di Oliviero Beha
Non mi sarebbe affatto dispiaciuto che il Presidente della Repubblica nel suo quinto discorso di fine anno su sette, a reti unificate, avesse fatto dei nomi. Lo so, era pretendere troppo e non capire ingenuamente e stolidamente che l’autorità e l’autorevolezza del capo dello Stato non può passare per l’elenco della spesa. Se si aggiunge poi che Napolitano è stato eletto dal Parlamento (magari sperando che fosse meno sveglio di come a volte si è poi dimostrato…), e il Parlamento è stato eletto con una legge elettorale “porcata” secondo la definizione del suo mentore, Calderoli, e che più in generale il voto in Italia sta diventando ed è diventato una recita collettiva senza informazione né libertà da nessuna parte, beh, allora si capisce perfettamente che Napolitano più di quello non poteva dire. Però, però…
Per esempio se avesse detto sulla Gelmini e su quella legge che chiamano riforma: “Ho firmato, ma ne ho denunciato le criticità, e insomma che volete da me, se non firmavo veniva giù il teatro, e del resto da una vita - e la mia è stata finora una vita lunga…- nessuno si è politicamente occupato davvero della scuola italiana come una priorità…”, beh, forse qualcuno avrebbe capito qualcosa di più di quello che ha capito dal discorso del Presidente sui giovani.
Oppure se in riferimento a Marchionne avesse detto: “Che volete, è la globalizzazione, apri là, chiudi qua, gli interessi della fabbrica non coincidono con quelli del Paese e della società nel suo complesso, la cosa mi dispiace, ma la sinistra che mi ha eletto ha perso gli operai, il sindacato della Cgil è troppo forte per essere debole e troppo debole per essere forte…”, magari la cosa ci avrebbe intrigato un pochino di più e qualcuno avrebbe sviluppato queste immaginarie parole liofilizzate (con dietro un arazzo quirinalesco non del Quarto Stato ma mi è parso di scene di caccia…caccia all’operaio?).
E infine adesso che torna al proscenio Carlo Toto, ex padrone di una Air One valutata nello scandalo del 2008 - leggi Pasticcione Brutto Alitalia - in piena campagna elettorale più della compagnia di bandiera, al confronto della quale Alitalia era perfino meno indebitata, forse Napolitano poteva dirci qualcosa su questa ennesima figura imponente dell’imprenditoria e della finanza italiane: che so, “saluto il ritorno di Toto tra un affare con Autostrade e una scampagnata da Gheddafi mesi fa a Roma con l’esimio presidente del Consiglio”, ecco, avrebbe dato un segnale forte d’attenzione alla stringente attualità… Se poi avesse voluto stravincere e con una strizzatina d’occhi alla sua partenopeità avesse citato anche Totò, beh, sarebbe stato credo il massimo. Quello che si dice un trionfo ulteriore anche di Auditel.
Non è andata così, come sappiamo. Molto rapidamente, perché ognuno di questi nomi, di queste voci, di questi casi o scandali che siano avrebbe bisogno di un articolo o di un libro a sé, facciamola noi in due parole la rassegna del mio titolo. La riforma Gelmini non è buona solo perché era cattivo lo stato della scuola e dell’Università come ce lo siamo trovato fino ad oggi. E’ uno scandalo, l’attuale prostrazione della didattica in Italia, ed è uno scandalo peggiore che vi si ponga rimedio con i tagli e senza garanzie di nulla, dal momento che le persone preposte o saranno le stesse di prima o saranno scelti dal potere di oggi che negli altri campi ha già fatto vedere abbondantemente che cosa sa o non sa, vuole o non vuole fare.
Finora nella scuola, il più importante settore della vita di una società almeno come è quella di oggi, la politica è stata prima solo conservatrice, poi assente e adesso interventista alla “pene di segugio”.
E’ la stessa prima assenza e poi trasformazione della politica in Comitati d’Affari di volta in volta contrapposti e/o complementari che ha ridotto la questione Fiat, ovvero la questione operaia, ovvero la questione lavoro dipendente per ora privato, a quello che si vede: un ricatto, da qualunque punto di vista lo si osservi, mentre la politica non ragiona socialmente e il sindacato sembra un reperto di archeologia industriale, dopo anni di promiscuità con la sinistra che oggi appunto non esiste più.
La Cgil da sola non è più (lo è mai stata?) abituata a stare, e diventa ostaggio di situazioni più generali. Del pasticcio di Toto, e del più scandaloso conflitto di interessi passato sotto gli occhi di tutti come una bazzecola perché Toto era il caveau di tutti i partiti, mi limito a osservare che prima o poi, e naturalmente troppo tardi, ne sapremo qualcosa di più sull’Alitalia senz’ali da un pezzo. Infine Totò: lo sapevate che a metà anni ’60 doveva girare un Pinocchio cinematografico regista Nelo Risi, con il principe De Curtis Geppetto, Carmelo Bene Pinocchio e Brigitte Bardot la Fatina Turchina? Ma Totò morì, e ci perdemmo anche quello (qui un riferimento di Napolitano al Grandioso Guitto collegato coi giovani ci sarebbe stato alla grande…).