di Corrado Augias
da La Repubblica
Gentile Augias, dopo le recenti elezioni regionali un gran numero di giornalisti, politologi, politici e commentatori si è affrettato a dichiarare persino sulle pagine di Repubblica che il loro esito dimostrerebbe infondato il timore che il dominio delle tv possa influire pesantemente sul voto. Non di rado, a corredo di questa «constatazione», sono state impartite ramanzine a quanti sostengono che il suddetto dominio è pericoloso per la democrazia.
Francamente, però, a me sfugge il fondamento di questa «prova». Certo, il centrosinistra ha vinto le elezioni ed in misura non prevista. Ma a me sembra che questo centrodestra goda ancora di un sostegno sproporzionatamente largo, nell'ambito dell'intero corpo elettorale, rispetto al numero dei cittadini che non sono stati pesantemente penalizzati dalle politiche del governo.
Per spiegarselo, non si può non mettere in conto anche il tipo di informazione e di cultura (si fa per dire) veicolati attraverso le tv da chi ne ha e ne esercita un accortissimo controllo. Certe valutazioni, e conseguenti ramanzine, a parte i casi in cui a dettarle sono palesi interessi di parte, mi sembrano superficiali ed affrettate. Lei che ne pensa?
Carlo Turco carturco@tin. it
Che cosa ne penso io ha poca importanza trattandosi di materia specialistica sulla quale esistono studi e ricerche. Poiché la lettera solleva un quesito di grande interesse, ho consultato Alessandro Amadori che dirige l'istituto Coesis Research specializzato in analisi della pubblica opinione, autore del saggio "Mi consenta" sul linguaggio di Belusconi e del più recente "Avanti miei Prodi" (Scheiwiller ed.). Libri fortunatissimi anche per la qualità della scrittura. Il suo parere è che la televisione influenza certamente le opinioni e dunque anche le scelte elettorali. Però in misura quantitativamente limitata.
Oggi infatti si stima che circa il 3 per cento della popolazione che va a votare decida effettivamente per chi o per cosa votare guardando la televisione. In cifre assolute questo significa che nella realtà circa un milione e mezzo di elettori sono direttamente influenzati dalla TV. La cifra è limitata, ma può essere tanto o poco a seconda delle circostanze. E' tanto se i due schieramenti elettorali sono fra loro vicini: con il 3 per cento in più o in meno si possono letteralmente vincere o perdere le elezioni. Se invece i due schieramenti sono lontani fra loro, l'influenza della televisione diventa marginale. Per intenderci, se nelle elezioni politiche del 2001 il 3 per cento degli elettori avesse votato diversamente, oggi avremmo una maggioranza di centrosinistra e non di centrodestra.
Se invece alle elezioni regionali del 2005 sempre il 3 per cento avesse votato diversamente, ad uscire vittorioso sarebbe comunque stato il centro-sinistra. Quanto è successo agli inizi di aprile testimonia insomma di un forte «movimento elettorale», di un cambiamento di fondo negli umori dell'elettorato italiano, che neppure la televisione ha potuto davvero contrastare. Conclusione di Amadori: la tv è determinante solo nelle situazioni di incertezza. Insomma: quando l'inconscio collettivo la decisione l'ha presa davvero, non c'è palinsesto o telegiornale fazioso che possa far cambiare parere.