di Marina Cosi*
L'ultima a morire il 3 marzo è stata Walhan Al Ibadi, giovane redattrice della radio di Mossul e collaboratrice di diversi giornali cittadini, freddata da uomini armati all'uscita di casa mentre si recava al lavoro. Da poco, il 25 febbraio, era stato fatto trovare il cadavere di Raeda Wazzan, giornalista dell'emittente tv Al-Iraqiya, rapita sempre a Mossul cinque giorni prima da uomini mascherati insieme alla figlia di dieci anni, poi rilasciata. In Iraq, dal marzo del 2003 ad oggi, sono stati uccisi 49 tra giornalisti e collaboratori dei media, 31 nel solo 2004; tra loro una collega di Raeda, Liqaa Abdul-Razzak, colpita il 27 ottobre nelle strade di Bagdad, mentre era a bordo di un taxi; così come un?altra giornalista televisiva, Dina Mohammed Hassan, di Al Hurriya Tv, falciata da una raffica di mitra la mattina del 14 ottobre mentre usciva di casa, ancora a Bagdad. E Nadia Nasrat, uccisa con la sua troupe di Diyala tv a Baqouba, il 14marzo di un anno fa. Ma se l'Iraq è lo scenario di guerra che più abbiamo sotto gli occhi, tra i colleghi che perdono la vita, o vengono perseguitati a vario titolo, dal carcere alle minacce all'impossibilità di svolgere il proprio lavoro, in tutto il mondo, pesante è anche il tributo delle donne giornaliste . In questo 2005 sono già sette i giornalisti uccisi, e tra loro c'è la britannica Kate Peyton, inviata della Bbc a Mogadiscio, in Somalia: colpita alla nuca da un colpo d'arma da fuoco il 9 febbraio scorso, mentre preparava un reportage sulla transizione del paese verso un governo regolare. A novembre a Juigalpa, in Nicaragua, Maria Josè Bravo, corrispondente dei quotidiani La Prensa e Hoy, è ferita mortalmente mentre documenta gli scontri tra gruppi politici durante lo spoglio per le elezioni municipali. E solo due mesi prima Zahra Kazemi, fotografa e giornalista canadese-iraniana, muore a Teheran per frattura del cranio: sono le conseguenze delle percosse subite in carcere. Se anche non si perde la vita, si può rischiare la libertà . In Iran sono state arrestate in novembre due giornaliste attive su siti internet che parlano dei diritti delle donne, Mahbodeh Abbassghalizadeh e Fereshteh Ghazi ; nelle scorse settimane a Istanbul è stata arrestata la collega austriaca Sandra Bakutz mentre si accingeva a seguire un processo contro oppositori politici; e in Croazia, la giornalista della tv di stato Ljubica Letinic è stata condannata ad una pena detentiva di tre mesi per aver accusato di corruzione un esponente politico durante un talk show. Infine il prezzo della libertà di espressione lo conosce purtroppo molto bene Christine Anyanwu, nigeriana, insignita tra l'altro del Premio Mondiale della libertà di stampa. Condannata all'ergastolo nel 1995 per aver parlato di un tentativo di colpo di stato contro l'allora presidente Sani Abacha, è stata liberata solo tre anni dopo, alla morte di Abacha.
*Presidente Cpo-Fnsi