di Gianni Rossi
Difficile dimenticare il “martedì nero” del 14 dicembre 2010.
Il Palazzo votava la fiducia posticcia al governo Berlusconi, mentre la Piazza incendiava le strade-vetrina di una Roma distratta dallo shopping natalizio. A Palazzo Madama prima e a Montecitorio, poi, entravano in scena pupi e pupari per la farsa della democrazia, la messa in scena del rituale “fiducia-sfiducia”. Chi si accalorava con “parole sue” a difendere e chi a contrastare il Patriarca assonnato di Arcore. E chi tra le more di una purtroppo mortifera “vacanza istituzionale” di un mese, disposta da una erronea moral suasion quirinalesca, ne approfittava per lanciare la più grande e indecorosa campagna acquisti di uomini e donne, molto più interessati a poltrone e favori più che al ruolo istituzionale di “rappresentanti della volontà popolare”.
E il popolo?
Come quello di Trilussa resta a guardare i regnanti banchettare sulla fregata, e “fregnone” si gratta la pancia (“L’incontro de li sovrani”, dicembre 1908)? No! Il popolo insorge. Non ce la fa più a sentirsi “cojonato”, come direbbe sempre il Trilussa. Dimostra in piazza, sale sui tetti delle fabbriche e delle università, sulle torri, sulle gru. La tensione sociale cresce e rischia di esplodere senza più mediazioni: né partiti, né movimenti, ne sindacati riusciranno probabilmente a contenere, dirottare, organizzare la protesta secondo regole e forme democratiche, pacifiche.
Lo scrivevamo proprio un anno fa, sulla base di un Report, redatto nel numero speciale dell’Economist, basato su analisi dell’Unità di Intelligence del giornale e dei centri studi dell’ONU, del Fondo monetario Internazionale e dell’Organizzazione mondiale del Lavoro: “Attenzione alle rivolte popolari” nel 2010, specie in Europa! Le cause sono arcinote e vanno dalla crisi economica e finanziaria che dura da due anni, senza soluzione di continuità e vie d’uscita, dalla disoccupazione che cresce in modo esponenziale, dall’assenza di prospettive future per le nuove generazioni, dall’impoverimento delle classi medie, dall’arroccamento dei ceti politici e dirigenziali verso politiche monetariste che privilegiano il contenimento delle spese pubbliche e l’abbattimento del welfare, senza invece imboccare la strade di progetti di ricerca, sviluppo ed espansione dell’intervento pubblico verso le grandi opere, senza ridurre l’imposizione fiscale a favore delle classi deboli e dei ceti medi produttivi.
In Italia, la situazione è aggravata da un “non-governo” che da due anni e mezzo si basa sull’apparenza mediatica e sui successi contro la malavita organizzata, con la sconfitta dell’ala “militare” di mafia, camorra e ‘ndrangheta, mentre l’ala affaristica, quella dei cosiddetti “colletti bianchi” prospera collusa col potere politico nazionale e locale, allarga la propria influenza sui mercati finanziari e si allea strettamente con la mafia russa. La chiusura di fabbriche, la crisi di interi comparti produttivi, l’aumento prima della cassa integrazione ordinaria, sfociata poi in quella straordinaria e infine in quella in deroga, la controriforma dell’Università, lo “scudo fiscale” estremo rimedio per “ripulire” i proventi degli evasori e degli elusori, il taglio indiscriminato a comparti di spesa di qualità, voluti dal più miope ministro dell’Economia che l’Italia abbia mai avuto, quel Tremonti/Treconti, Robin Hood all’estero e Principe Nosferatu in patria, stanno decretando il declino dell’Italia.
Ecco allora che la “Piazza” parla una lingua che il “Palazzo” non comprende, e viceversa. Nelle aule del Palazzo si scontrano e si incontrano personaggi in cerca d’autore che si arrogano il diritto di decidere il futuro degli italiani, grazie al fatto di essere stati eletti con un sistema elettorale, definito “porcata” dagli stessi inventori del centrodestra. Nelle strade e nei luoghi del “non-lavoro” va in scena la disperazione violenta della Piazza. I due mondi non si incontrano né si scontrano per ora fisicamente, grazie allo schieramento spropositato delle forze dell’ordine. Ma la tensione sale, gli spazi grigi, le “terre di mezzo”, i Black Bloc utili per acuire la repressione crescono.
Le immagini inquietanti del finanziere salvato dal pestaggio, mentre stringe la pistola di ordinanza, devono far riflettere:non evidenziano solo il pericolo sventato del linciaggio e dell’ uso del revolver; occhi esperti rilevano anche la presenza massiccia di “infiltrati”, uomini delle forze dell’ordine che soccorrono il finanziere e colpiscono i dimostranti vicini, vestiti e coperti come i Black Bloc. A chi rispondono questi “corpi speciali”? Quanti sono? Che ruolo hanno avuto negli incidenti di Roma? Servono per controllare e schedare i dimostranti più rivoltosi oppure per fomentare i disordini? E per quale ragione oggi, con le tecnologie di rilevamento satellitare e i sistemi di dissuasione attraverso la logistica degli spostamenti dei gruppi e il blocco qualitativo degli accessi agli obiettivi “sensibili”, si ricorre ancora ai “corpi speciali”, agli “infiltrati”, che sono del tutto simili ai peggiori provocatori di professione?
Nel Palazzo esistono personaggi che studiano e stilano dossier sui parlamentari più “sensibili” alle sirene del Sultano di Arcore, per poi affondare la lama dei loro coltelli nel burro delle debolezze umane, dei tanti “scheletri nell’armadio” di questi “pentiti sulla Via di Damasco”. Intercettazioni telefoniche illegali, ricerche personalizzate organizzate da settori deviati dei servizi segreti, riprese clandestine, accertamenti sapienti sui conti e sulle proprietà immobili e non solo: questa l’attività oscura che tiene ancora in piedi la “fregata” Berlusconi, parafrasando ancora il Trilussa. Nella Piazza assisteremo al popolo in parte “fregnone” e in parte incredulo, onesto, corretto, preda però di forze speciali, altrettante occulte, che tenderanno a spingere il paese verso situazioni non più gestibili.
Insomma, se non si è capaci di governare le istituzioni e di affrontare la crisi del sistema capitalismo, il regime autocratico e corruttore cercherà una via d’uscita estremistica. Prepariamoci dunque a momenti duri, difficili e rischiosi. Per questo è salutare che una parte della destra abbia resistito alle sirene berlusconiane e cerchi di creare un’opposizione democratica. Ruolo dell’opposizione di centrosinistra è intercettare questa novità politica e trovare una strada comune per difendere le istituzioni e la democrazia costituzionale. Rigettarsi ora nei distinguo e nell’ipercriticismo, al solo fine di vincere battaglie personalistiche, sarebbe esiziale.
Di anime morte e zombie che cammino per i corridoi del Palazzo già ce ne sono già parecchi, perché ingrossarne le fila come nei peggiori “B Movie”? E’ solo alla luce del sole, nella trasparenza della politica alta, nella ricerca del consenso più ampio, nell’inclusione delle culture e delle idee diverse che si potranno sconfiggere le tenebre di questo “periodo del Terrore”, capeggiato dal “piccolo Napoleone” di Arcore.