Quando lâ??ho conosciuto aveva lâ??aria del vecchio signore milanese. Ci incontrammo a Reggio Calabria per un sopralluogo del Wwf sulle fiumare di Reggio dopo la tragedia del camping di Soverato.

Fu un bellâ??incontro tra il cronista di provincia siciliano e il maestro â?? figlio dâ??un maestro di maestri, quellâ??Orio Vergani che fece da guida ai signori del giornalismo italiano da Indro Montanelli a Enzo Biagi â?? del giornalismo di denuncia.

Figlio ribelle di un padre dallâ??eredità così ingombrante, Guido Vergani, già negli anni â??60, quelli della contestazione, scelse di parlare di ambiente e di scempi ambientali. Eâ?? stato un maestro per tutti noi giornalisti-ambientalisti.

Narratore con modi semplici e diretti di complesse questioni legate alle risorse ambientali, aveva cominciato presto ad essere un cronista scomodo. Con ciò si spiega lâ??abbandono della carriera sicura tra le mura di via Solferino che grondavano storia, molta della quale scritta proprio da papà Orio, uomo che â??misurava il tempo con le paroleâ?� e che morì a 62 anni, troppo giovane per un maestro di maestria.

Dopo le prime inchieste sul sacco delle coste italiane ecco Guido lasciare il Corriere dâ??Informazione per approdare a Repubblica dove si sarebbe distinto prima come inviato poi come responsabile della redazione milanese, quindi ancora inviato a Panorama. Solo più tardi, nel 1997, sarebbe tornato in via Solferino. In questo prolungato distacco gli fu complice non solo il suo spirito ribelle ma anche il ricordo doloroso del padre che aveva patito lâ??umiliazione del licenziamento da parte del regime fascista pur essendo stato egli steso un fascista della prima ora ma aveva detto no alla guerra, e il regime non lo perdonò. Quel licenziamento aveva messo addosso a Orio lâ??inquietudine di vivere e la malattia segreta di molti grandi inviati â?? che Montanelli seppe tenere a bada sino alla fine â?? la depressione. Orio morì a soli sessantadue anni: lâ??esperienza toccò profondamente il giovane figlio ribelle â??Lâ??affacciarmi al sesto piano di via Appiani â?? ricordava Guido â?? e vedere la strada nera di gente mi riempì di orgoglio e mi fece superare il doloreâ?�. 

Ed eccolo lì Guido di ritorno al Corrierone, giovane sessantenne, a scorrere in lungo e largo la Penisola per raccontare dei disastri predatori dellâ??uomo in Puglia, Sicilia, Calabria ma anche sui tetti della sua Milano.

Perché le città hanno unâ??anima e Guido Vergani amava raccontare lâ??anima di Milano: i navigli e i tetti deturpati dallâ??abusivismo senza pensare che ogni solaio abusivo cancellava un pezzo di storia, incideva lâ??anima dâ??una città italiana e del mondo, la più europea delle città italiane, altro che Padania. La sua penna veloce e pulita narrava tutto questo senza compromessi. Ti parlava dellâ??alluvione dovuta alle devastazioni dellâ??uomo e ti pareva di vedere, di poter toccare con mano quelle nutrie che scavavano gli argini fallaci imposti dallâ??espansionismo umano. Ti pareva dâ??udire il loro squittio mentre si riprendevano un pezzo di fiume che la Natura aveva consegnato loro non alle benne e alle ruspe.

Ricordo quel sopralluogo tra le fiumare di Reggio che corrono â??sopraâ?� lâ??autostrada. Già sopra, non sotto. Basterebbe unâ??alluvione a produrre una strage ben superiore a quella di Soverato.

Guardava sfiduciato la facoltà di Architettura costruita ai margini di una di queste fiumare. Lo sentivi sfiduciato. Poi lì parlava con la giovane architetta che aveva previsto e annunciato lâ??esondazione a Soverato. Poi parlava col professore di Urbanistica che sì ammetteva quella facoltà lì non andava costruita. E ti trasmetteva il suo inguaribile ottimismo.

Anche da luoghi nati male può nascere il bene.

Ci siamo occupati insieme del rischio alluvionale alla Foce del Simeto e delle responsabilità politiche nellâ??abusivismo in Sicilia.

Ora se ne è andato. Aveva 70 anni. I maestri non dovrebbero morire così presto. Aveva ancora molto da insegnarci. Adesso potrà riabbracciare Indro e papà Orio. Prima di andarsene ha curato la raccolta degli scritti del grande genitore, in particolare â??Misure del Tempoâ?�. Un modo per far pace con quel padre troppo istituzione e al quale somigliava terribilmente. Un modo per far pace con la sua storia di contestatore. Un modo di raccogliere da quella inguaribile voglia di contestare il meglio di chi non aveva mai smesso di amare.

Guido scrisse un editoriale sulla tragedia aerea di Linate. Su â??quellâ??atroce sollievoâ?� che coglie la moltitudine di individui come lui scampati per un soffio alla carneficina dellâ??ottobre 2003. Raccontò lâ??esodo tra bagagli e biglietti del parcheggio per chi, almeno per quella volta, avendo avvertito il segnale di â??last callâ?� ne era sfuggito.

Quel tintinnio lieve, è giunto qualche giorno fa. E Guido ci ha lasciati senza clamori. Con poche note degli amici e colleghi che lo conoscevano e lo amavano. Con discrezione ha risposto allâ??ultima chiamata lasciandoci svolazzanti appunti scritti sui tetti della sua Milano e sulle rive di mari e fiumi devastati dallâ??ingordigia degli italiani.

Sarà dura, caro Guido, raccogliere uno per uno quei foglietti tra i boiler abbandonati nella discarica di Reggio o tra le paludi del Simeto. Ma lì ti incontreremo ancora coi tuoi rimbrotti da vecchio signore milanese e la speranza del narratore che non ambia il mondo ma segna la strada per sovvertirlo.

Addio Guido.