di Massimo Rendina
La partecipazione imponente di folla alle celebrazioni del 25 aprile a Milano, Roma e in moltissime località -c ome mai si era avuta da molti anni - è dovuta a vari fattori. Senza dubbio all' interesse suscitato dai giornali, dalle radio e televisioni che hanno giustamente visto nella data rievocativa occasione e stimolo alla comunicazione di documenti, testimonianze e alla promozione di dibattiti in relazione alla situazione politica in atto e alle domande che da essa emergono su ciò che sta avvenendo nella società italiana sotto la spinta del gruppo dirigente che ha la maggioranza in Palamento, ma sta perdendola nel Paese reale.
Domande che riguardano in primo luogo le attese che la liberazione aveva suscitato sessanta anni fa e sulla loro realizzazione per dare alla libertà , attraverso i dettami costituzionali, esiti concreti connessi all' autorealizzazione della persona umana.
Ma ci sono anche altri motivi che hanno spinto molta gente di ogni età e condizione a manifestare indignazione e sconcerto a fronte di atteggiamenti offensivi di quella che potremmo chiamare l'intelligenza comune. Si pensi ad esempio a gesti e uscite del vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini e suoi seguaci già epigoni fascisti, i quali con una riconversione spirituale totale condannano il Fascismo e definiscono il Nazismo (e quindi anche il Nazifascismo) un "male assoluto", rendono omaggio ai cimiteri sterminati dell' Olocausto e ai luoghi ove esso venne commesso, e contemporaneamente promuovono una legge per dare dignità e patente di combattenti e patrioti a coloro, i collaborazionisti di Salò, che essi stessi riconoscono coautori, partecipi di quegli orrendi misfatti.
Non per indurre l'opinione pubblica a considerare situazioni personali, errori commessi in buona fede - sia pure in un quadro ideologico, politico e militare del tutto palese anche ai più sprovveduti- specialmente da giovanissimi, ed estrapolare quindi episodi individuali dal contesto storico quali frutto di infatuazioni retoriche, ma per dare riconoscimento etico giuridico ad una intera categoria di irriducibili fascisti che militava dalla parte che anche il leader di AN proclama essere sbagliata e, se le parole hanno un senso, criminale.
In tale scenario anche le oltre diecimila vittime innocenti dello stragismo nazifascista non hanno per AN, la Lega e alcuni esponenti di Forza Italia alcun peso in una storia da rivedere per mettere tutti sullo stesso piano, vittime e carnefici. E per affermare che meriti e colpe vanno ricercate in entrambe le parti. Citano con enfasi le foibe (dimenticando i cadaveri anche di partigiani rinvenuti e le stragi fasciste commesse in quegli stessi luoghi) ai cui orrori la Resistenza italiana è del tutto estranea. Il revisionismo storico strumentale si esercita poi nell' altalena dei giudizi, secondo i quali una volta si vede la supremazia dei comunisti nel movimento partigiano (col pericolo di fare dell' Italia un satellite sovietico) e un'altra li si taccia di aver enfatizzato la loro consistenza oscurando la partecipazione degli altri partiti e formazioni del CLN e degli stessi militari italiani combattenti con gli Alleati.
Non mancano infine i prolungamenti storici, per dire che la Guerra di Liberazione non finì ai primi di maggio 1945 ma si protrasse per altri due anni e oltre, al fine di includervi le uccisioni per mano di partigiani comunisti di ex fascisti e avversari politici, o a causa della lotta di classe.Anche questo per contestare la validità di una data e della sua celebrazione, ma pure per colpire al cuore la Resistenza nel suo complesso, oltre il disegno di dividere i partigiani buoni da quelli cattivi (altro esercizio funambolesco revisionista).
Con tali premesse si accusano le associazioni resistenziali che hanno celebrato il 25 aprile di averne fatto strumento di divisione degli italiani? Si toglie ogni validità alla pacificazione avvenuta con l' amnistia subito dopo la Liberazione? Ce ne vuole un' altra?. Per accontentare una ormai sparuta schiera di fascisti orgogliosi (come il ministro Tremaglia, che ha pure giurato fedeltà alla Repubblica nata dalla Resistenza) di esserlo stati, fedeli esecutori degli ordini nazisti? Non basta. Altri esponenti del governo -seguaci dell'on, Bossi che non molto tempo fa ha insultato il simbolo della Patria, il Tricolore, con linguaggio da trivio- e frantumano l' Italia , distruggendo i principi morali (costituzionali) della solidarietà , vedono nel 25 aprile motivo di disunione e pretesto bassamente politico in funzione antigovernativa.
Quanto sta accadendo fa sì che il 25 aprile non sia una data che ci siamo lasciati alle spalle, ma un momento politico importante, forse ultimativo per un esame di coscienza collettivo da trasformare in fermo proposito a salvaguardia delle istituzioni democratiche che la Guerra di Liberazione ha dato al nostro Paese.