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Articolo 21 - Editoriali
Il caso Cermis, le bugie dello Zio Sam e il rebus Calipari
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di Anonimo veneziano

Dunque, gli Stati Uniti indagheranno a quattro mani con l??Italia sulla morte di Nicola Calidari, il funzionario del Sismi ucciso in Iraq dal fuoco amico a stelle e strisce. In linea di principio, si tratta di ??atto inedito? del Governo Bush, una sorta di attestato di stima e lealtà nei confronti prima di Silvio Berlusconi e dopo degli italiani lungo il viaggio che dovrebbe condurci alla verità. Ma al di là delle valutazioni ??politiche? sul gesto degli americani, in questi giorni è prepotentemente emerso dalle pieghe del passato un altro caso che la dice lunga sulla voglia di giustizia degli Usa quando di mezzo ci sono propri rappresentanti in divisa e in azione nel nostro Paese. E?? la vicenda Cermis, per capirci.

Intanto un distinguo. D??obbligo. La tragica morte del funzionario del Sismi avviene in un territorio terzo, dove Stati Uniti e Italia, seppure alleati, non hanno alcun vincolo decisionale in materiale di territorialità legislativa. Cosa diversa fu il Cermis. L??area dell??evento è italiana. Americani i responsabili, italiane le vittime. Eppure, come vedremo, l??epilogo della storia è stato comunque a perdere. Per noi, è chiaro. Meglio. Per le vittime e parenti delle vittime. Andiamo con ordine. Il 15 febbraio 1998, alle ore 15 e 12, un aereo impiegato nella guerra elettronica dell??ex Jugoslavia - un Prowell - spezza i due cavi della funivia che da Cavalese sale fino a Cermis. La cabina precipita e uccide venti turisti. Tre minuti dopo, alle 15 e 26, l??aereo atterra alla base di Aviano. Un??ora dopo, il rapporto sull??accaduto stilato dal pilota al comando del Prowell, si limita a cinque parole: ??Ho sentito una forte scossa?.

L??inchiesta della Procura di Trento, competente per territorialità, deve fare i conti con il silenzio delle autorità militari americane. Un muro di gomma separa i fatti realmente accaduti dalla verità ??ufficiale?. Ma qualcosa, pressione dopo pressione, emerge. Intanto i voli di addestramento non potrebbero verificarsi al di sotto dei 1.100 metri. Per scendere alla quota minima dei 650 metri è necessario (ancora oggi) un permesso d??emergenza che quel 15 febbraio non risulta essere mai stato richiesto. Peggio. I fili tranciati di netto dall??aereo - dopo tre perizie diverse - si alzavano solo 150 metri dal suolo. Come mai il volo andò in picchiata? Anche la velocità, regolata da precisi accordi con le autorità italiane, non può superare le 100 miglia all??ora. Perfino la stessa Commissione d??inchiesta americana, ammette che al momento dell??incidente (lo chiamiamo ancora così?) le miglia erano 500.

La registrazione video di quei secondi di follia è sparita. Fino a oggi, nessuna traccia. Il secondo pilota, A. Schweitzer, confesserà di averla consegnata nelle mani del comandante Ashby subito dopo l??atterraggio nella base Usaf di Aviano. Il processo in Italia viene respinto in virtù degli accordi legislativi vigenti fra Italia e Usa. In pillole: il presunto reato è stato sì commesso a casa nostra ma presunti responsabili sono cittadini (e soprattutto) militari americani. Risultato. Figli e nipoti in divisa dello Zio Sam devono essere giudicati da una Corte? amica. Così la Corte marziale di Camp Lejune (Nord Carolina) a giudicare gli aviatori. Epilogo. Assolti perché il fatto ??rientra nella casistica degli incidenti lievi? venti morti, sono un incidente lieve. Certo, che notizia. Guai a chi sostiene il contrario. Solo il comandante Asby viene condannato a sei mesi di reclusione per ??aver distrutto un reperto ritenuto di una certa importanza?. Ma senza alcuna spiegazione, poco dopo tre mesi torna in libertà e ritorna a pilotare il suo aereo. Rattristarsi per tale conclusione processuale, non serve. E?? utile solo a farsi ingrossare il fegato all??inverosimile e a non spostare di una virgola la sostanza dei fatti. Nel senso che, fino a oggi, quando di mezzo ci sono ruolo e condotta di appartenenti alle forze militari a stelle e strisce, la parola giustizia difficilmente può essere declinata nella sua ??reale? etimologia.

Adesso all??orizzonte c??è l??inchiesta sulla morte di Nicola Calipari. Ci dicono che fra tre, al massimo quattro settimane, conosceremo la verità Ci auguriamo solo che l??esperienza Cermis rappresenti un monito. Per tutti, Italia e Stati Uniti. A noi, per non coltivare eccessive illusioni sull??accertamento della verità e sulla punizione dei colpevoli; agli Stati Uniti, per smentire (o confermare) quanto di buono o di cattivo si pensa sul loro conto, quando la verità può nuocere ai soldati dello Zio Sam. Pardon, dello Zio George W. Bush.  
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