di Fernando Cancedda
Una boccata d'aria fresca. Davvero ne avevamo bisogno, ma sarebbe sciocco illudersi che le quattro puntate di “Vieni via con me” rappresentino un passo decisivo verso quella Rai pluralista che molti di noi sognano da decenni. E non sarà questa bella trasmissione di Fazio e Saviano, né quelle di Santoro, della Gabanelli, di Floris o della Dandini a liberare la prossima campagna elettorale dal supercontrollo mediatico del cavaliere.
Come ci ricordava ieri Barbara Spinelli sulla prima pagina di Repubblica (“L'Italia del sottosuolo”), quel che ha reso decisamente anomalo il nostro paese non è la legge elettorale, che pure ha da essere cambiata, ma “l'ascesa irresistibile di un uomo che fa politica come magnate mediatico”. Berlusconi “ha conquistato e retto il potere non malgrado il conflitto di interessi, ma grazie ad esso. Il conflitto non è sabbia ma olio del suo ingranaggio, droga del suo carisma. La porcata più vera, anche se tabuizzata, è qui. La privatizzazione della politica e dei suoi simboli (non si governa più a Palazzo chigi ma nel privato di Palazzo Grazioli) è divenuta la caratteristica dell'Italia”.
E' quello che diviene ogni giorno più chiaro a tutti, che alcuni di noi vanno predicando inutilmente da anni. Ciò nonostante sono ancora troppi anche tra gli oppositori di Berlusconi quelli che stentano a prenderne politicamente atto. Così, gli stessi che oggi giustamente insistono sull'opportunità di un governo di transizione si dimenticano di mettere il conflitto di interessi, la libertà di stampa e l'autonomia del servizio pubblico radiotelevisivo fra i punti essenziali del programma da realizzare.
Senza una società bene informata non si governa né si cambia l'Italia. Non averlo compreso è stato - e rischia, nonostante tante dichiarazioni in contrario, di continuare ad essere - il più grave errore politico del gruppo dirigente democratico nelle precedenti legislature.
Quattro mesi fa, dopo decenni di lottizzazione dei vertici RAI, Pierluigi Bersani, leader del più grande partito di opposizione, ha finalmente chiesto alla politica di “fare un passo indietro” perché dal servizio privato alla partitocrazia si passi finalmente ad un servizio pubblico.
“Tutti con tutti”, l'appello che “Articolo 21” rivolge oggi dal suo sito per una grande manifestazione a difesa della Costituzione, indica, accanto a quest'ultima, come temi principali e unificanti, la legalità repubblicana e “un moderno e pluralistico sistema della comunicazione non più distorto dal conflitto di interessi”. Nell'invitare i lettori di “nandocan” a sottoscriverlo, mi aspetto dal partito e dalle associazioni democratiche a cui ho aderito che facciano di questo impegno un punto decisivo e non negoziabile dei loro programmi di azione.