di redazione*
Sta diventando oggettivamente difficile per chiunque dire contro quale manovra stiamo per scioperare il 6 settembre. Ciascuno di noi sa, senza alcun dubbio, che comunque la manovra ci colpirà pesantemente andando a peggiorare, a volte in maniera addirittura drammatica, la nostra condizione economica e di lavoro, ma quale sarà la manovra che uscirà dal Parlamento non lo si potrà dire fino alla sua pubblicazione in gazzetta ufficiale. Di fatto siamo un paese senza timone, nessuno nel governo è in grado di resistere agli assalti delle varie lobbies e dei vari gruppi di potere che premono dentro e fuori il parlamento. Gli unici che non hanno ascolto, perché la loro voce è flebile e disarticolata, sono i lavoratori e le loro famiglie. Vi è forse capitato di leggere o di ascoltare, nel diluvio di inchiostro e di parole che ci stanno riversando addosso, qualche accenno al blocco totale dei contratti del pubblico impiego? o all’aumento a 65 anni dell’età pensionabile delle donne nel privato – dopo che a quelle del pubblico impiego si era già tirato il bidone l’anno scorso –? o alla 13a legata alla performance dei dirigenti pubblici? o al fatto che comunque il TFR te lo danno quando vogliono loro? No, non lo avete letto e non lo leggerete perché dei lavoratori non gliene frega molto a nessuno, compreso il centro sinistra che su queste quisquilie non ha mai detto nulla mentre si è ampiamente profuso su molti altri aspetti che riguardano “lor signori”.
Noi scioperiamo perché pensiamo che questa manovra colpisca i lavoratori dipendenti e il loro reddito, cioè la loro vita e quella delle loro famiglie.
Scioperiamo perché a noi sì, che ci mettono le mani in tasca; perché la precarietà dilaga e non c’è alcuna intenzione di istituire il reddito minimo per i precari e i disoccupati; perché la gente non riesce a pagare l’affitto o il mutuo e perde la casa; perché stanno attaccando frontalmente il contratto nazionale e vogliono costringerci ad uno stato di vera e propria schiavitù nei luoghi di lavoro in cui basterà un accordo aziendale con uno dei tanti sindacati complici per toglierti le tutele del contratto nazionale e rendere possibile il licenziamento in ogni momento; perché siamo migranti fuggiti dalla miseria e dalle guerre condotte dai potenti per rapinare le nostre ricchezze e qui veniamo sfruttati e cacciati.
Scioperiamo perché noi non abbiamo debiti, anzi siamo creditori di giustizia sociale.
Noi scioperiamo contro l’Unione Europea e i suoi diktat! Da anni andiamo denunciando che l’Unione Europea non è la cura ma la malattia. Che non è vero che se fossimo stati fuori dall’UE e dall’Euro saremmo stati peggio, che invece è proprio l’Europa dei mercati, della BCE, della Bundesbank e di Merkel, Sarkozy e Berlusconi ad averci ridotto ad una totale impotenza nei confronti della finanza, dei mercati, degli speculatori, dei cacciatori di liquidità, di un sistema bancario che nessuno più controlla, di un’economia che non risponde più a nessuna logica politica, ma solo all’imperioso desiderio e bisogno di fare i soldi con i soldi senza curarsi di ciò che questo sta producendo fra la gente in carne ed ossa.
Non basta scioperare per cacciare Berlusconi ed il suo governo di miliardari inetti ed incapaci, non basta indicare gli obbrobri contenuti nelle manovre correttive che dal 2010 ad oggi hanno macinato miliardi di euro saccheggiandoli dalle nostre tasche. Non dobbiamo illuderci che qualcun’altro possa fare cose diverse se rimaniamo nella trappola dell’Unione Europea che decide, fa e disfa, per tutti noi. Non basta scioperare.
Dobbiamo costruire un movimento resistente che abbia ben chiari i propri obbiettivi e si dia le gambe per procedere, avanzare e resistere ben oltre il 6 settembre. Per questo riteniamo indispensabile, oltre al successo dello sciopero e delle manifestazioni indipendenti del 6 settembre, la piena riuscita dell’Assemblea Nazionale del 10 settembre a Roma e la costruzione di una grande manifestazione nazionale il 15 ottobre che, raccogliendo l’appello delle piazze degli Indignados di tutta Europa, porti in piazza davvero la volontà di connettere le lotte per contrastare le scelte dell’Unione Europea. Per stare dentro l’Europa ma fuori dall’Unione Europea.
*tratto da http://www.usb.it/