Articolo 21 - Editoriali
Se qualcosa puo andar male... in buona parte l'ha già fatto
di Kalimero
La recente cronaca politica, con l’imperversare del bunga bunga e dell’andirivieni degli onorevoli tra i vari gruppi parlamentari, non senza il sospetto di un inconfessabile mercato, conferma la permanente attualità di Ennio Flaiano quando diceva che la situazione è grave, ma non è seria.
In effetti, se il quarto governo Berlusconi una preoccupazione col diritto ce l’ha, non è tanto con la giustizia, quanto con una legge universale: quella di Murphy secondo cui, se qualcosa può andar male, lo farà. Perché, invero, più che nel futuro, quell’andar male, in buona parte, l’ha già fatto. E promette male.
Alcuni esempi dimostreranno l’assunto.
Nell’agosto 2008, portando a termine un’opera di avvicinamento già iniziata sotto altri governi, Berlusconi stringeva con il Colonnello Gheddafi il trattato di amicizia italo-libico con il precipuo scopo di arginare gli sbarchi in Sicilia degli immigrati, asseritamente clandestini, ma nella stragrande maggioranza con diritto di asilo.
Quel trattato, sul punto, delegava alla Libia, che non ha sottoscritto alcun regolamento internazionale sui profughi, il respingimento indiscriminato in mare che nessuno dei Paesi aderenti alla Convenzione di Ginevra del 1951, tra cui l’Italia, avrebbe mai potuto fare. Nella sostanza, una furbata che affidava a Gheddafi il lavoro sporco che l’Italia non poteva ufficialmente affrontare nel tentativo di rimanere il più indenne possibile dal fenomeno globale dell’immigrazione. La concreta applicazione di quel trattato è iniziata nell’estate del 2009 ed ha immediatamente dato i suoi frutti: gli sbarchi a Lampedusa sono cessati tanto che il locale centro di accoglienza è stato chiuso.
Ma il diavolo c’ha messo la coda.
Per oltre cinquant’anni il nord Africa è rimasto immobile sotto i dittatori graditi all’Occidente. Poco o nulla si è mosso negli ultimi decenni nei Paesi africani del Mediterraneo: Ben Ali, Mubarak, Gheddafi hanno macinato le generazioni.
Ma all’improvviso, senza che nessuno lo sospettasse, si è levato il vento del Risorgimento arabo che in pochissimo tempo ha messo in crisi questi despoti.
Conseguenza: gli sbarchi degli immigrati, per di più tutti oramai legittimi titolari del diritto d’asilo ai sensi dell’art. 10 Cost., si sono moltiplicati a dismisura costringendo gli abitanti di Lampedusa, di regola ospitali, ad insorgere per impedire lo sbarco di altri migranti.
Un contrappasso punitivo oltre ogni immaginazione per gli orgogliosi sostenitori del “non passa lo straniero”.
Per buon peso, la contingenza mondiale decide di muovere guerra a Gheddafi e a Berlusconi, che ha pure baciato la mano all’amico Muhammar, gli tocca partecipare all’attacco con una prova plateale di quella volubilità che da sempre ci viene rimproverata dalla comunità internazionale.
Ma non basta.
Il medesimo Governo Berlusconi ha deciso di rimuovere il pluridecennale ostracismo all’energia nucleare ed ha cominciato a progettare nuove centrali atomiche.
Manco aveva mosso i primi passi nel progetto che lo tsunami giapponese ha costretto il mondo intero a ripensare alla bontà delle centrali all’uranio.
Insomma, sembra che non appena il Silvio nazionale decide di indirizzare la sua azione di governo da qualche parte, si scateni una tempesta planetaria in senso opposto.
E non solo nelle grandi scelte internazionali, ma anche in quelle più domestiche.
Per sottrarre al Tribunale di Milano il processo di Rubyrubacuori, il Parlamento, a maggioranza berlusconiana, si apprestava a sollevare il conflitto con il potere giudiziario davanti alla Corte Costituzionale volendolo assegnare al Tribunale dei ministri, ma quando la discussione stava per raggiungere l’apice, la Suprema Corte di Cassazione, decidendo il caso Mastella, ne ha demolito in radice le tesi assegnando ogni decisione sul punto ai giudici e non al Parlamento. Ci si può provare, ma la strada appare segnata.
E ancora.
C’era quel ministro dei beni culturali dai modi pacatissimi anche quando imperversavano le più tumultuose polemiche politiche.
Ma era un fedelissimo di Berlusconi con la sorte in agguato.
Un muro della Schola Armaturarum di Pompei, un muro che stava lì, immobile, da almeno due millenni, ha deciso all’improvviso di sbriciolarsi riducendo quel povero ministro in un commovente stato depressivo, anticamera delle dimissioni volontarie dopo quelle graziate dalle forze parlamentari.
Un altro ministro, questa volta della funzione pubblica, non appena insediato ha lanciato la sua crociata contro i pubblici dipendenti fannulloni e ha messo i tornelli negli uffici, tolto la retribuzione al primo giorno di malattia ed incrementato le visite mediche fiscali.
Le statistiche dicono adesso che le giornate di permessi retribuiti, che nel 2008 erano 10.375.000, sono diventate 12.375.000 nel 2010: una debacle !
Per festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia, il governo Berlusconi ha inventato la festa del 17 marzo: un giovedì che, con un solo giorno di ferie, costruiva un “ponte” di ben quattro giorni per un oceano di lavoratori dipendenti. Un “ponte” nuovo ed inaspettato che, in un anno che ne è così povero come il 2011, costituiva una manna per il turismo.
Ebbene, proprio da giovedì 17 marzo una delle più piovose perturbazioni dell’annata si è abbattuta sull’Italia con allagamenti e frane da far invocare la calamità naturale a più di un comune.
Non c’è da stupirsi che, con queste reiterate manifestazioni urbi et orbi contrarie ad ogni decisione governativa italiana, la FIAT subisca un crollo delle vendite e, per rimediare, decida di spostare il suo baricentro industriale verso l’America.
Sarà pure vero che la superstizione porta sfortuna … ma quanno ce vo’, ce vo’.
In effetti, se il quarto governo Berlusconi una preoccupazione col diritto ce l’ha, non è tanto con la giustizia, quanto con una legge universale: quella di Murphy secondo cui, se qualcosa può andar male, lo farà. Perché, invero, più che nel futuro, quell’andar male, in buona parte, l’ha già fatto. E promette male.
Alcuni esempi dimostreranno l’assunto.
Nell’agosto 2008, portando a termine un’opera di avvicinamento già iniziata sotto altri governi, Berlusconi stringeva con il Colonnello Gheddafi il trattato di amicizia italo-libico con il precipuo scopo di arginare gli sbarchi in Sicilia degli immigrati, asseritamente clandestini, ma nella stragrande maggioranza con diritto di asilo.
Quel trattato, sul punto, delegava alla Libia, che non ha sottoscritto alcun regolamento internazionale sui profughi, il respingimento indiscriminato in mare che nessuno dei Paesi aderenti alla Convenzione di Ginevra del 1951, tra cui l’Italia, avrebbe mai potuto fare. Nella sostanza, una furbata che affidava a Gheddafi il lavoro sporco che l’Italia non poteva ufficialmente affrontare nel tentativo di rimanere il più indenne possibile dal fenomeno globale dell’immigrazione. La concreta applicazione di quel trattato è iniziata nell’estate del 2009 ed ha immediatamente dato i suoi frutti: gli sbarchi a Lampedusa sono cessati tanto che il locale centro di accoglienza è stato chiuso.
Ma il diavolo c’ha messo la coda.
Per oltre cinquant’anni il nord Africa è rimasto immobile sotto i dittatori graditi all’Occidente. Poco o nulla si è mosso negli ultimi decenni nei Paesi africani del Mediterraneo: Ben Ali, Mubarak, Gheddafi hanno macinato le generazioni.
Ma all’improvviso, senza che nessuno lo sospettasse, si è levato il vento del Risorgimento arabo che in pochissimo tempo ha messo in crisi questi despoti.
Conseguenza: gli sbarchi degli immigrati, per di più tutti oramai legittimi titolari del diritto d’asilo ai sensi dell’art. 10 Cost., si sono moltiplicati a dismisura costringendo gli abitanti di Lampedusa, di regola ospitali, ad insorgere per impedire lo sbarco di altri migranti.
Un contrappasso punitivo oltre ogni immaginazione per gli orgogliosi sostenitori del “non passa lo straniero”.
Per buon peso, la contingenza mondiale decide di muovere guerra a Gheddafi e a Berlusconi, che ha pure baciato la mano all’amico Muhammar, gli tocca partecipare all’attacco con una prova plateale di quella volubilità che da sempre ci viene rimproverata dalla comunità internazionale.
Ma non basta.
Il medesimo Governo Berlusconi ha deciso di rimuovere il pluridecennale ostracismo all’energia nucleare ed ha cominciato a progettare nuove centrali atomiche.
Manco aveva mosso i primi passi nel progetto che lo tsunami giapponese ha costretto il mondo intero a ripensare alla bontà delle centrali all’uranio.
Insomma, sembra che non appena il Silvio nazionale decide di indirizzare la sua azione di governo da qualche parte, si scateni una tempesta planetaria in senso opposto.
E non solo nelle grandi scelte internazionali, ma anche in quelle più domestiche.
Per sottrarre al Tribunale di Milano il processo di Rubyrubacuori, il Parlamento, a maggioranza berlusconiana, si apprestava a sollevare il conflitto con il potere giudiziario davanti alla Corte Costituzionale volendolo assegnare al Tribunale dei ministri, ma quando la discussione stava per raggiungere l’apice, la Suprema Corte di Cassazione, decidendo il caso Mastella, ne ha demolito in radice le tesi assegnando ogni decisione sul punto ai giudici e non al Parlamento. Ci si può provare, ma la strada appare segnata.
E ancora.
C’era quel ministro dei beni culturali dai modi pacatissimi anche quando imperversavano le più tumultuose polemiche politiche.
Ma era un fedelissimo di Berlusconi con la sorte in agguato.
Un muro della Schola Armaturarum di Pompei, un muro che stava lì, immobile, da almeno due millenni, ha deciso all’improvviso di sbriciolarsi riducendo quel povero ministro in un commovente stato depressivo, anticamera delle dimissioni volontarie dopo quelle graziate dalle forze parlamentari.
Un altro ministro, questa volta della funzione pubblica, non appena insediato ha lanciato la sua crociata contro i pubblici dipendenti fannulloni e ha messo i tornelli negli uffici, tolto la retribuzione al primo giorno di malattia ed incrementato le visite mediche fiscali.
Le statistiche dicono adesso che le giornate di permessi retribuiti, che nel 2008 erano 10.375.000, sono diventate 12.375.000 nel 2010: una debacle !
Per festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia, il governo Berlusconi ha inventato la festa del 17 marzo: un giovedì che, con un solo giorno di ferie, costruiva un “ponte” di ben quattro giorni per un oceano di lavoratori dipendenti. Un “ponte” nuovo ed inaspettato che, in un anno che ne è così povero come il 2011, costituiva una manna per il turismo.
Ebbene, proprio da giovedì 17 marzo una delle più piovose perturbazioni dell’annata si è abbattuta sull’Italia con allagamenti e frane da far invocare la calamità naturale a più di un comune.
Non c’è da stupirsi che, con queste reiterate manifestazioni urbi et orbi contrarie ad ogni decisione governativa italiana, la FIAT subisca un crollo delle vendite e, per rimediare, decida di spostare il suo baricentro industriale verso l’America.
Sarà pure vero che la superstizione porta sfortuna … ma quanno ce vo’, ce vo’.
Letto 2601 volte
Notizie Correlate
Audio/Video Correlati
In archivio
Twitter ergo sum
Articolo 18. Lo âsmemoratoâ Scalfari e il calo di consensi per Monti.
Equo compenso: via libera dalla Camera
Fenomeni, governo tecnico
LibertĂ di informazione dentro i Cie, ancora troppi ostacoli
Occupy Rai
Rispetti i lavoratori? Ti meriti vantaggi
Un fiore per Younas
Estendere lâarticolo 18? La veritĂ Ăš unâaltra, lo si vuole smantellare
La strage di Tolosa e lâimpossibile oblio
Dalla rete di Articolo 21