di Giuseppe Giulietti
da L'UnitÃ
Il Berlusconi di Ballarò è un politico «bollito» che può persino suscitare un moto di umana pietà o è un indomito combattente che potrebbe far piangere lâ??Italia e tutti noi? Prima di rispondere vorrei invitare amici e compagni a diffidare da ogni eccesso di euforia e a non fidarsi di chi già vede un Berlusconi sconfitto, rassegnato e comunque incapace di sferrare una efficace controffensiva. La desolante apparizione televisiva negli studi di Ballarò merita una riflessione meno banale, come ci ha sollecitato a compiere anche su questo giornale, il direttore Antonio Padellaro.
Il Berlusconi ospite di un Giovanni Floris, garbato, efficace e professionale, è apparso un capo sconfitto, sicuramente incapace di reggere il confronto con Dâ??Alema e con Rutelli. Il senso reale della sua sfida in tv, peraltro clamorosamente persa, stava tuttavia nel messaggio che Berlusconi intendeva inviare ai suoi alleati e ai suoi elettori: il capo sono io, io non ho paura, io non mi dimetterò. Per farlo ha scelto la «tana del lupo», lâ??odiata Raitre, perché questo avrebbe enfatizzato il messaggio e lo avrebbe trasformato ancor più in una sorta di «Io contro tutto e contro tutti...».
In ogni caso, qualunque sia stata la motivazione, meglio, molto meglio un Berlusconi che accetta il confronto, piuttosto che un Berlusconi capace solo e soltanto di messaggi a reti unificate. Per queste ragioni, nella sede della Commissione parlamentare di vigilanza, chiederemo che la Rai, e non solo la Rai, promuova immediatamente un ciclo di confronti tra Romano Prodi e Silvio Berlusconi sulle grandi questioni che stanno davvero a cuore agli italiani: la pace e la guerra, la scuola, la sanità , i prezzi, i contratti, il lavoro... Sarà così possibile capire se sia davvero nato un nuovo Berlusconi o, più semplicemente, se stiamo solo assistendo ad una variante tattica e mediatica del Berlusconi di sempre. La trasmissione dellâ??altra sera, infatti, ci ha già rivelato quali potrebbero essere le prime e non rassicuranti mosse del Cavaliere. Quando Berlusconi, per esempio, ha tuonato contro i poteri forti e ha comicamente elencato: «il Consiglio di Stato... le scuole superiori... i giornali... le tv...», ha ovviamente suscitato in tutti noi un irresistibile sentimento di ilarità mista ad indignazione, ma in questo modo ci ha anche informato che, a suo parere, le ragioni della sconfitta elettorale non sono state di tipo politico, ma prevalentemente di tipo mediatico: «non ho potuto parlare, né spiegare le mie ragioni, perché tutti mi hanno remato contro...». Ne consegue che, nei prossimi giorni, Berlusconi tenterà di mettere a punto una eccezionale campagna di propaganda. Questa campagna non andrà sottovalutata perché sarà condotta da Berlusconi in prima persona, con una cabina di regia accorta, con un coinvolgimento pieno delle strutture di Mediaset e della Rai, e con un investimento di denaro senza precedenti nella storia repubblicana. Questa campagna presuppone, ovviamente, la cancellazione della par-condicio ed il silenzio complice delle autorità di garanzia, oltre che il consenso degli alleati. Bene hanno fatto Prodi, Fassino, Rutelli, Veltroni, lâ??intera Unione ad assegnare alla questione informazione il rilievo dovuto ad una vera emergenza democratica ed istituzionale. Le prossime elezioni non potranno e non dovranno svolgersi né in assenza di una credibile autorità per le comunicazioni e tantomeno in presenza di una Rai sempre più faziosa ed affidata alle cure di un Consiglio di amministrazione monocolore e di un direttore generale che ha scelto di assumere il ruolo del vero e proprio capo del servizio dâ??ordine mediatico della parte più estrema della maggioranza.
� assai probabile che questo schema di gioco possa condurre Berlusconi ad una sconfitta ancora più bruciante, ma qualsiasi distrazione o sottovalutazione potrebbe rivelarsi rovinosa. Questo schema, tuttavia, ha un limite invalicabile e che potrebbe essere così sintetizzato: «il costo della zucchina è più potente di ogni spot», (la citazione è rubata al direttore del Messaggero Paolo Gambescia). In altre parole non esiste campagna di propaganda, per quanto raffinata ed efficace, che possa far credere a milioni di persone di essere ricche, serene, e felici quando non lo sono e soprattutto quando non si sentono tali. Se saremo capaci di non farci incantare dalla nuova fiction berlusconiana e sapremo parlare e praticare il linguaggio, talvolta anche amaro, della realtà quotidiana, allora non ci sarà piano di propaganda capace di ipnotizzare il popolo della zucchina.