di Gianni Rossi
Non esiste dentro la RAI una vera e propria organizzazione “Struttura Delta”, ma opera da anni una consorteria, una lobby trasversale che comprende top manager di provata fede berlusconiana, dirigenti che utilizzano metodi cripto massonici e si avvalgono anche di legami nelle alte gerarchie del Vaticano. Molte carriere sono “sbocciate” grazie a questa lobby, premiando persone diversamente collegate da destra a sinistra, senza reali capacità manageriali; alcune società esterne hanno beneficiato di appalti danarosi, svuotando le risorse intellettuali e finanziarie interne, lavorando anche per Mediaset con prodotti simili; molti professionisti sono stati emarginati, alcuni costretti persino al prepensionamento.
Per “Repubblica”, questa lobby opererebbe come una loggia piduista, quindi suscettibile di incappare nelle rigide regole della legge. Ma non è proprio così! Non sappiamo se i protagonisti della “Delta” abbiano commesso azioni illegali, certo (stando alle registrazioni telefoniche pubblicate) hanno agito in barba a qualsiasi codice etico aziendale, stravolgendo qualsiasi regola della libera concorrenza tra imprese antagoniste, favorendo Mediaset del presidente del consiglio Berlusconi, danneggiando quindi il mercato regolato da norme antitrust.Toccherà all’inchiesta interna dell’Audit RAI scoprire chi e come ha lavorato contro gli interessi dell’azienda. Sarebbe più opportuno che, proprio per fugare ogni dubbio di eventuale insabbiamento o di “caccia alle streghe”, si facesse ricorso ad una Commissione mista con “inquisitori” provenienti dalle Authority e i segretari dei sindacati interni (USIGRAI. ADRAI, RSU). Per il futuro suggeriamo di porre all’attenzione del direttore Generale e del CDA terne di nomi con curriculum, quando ci sia necessità di occupare posti dirigenziali.
Società quotate in Borsa come Mediaset, Mondadori, RCS Media Group, Telecom Italia Media, Gruppo L’Espresso, dovrebbero essere controllate e tutelate, oltre che, se del caso, sanzionate dalle Authority (Antitrust, AGCOM e Consob). Ora, dalle intercettazioni si evince che almeno dal 2005 alcuni top manager hanno operato in RAI per determinare scelte aziendali, che in realtà andavano a favorire la concorrente Mediaset. Quindi, è stato distorto il libero andamento del mercato dei media, della pubblicità e si è creato di fatto un oligopolio nella TV analogica, la cosiddetta “Raiset”, che ha drenato risorse pubblicitarie sempre più crescenti a favore di Mediaset, nonostante la sua costante perdita di audience (come si evince dalle ultime Relazioni annuali dell’ Autorità per le Comunicazioni, presieduta dal professor Calabrò).
Nessuna società editoriale quotata in Borsa, a quanto risulta, ha però chiesto un’indagine in merito in questi anni. Ma sorprende che, quando furono pubblicati gli stralci delle registrazioni, nessuna Authority di propria sponte abbia aperto un fascicolo. A cosa servono allora queste Autorità, quando è evidente la distorsione delle regole del mercato sia Antitrust sia per il sistema mediatico, stando alla legge Gasparri, all’assurdo SIC, alle regole europee? E perché la Corte dei Conti, pur sollecitata negli anni, non è mai intervenuta con i poteri sanzionatori, ma solo ispettivi e di moral suasion? Che il mercato dei media italiani (analogico, digitale, satellitare e sul WEB) sia strozzato da comportamenti inficiati da vari conflitti di interessi è fatto noto da troppo tempo. Siamo l’unico paese europeo del G8, che non si sia dotato di una legislazione realmente liberista nel mercato dei media radiotelevisivi (diversamente da Francia, Germania e Gran Bretagna, ad esempio): ogni operatore privato può possedere solo una Rete analogica; sulle piattaforme digitali e satellitari possono convivere più attori, pubblici e privati; la raccolta pubblicitaria televisiva non può superare quella per la carta stampata.
Assistiamo, quindi, a un panorama europeo articolato e, grazie al digitale terrestre e alla TV mobile o sul WEB, alla nascita e allo sviluppo di più protagonisti. In Italia, questo mercato è bloccato da leggi speciali, create apposta per Berlusconi nei decenni. Non solo, ma sta scoppiando anche l’anomalia della TV satellitare, in pratica monopolizzata da SKY Italia del gruppo del magnate australiano Rupert Murdoch. Molti, specie dal centrosinistra, nel nostro paese vedono questo network come “amico” e non hanno mai proposto delle regole antimonopolistiche o, quantomeno, l’adozione di una piattaforma unica da gestire con una società mista pubblico-privata. Fatto sta che da alcuni anni, sempre secondo le Relazioni annuali dell’AGCOM, SKY Italia oscilla tra la prima e la seconda posizione nella raccolta pubblicitaria e negli abbonamenti.
Ma le regole in uno stato democratico, che si richiama al liberalismo, servono proprio perché il mercato non sia scosso da distorsioni e perché sempre nuovi “attori” possano inserirsi nel “gioco”. Da qui lo sviluppo economico, le innovazioni tecnologiche, la riduzione delle tariffe, il miglioramento della qualità per l’offerta, la libera circolazione degli operatori del settore. In pratica, quanto non avviene da decenni in Italia!Se è quindi irrinunciabile una nuova legge di sistema per le TLC, che abolisca la berlusconiana Gasparri, ed è altrettanto urgente una riforma della “governance” per la RAI, che elimini definitivamente il controllo diretto e indiretto del governo, tramite il ministero dell’Economia, e dei partiti, attraverso la Commissione di Vigilanza (basta l’AGCOM), è altresì improrogabile una ristrutturazione del settore, alla luce del digitale, del satellitare e del WEB, dove pubblico e privato possano competere e interagire, come già accade in Gran Bretagna.
E proprio nella patria del liberismo sembra, dopo decenni, incrinarsi il rapporto di sudditanza del potere politico e governativo nei confronti dello “Squalo” Mardoch, alla luce del recente scandalo delle intercettazioni illegali e pagate poi pubblicate sul “News of the World”. Uno scandalo che per ora ha anche bloccato l’acquisizione totale della rete satellitare BSKYB da parte di Murdoch (il governo ha rimandato l’esame all’autunno), ma che ha costretto l’uomo più potente al mondo a promuovere la chiusura del tabloid scandalistico. Fatto sta che Murdoch resta sempre potentissimo nel regno dei media in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Australia e in Estremo Oriente, riesce ancora a determinare le fortune o le cadute di leader politici, la formazione di governi “amici”, imporre campagne mediatiche, indirizzare i consumi di massa. Solo nel Regno Unito le sue campagne stampa sono riuscite ad “imporre” negli ultimi tempi il premier neo-laburista Blair e quello conservatore Cameron. Il braccio destro per la comunicazione di Cameron, lo “spin doctor”, Andrew Coulson, responsabile della sua campagna elettorale, ora dimessosi, era stato il vicedirettore del tabloid e tra le menti dell’affaire intercettazioni e, secondo "The Guardian", starebbe per essere arrestato. S'incrina così l'impero mediatico di Murdoch, ma anche le fortune insperate del "tory" Cameron rischiano di finire nella carta straccia.Da tempo abbiamo parlato di costituire una sorta di Agenzia mondiale, sotto l’egida del’ONU, proprio per controllare, indicare nuove regole, sviluppare la libertà d’informazione e comunicazione laddove questa è assente o minacciata. Forse, dopo il caso londinese e quello romano, è tempo di mettersi al lavoro!