di Articolo 21
In Italia, però, i media televisivi fanno a gara, tranne qualche eccezione, per mitigare l’impatto drammatico sull’opinione pubblica, complice il rinnovato impegno del governo Berlusconi di aprire numerose centrali atomiche, nonostante i 3 Referendum dell’8/9 novembre 1987 che avevano plebiscitariamente detto di “NO” (oltre 20 milioni contro 5 milioni contrari alla localizzazioni di siti, al finanziamento di regioni e comuni, alla partecipazione dell’ENEL in impianti esteri), anche in vista del nuovo Referendum che si dovrà tenere entro Giugno prossimo, proprio contro la legge del governo che vorrebbe la reintroduzione delle centrali. Ecco, allora, che il disastro giapponese pesa fortemente, emotivamente sulle coscienze, e quindi da parte del regime del Sultano di Arcore occorre intervenire per “addomesticare” gli animi, visti i lauti guadagni che alcuni settori e determinate aziende potrebbero veder sfumati, se il Referendum prossimo venturo dovesse essere “condizionato” appunto dalla tragedia nipponica.
Le prove di “ordinaria disinformatia” mediatico-televisiva sono apparse lunedì sera, subito dopo il TG1, col ritorno di Giuliano Ferrara, sagace polemista, impavido giornalista, influente “consigliere del principe” con la sua trasmissione “Qui Radio Londra”, nei 5 minuti che un tempo ospitarono “Il Fatto” del grande e insuperabile Enzo Biagi. Tema della prima serata: “la paura”. Senza mai usare il termine atomico o nube radioattiva, ma “una storia tremenda, il dramma, il rischio della fusione fissile in una centrale nucleare”, Ferrara ha affrontato a suo modo, affabulante e determinato, la tragedia che sta opprimendo il Giappone e le ripercussioni che si potrebbero avere da noi.
Intanto, ha iniziato con un imperdonabile errore di grammatica televisiva, mostrando le immagini non dello tsunami, ma, senza spiegarle, quelle dello straripamento del fiume d’acqua fuoriuscito dal crollo della diga a Rikuzentakata, nella distretto di Fukushima (dove purtroppo ci sono anche le centrali atomiche danneggiate), commentandole con queste parole: “Il mare si sta mangiando il paesaggio, la natura si è spaccata, il creato si rivolta contro sé stesso. Ma gli orientali hanno una paura in modo più calmo, riflessivo”. A parte il commento della giornalista in giapponese, per noi incomprensibile, ma certo dal tono professionale, il disastro documentato dalle immagini non era dovuto dall’acqua salata del mare infuriato, ma dall’acqua dolce di un fiume che ha distrutto un villaggio sottostante la diga, crepata dalle scosse del terremoto. E cosa c’entrano le forze “imperscrutabili” del creato con la “mano speculativa” dell’uomo? Una diga dovrebbe reggere, specie in Giappone ( ma anche in Italia) ai cataclismi naturali come alluvioni (Vajont!) e terremoti (pensate a cosa potrebbe accadere con l’avveniristico ponte sullo Stretto di Messina, la zona tra le più sismiche del Mediterraneo!).
Dunque, è l’uomo che crea i disastri ecologici e non la natura o il creato, asfaltando e cementando vicino al mare e a pochi passi da una diga. Non c’è una deterministica “volontà divina” che si accanisce contro il “popolo eletto di DIO”. Ferrara è davvero bravo nel suo mestiere: allontanare dalle scelte sbagliate e speculative dei governi la causa dei disastri naturali, avvenuti o prossimi venturi. Non ha mai usato l’aggettivo “atomico”, che suscita nel subliminale un terrore, simile ad una possibile guerra finale, che rievoca “il fungo mostruoso” delle bombe atomiche, che potrebbe far pensare alle radiazioni atomiche, al fallout radioattivo, che potrebbero arrivare sino in Europa, in Italia (del tutto improbabile); meglio usare termini come “fissile” e “nucleare”, parole più amorfe, senza richiami evocativi, indolori quasi. E senza mai ricordare, come un giornalista di stile anglosassone avrebbe fatto (uno di quelli appunto di Radio Londra), che tra qualche mese si dovrebbe tenere un Referendum sul nucleare contro le scelte del governo e che altri 3 erano già stati vinti nel 1987. Ma a Ferrara, probabilmente, serviva con le sue parole e i suoi riferimenti strumentali allontanare soprattutto la “paura” di Berlusconi e soci dal pericolo di perdere il Referendum!
Ecco, allora, che il suo pensiero politico fiduciosamente nuclearista, fino al 4 marzo scorso, si mimetizza, fino a farsi ingarbugliato. Siamo all’apoteosi del “cerchiobottismo”, di quello che sarà molto probabilmente la linea politica comunicativa del Sultano di Arcore e dei suoi corifei, almeno fino a quando il disastro giapponese non si risolverà: “Se i giapponesi vinceranno la loro battaglia nella centrale di Fukushima, potremo dire che anche nella più grande devastazione quella fonte indispensabile di energia per i prossimi anni è relativamente al sicuro – ha pontificato con studiata confusione mediatica – Ma se non vinceranno la battaglia, allora noi dovremo pensarci tanto, dovremo pensarci molto bene. Come dicono gli inglesi, meglio pensarci adesso, fare attenzione adesso, che compiangersi domani”.
Eppure in un articolo, non firmato e quindi riconducibile al direttore Ferrara, sul suo giornale Il Foglio del 4 marzo, una settimana prima del dramma giapponese, titolava così: “Energia positiva. La giusta battaglia di Veronesi contro i conservatori anti nuclearisti”. Per poi commentare: “Veronesi è convinto che l’Italia se continuerà a rifiutare il nucleare andrà incontro a un disastro”. Quale ulteriore disastro, caro Ferrara, dovremmo attenderci, dopo Chernobyl e Fukushima?