di Roberta Gisotti
Caro Fabrizio mi rivolgo a te con una lettera aperta per un appello che riguarda l’intero pubblico televisivo. Ti chiedo di accendere la Tv alle 20.00, magari da casa quando sei di riposo dal lavoro, e di guardare ed ascoltare con attenzione il Telegiornale di cui sei vicedirettore, al riparo da altre distrazioni, come è capitato di fare a me domenica sera da una camera d’albergo. Lo spettacolo è desolante. Come si può finire tanto in basso nell’offerta informativa di un Tg del Servizio pubblico? Come non vergognarsi da parte dell’intera redazione mortificata nell’impaginare servizi, uno dietro l’altro, mal scritti, mal girati, mal montati; privi di contenuto e di senso; diseducativi su stili di vita per bambini, ragazzi e giovani, carenti e talvolta perfino disinformativi sull’attualità socio-economica, deprimenti e ansiogeni sulla cronaca nera, superficiali e approssimativi su cultura e spettacolo, sovente sponsorizzati, cassa di risonanza acritica di tendenze al consumo di ogni tipo. Insomma Fabrizio – con le dovute eccezioni – un vero disastro, che non mi aspettavo da un collega, serio e stimato, che immaginavo avesse scelto di fare questo mestiere per passione e senso civico. Certo il declino dell’informazione Rai non è solo del Tg1 ed ha una storia di progressiva assimilazione ai canoni commerciali dell’infotainment, nella rincorsa spasmodica dell’audience, nel quale si sono cimentati con successo direttori di ‘destra’ e di ‘sinistra’ delle reti e delle testate pubbliche, forgiando insieme con le reti e le testate Mediaset una nuova Italia, ribattezzata - a 150 anni dall’unità - Idiotopoli, dove il Tg1 primeggia per autorevolezza.