di Debora Aru, Roberto Secci
Gentili amici di Articolo 21, premesso che la mia lettera aperta non ha “attaccato” nessuno (basta rileggerla per capirlo) ma voleva solo essere momento di riflessione e anche di disappunto per l’atteggiamento dei colleghi nel trattare la questione D’Addario in piazza Navona il primo luglio, spero di avere la possibilità di fare alcune precisazioni in merito alla risposta inviatami da Manuela Lasagna anche a tutela dei colleghi di Articolo 21. Intanto perché va detto che è stato mosso nessun attacco “in perfetto stile talebano” né ci si è resi responsabili di alcuna “violenza”, tantomeno fisica nei confronti della postazione: come possono testimoniare i colleghi della società H24, i fotoreporter presenti e i colleghi di altre testate che si trovavano fronte palco.
Quello a cui ho assistito è stata una contestazione verbale per un fatto che si è peraltro reiterato nel tempo dato che la calca dei colleghi nei confronti della D’Addario è iniziata non appena la signora ha messo piede nel retropalco della manifestazione e Youtube è zeppa di testimonianze di quanto è successo. Nessuno chiede a nessuno il pensiero unico ma credo di poter dissentire dallo sconcerto di Manuela Lasagna “per la reazione di chi, essendo in piazza a manifestare per la libertà di pensiero, di intercettazione e di stampa, ha pensato che la D’Addario fosse venuta lì a rubargli la scena e proprio come quelle comari del paesino a cui avevano sottratto l’osso ha reagito in modo scomposto e francamente illiberale”.
Inoltre, sia chiaro, non ho giudicato le intenzioni, ma i fatti. Ricostruiamoli. La troupe di Rai News 24 ha invitato la D’Addario davanti al palco della manifestazione, sotto l’insegna FNSI con il suo libro in mano. La contestazione è iniziata quando la signora ha mostrato in primo piano la copertina del suo libro: contestazione, lo ribadisco, alta solo nel tono di alcuni giornalisti (non tutti di Articolo 21), che hanno più volte ripetuto “colleghi vergognatevi”. Riepiloghiamo: la reazione è stata provocata dal fatto che si desse alla D’Addario l’opportunità di mostrare la copertina del suo libro al No Bavaglio Day. Dobbiamo precisare che quando la signora D'addario se n’è andata (al secondo “colleghi vergognatevi”) la giornalista di Rai News 24 ha detto che l'azione dei colleghi era stato un atto di censura e che non era loro intenzione farle sponsorizzare il libro ma che l’intervistata avrebbe avuto come oggetto la norma D’Addario. Questo è quanto successo.
Personalmente penso che il giudizio della D’Addario sul DDL Alfano non sia così importante per l’opinione pubblica e credo anche che l’aver alzato il coperchio su quanto accadeva a Palazzo Grazioli non dia patenti a nessuno: ma io sono giovane e sicuramente pecco di intemperanza. Ciò non mi toglie però il diritto di esprimere il mio dissenso e la mia opinione sull’operato di colleghi, politici o chiunque altro. Io ho visto Roberto Saviano, Patrizia Aldrovandi, Ilaria Cucchi, Vincenzo Lo Zito (e ne cito solo alcuni) quasi ignorati davanti e dietro al palco e ho visto una folla di flash e telecamere intorno alla signora D’Addario e trovo questo fatto criticabile e grave.
Siamo tutti dalla parte di Rai News24 che, anche in occasione di questa manifestazione, ha svolto un ruolo importantissimo. E se un professionista dell’informazione ritiene che il suo lavoro e la testata che rappresenta non rientrino nella categoria dei colleghi che piegano la schiena e si vendono per fare audience, allora immagino che si indirizzerà nella stessa direzione. Ma allo stesso modo bisognerebbe accettare la critica (mai violenta come si vorrebbe far credere) e mettere in conto che qualcuno potrebbe avere da ridire sul lavoro dei giornalisti, e anche a diritto, quando si parla di TV pagata con soldi pubblici.