e' un'altra.
Era ed e' sotto gli occhi di tutti, e non riguarda solo questa
vicenda". Lo afferma Paolo Ruffini commentando il suo reintegro alla
direzione di Raitre varato oggi dal vertice Rai per ottemperare
all'ordinanza del giudice, contro cui la Rai ha gia' presentato
reclamo. "Il presidente del Consiglio, che stando alle agenzie di stampa
continua a considerare faziosa e non in linea con il servizio pubblico
ogni opinione critica -aggiugne Ruffini- continua a porre un problema
per la liberta' di stampa in questo Paese. Ed e' un problema che
riguarda anche la Rai". "A me -prosegue Ruffini- hanno insegnato che cio' che distingue
i Paesi liberali da quelli che non lo sono e' semmai la tutela della
liberta' di opinione e quindi anche del dissenso, non l'obbligo del
consenso. Questa e' del resto la ragione di vita del servizio
pubblico. Questo e' cio' che lo distingue da un organo di obbedienza
governativa. Per questo, per quella che e' la mia parte, continuero' a
difendere la possibilita' di fare una televisione libera in questo
Paese segnato da troppi conflitti di interesse. Lo faro' a cominciare
dai palinsesti di Raitre, rete alla cui direzione oggi sono stato, sia
pure con riserva, reintegrato". "C'era un principio da ristabilire", sottolinea
Ruffini. "C'era una decisione della magistratura, un ordine che la Rai
non poteva non rispettare, emesso per impedire la prosecuzione di un
atto che il giudice ha definito illecito e discriminatorio", dice
Ruffini. "Nessuno -dice ancora Ruffini- dovrebbe essere costretto a
ricorrere alla magistratura per vedere ristabilito il confine tra cio'
che e' giusto e cio' che non lo e'. Spesso anzi, per mille ragioni, ci
si rassegna a non farlo. E ci si abitua a perdere il senso profondo
della legalita', che ogni cittadino dovrebbe avere nella sua coscienza
indipendentemente dalle sanzioni giuridiche. E cosi' facendo, ogni
giorno, contribuiamo tutti a costruire un Paese meno giusto, meno
bello, sempre piu' cupo nel suo cinismo". "Ma se si ha rispetto di se' e degli altri, la scelta e' invece
obbligata. E' una questione di dignita'. Ed e' qualcosa che va al di
la' delle singole persone. Perche' appartiene, apparterrebbe, a tutti.
Fosse stato solo per me, forse sarebbe stato piu' comodo, piu' facile,
piu' conveniente intascare lo stipendio e fare finta di nulla
continuando a fare poco o niente. Ma non ne sono stato capace. Mi
sembrava che non fosse giusto. Ringrazio con tutto il cuore i miei
avvocati Domenico e Giovanni D'Amati, che hanno saputo difendere oltre
che me un principio", conclude.