Vorrei dare a Giuliana Sgrena e a quanti le sono più vicini la mia affettuosa solidarietà di anziano giornalista e "inchiestista". Sì, perché, come sempre, i giornalisti che fanno inchieste risultano i più scomodi. Tanto più se, come Giuliana, vanno ad investigare in zone calde e torbide, per fare luce. Non mi stupisce inoltre che rispuntino fuori i vecchi sostenitori delle linee di "fermezza", del non trattare per il rilascio degli ostaggi, del considerare il bene prioritario non la vita dei sequestrati bensì l'immagine granitica dello Stato.

Uno Stato che, nel caso presente, non è in guerra con nessuno (né lo potrebbe, Costituzione alla mano). Fu così anche per il sequestro Moro, finito in tragedia. Fu così per il caso D'Urso, finito bene grazie alla disponibilità (o quanto riprovata!) di alcune testate giornalistiche - fra cui "Il Manifesto" - a pubblicare i deliranti comunicati dei capi storici delle Br in cambio della liberazione del direttore generale delle carceri rapito (anche perché senza scorta). Alcuni di quei direttori di giornali - che, secondo i sostenitori della "fermezza", "cedettero" - non ci sono più e vorrei ricordarli : Michele Tito, Guglielmo Zucconi, ma anche Gianfranco Piazzesi che voleva pubblicare e che si vide la strada sbarrata dalla proprietà (integralmente piduista) venendo poi licenziato.

Giuliano Zincone, direttore del "Lavoro", ci rimise il posto. Si curi bene Giuliana, si rimetta in salute. Con tanta amichevole solidarietà.