di redazione
Riceviamo e di seguito pubblichiamo l'interrogazione parlamentare a risposta scritta depositata dall'On. Delia Murer (PD) in merito ai diritti delle donne afghane:
Interrogazione a risposta scritta
Al Ministro degli affari esteri.
Dall’on. Delia Murer
Per sapere, premesso che:
secondo quanto denunciato dal Coordinamento italiano sostegno donne afghane (CISDA), un decreto emanato nel mese di gennaio 2011 dal Consiglio dei Ministri dell'Afghanistan stabilisce che entro 45 giorni dalla sua entrata in vigore la gestione delle case rifugio per donne maltrattate attualmente attribuita ad ONG afghane passerà al controllo del Ministero degli affari femminili afghano (MoWA);
tale decreto emanato dal presidente Karzai recepisce una decisione assunta della Corte suprema afghana, l'organismo legislativo più oscurantista del Paese, secondo la quale l'allontanamento da casa delle donne maltrattate che si rifugiano nei centri di accoglienza gestiti dalle ONG è reato;
in particolare si prevede la chiusura di alcuni rifugi, l'obbligo delle donne di essere accompagnate nei rifugi da un mahram (parente maschio o marito), l'insegnamento della religione islamica, l'obbligo per le donne accolte di sottoporsi a costanti "esami medici" per il monitoraggio della loro attività sessuale;
il Governo afghano giustifica l'adozione di tale provvedimento sostenendo che il MoWA garantirebbe una migliore gestione dei fondi oltre ad una migliore selezione dello staff interno; in realtà, secondo quanto sostenuto dal CISDA, l'emanazione di tale provvedimento sarebbe avvenuta nell'esclusivo interesse di compiacere i fondamentalisti e i taliban con cui lo stesso Governo ha avviato delle trattative; infatti, il controllo diretto del Governo su tali rifugi sarebbe molto ben gradito ai fondamentalisti e ai taliban che da sempre hanno considerato tali luoghi come delle vere e proprie case di prostituzione;
l'approvazione di tali nuove norme costituisce un ennesimo attacco alla vita e alla dignità delle donne afghane vittime di violenza, alle quali non verrebbe più garantita alcuna protezione, in quanto difficilmente un familiare di sesso maschile, tanto più se marito, l'accompagnerebbe a cercare rifugio per sfuggire alle violenze che, nella maggior parte dei casi, si verificano proprio in famiglia;
in Afghanistan lo stupro è motivo di vergogna e di ripudio per la donna; inoltre, se dall'esame medico dovesse risultare che la stessa ha subito violenza, una volta sotto il controllo governativo, la vittima sarebbe condannata anziché ascoltata;
se la donna fuggisse da un matrimonio forzato, una volta raggiunto il rifugio sarebbe denunciata dallo stesso Governo per essersi allontanata da casa; le ragazze rimandate a casa vivrebbero nella vergogna e nell'emarginazione, se non direttamente giustiziate, come dimostrano i vari casi di lapidazione avvenuti in diverse parti del Paese negli ultimi mesi;
nel caso la famiglia chiedesse il ritorno a casa della donna per qualsivoglia motivo, anche in caso di un matrimonio forzato, lo staff del rifugio non potrebbe rifiutarsi. Come se non bastasse, molte delle donne provenienti da case rifugio verranno accusate di adulterio all'interno della loro comunità;
l'Afghanistan è uno dei Paesi più corrotti al mondo e, pertanto, la sottrazione della gestione dei rifugi alle ONG non consentirebbe alcun controllo sui fondi eventualmente stanziati dalle agenzie internazionali a favore delle donne vittime di violenza;
nel marzo 2009 il Governo Karzai ha firmato una legge intesa a colpire soprattutto le donne della comunità shiita secondo cui le donne non possono rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il marito né tanto meno recarsi al lavoro, dal medico o a scuola senza il suo permesso;
nel marzo 2007, il Governo Karzai aveva provveduto a garantire l'amnistia per tutti i crimini contro l'umanità commessi in Afghanistan negli ultimi 20 anni;
nel gennaio 2007 il giornalista Parwez Kambashkh era stato condannato a morte da un tribunale di Balkh, dopo esser stato accusato di blasfemia a causa delle sue idee sulla parità dei diritti delle donne. Parwez, a seguito delle pressioni internazionali, venne graziato, ma altre decine di giornalisti versano nelle medesime condizioni;
nel luglio 2006, il Governo Karzai ha reintrodotto il Ministero per il vizio e virtù, tristemente noto già sotto il regime talebano;
le organizzazioni afghane che si battono per i diritti umani denunciano inoltre le continue pressioni da parte del Governo per legalizzare il sistema di "giustizia informale", un sistema tribale all'interno del quale è prevista la lapidazione delle donne;
tra il 2001 e il 2011 il Governo italiano ha investito centinaia di milioni di euro nel progetto di ricostruzione della giustizia afghana,
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se il Governo italiano non ritenga doveroso attivarsi con la massima urgenza per verificare l'evoluzione della situazione dei diritti delle donne afghane, accertando, in particolare, se quanto riportato in premessa circa il contenuto del recente decreto emanato dal presidente Karzai corrisponda al vero; in caso affermativo, se e quali azioni intenda promuovere, nell'ambito dei rapporti tra l'Italia e il Governo afghano, affinché si disponga il ritiro del medesimo decreto;
se ritenga opportuno fornire ogni utile dettaglio circa il modo in cui sono stati investiti i fondi a suo tempo stanziati dal Governo italiano per sostenere la ricostruzione del sistema giudiziario del Paese, considerato che l'approvazione in questi ultimi anni di leggi in palese violazione delle principali norme internazionali sui diritti umani, in particolare quelli riguardanti le donne, alimenta il sospetto che tali progetti di cooperazione e di sostegno siano, in realtà, falliti.