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Articolo 21 - Editoriali
Francia. Primarie presidenziali socialiste. Vince il “rassicurante” Hollande.
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di Gianni Rossi

Oltre 2 milioni e 700 mila di francesi si sono recati al secondo turno di ballottaggio, per indicare il candidato socialista che dovrà affrontare l’anno prossimo nelle presidenziali l’attuale capo dello stato, il conservatore Nicolas Sarkozy. E con il 56,3% è stato scelto François Hollande, il “volto rassicurante”, l’ex segretario del Partito socialista, forte anche dell’appoggio dei voti dell’ex-moglie Ségolène Royal, colei che nelle precedenti elezioni fu sconfitta proprio da Sarkozy. E' stato un grande successo di democrazia attiva che premia il metodo delle primarie e modifica anche quel comportamento "distaccato e apatico" che l'elettorato e gli iscritti socialisti spesso hanno dimostrato nei confronti della partecipazione attiva.

E così per il “Louis de Funès” all’Eliseo (come viene sarcasticamente ribattezzato Sarkozy dalla satira d’oltralpe), già sotto il 27% dei consensi, si fa ancora più dura la battaglia per strappare almeno il biglietto per il ballottaggio. Al primo turno, nella primavera prossima, infatti, dovrà vedersela con la figlia del potente leader della destra oltranzista, il Partito Nazionale, quella Marine Le Pen che sembra accreditata di un 12/15% dell’elettorato e con i consensi in crescita, viste le divisioni all’interno dello schieramento sarkosista. Forte sembra essere anche la candidatura dell’esponente dei Verdi ecologisti europei, Eva Jolie, ex-magistrata anticorruzione, anche grazie alle rinnovate simpatie verso il partito di Daniel Cohn-Bendit, in crescita di consensi presso l’elettorato. Ma, soprattutto, sarà Hollande a sbarrargli la strada verso l’Eliseo, dopo tre presidenze neogolliste (due volte Chirac e una volta proprio Sarkozy), visto che le ultime consultazioni amministrative, regionali e per il Senato hanno dato una vittoria schiacciante al Partito socialista (per la prima volta nella storia repubblicana, il presidente del Senato è diventato un esponente socialista).

“Voglio far incantare di nuovo il sogno francese”, ha sentenziato appena appresa la notizia della sua vittoria sulla Martine Aubry, segretaria del PS che ha preso oltre il 43%, facendo poi fotografare insieme a lei con le mani unite e le braccia alzate, in segno di vittoria di tutto il partito. Hollande ha vinto nella provincia al centro e al Sud della Francia, mentre la Aubry ha conquistato Parigi e il Nord, ma quel che più conta è che stavolta il partito, nonostante abbia presentato all primarie ben 6 candidati, è più unito di quattro anni fa, le divergenze interne si sono sopite, tanto da far conquistare i consensi della maggioranza dell’opinione pubblica. Durerà fino alla primavera prossima questa “luna di miele” dentro il PS e tra il candidato socialista e i francesi? E’ molto probabile, anche perché Sarkozy e il suo entourage sono in modo più o meno diretto lambiti da scandali per corruzione, che la magistratura sta indagando con molta lena e che i principali giornali cercano di tenere in grande evidenza; all’interno del suo partito,  l’UMP, si sono inoltre accentuate le divisioni, e poi la politica di rigore e di smantellamento del welfare, dei tagli alla scuola, degli aiuti alle grandi banche, hanno eroso anche la base centrista dell’elettorato conservatore.

Non solo,ma anche i “cavalieri bianchi” che nelle precedenti elezioni appoggiarono Sarkozy, i grandi industriali che posseggono i principali giornali e TV private, i conglomerati industriali-finanziari-immobiliari, del lusso e della difesa, si sono chi più chi meno distaccati dall’attuale presidente della repubblica. Alcuni si sono spostati apertamente verso l’elettorato socialista. Insomma, Sarkozy, almeno di grossi colpi di teatro e nonostante la forza propagandistica che potrà ricevere dalla nascita della figlia che a breve avrà dall’ultima compagna, Carla Bruni, sembra destinato a soccombere e rischia addirittura di non arrivare al secondo turno delle presidenziali. Sarebbe la prima volta, uno scorno per un “post-gollista”. Ma sarebbe anche la fine di un’epoca di quel capitalismo affarista, che in Francia è molto legato con gli apparati “sensibili” dello stato e che da sempre mischia i propri interessi privati con quelli pubblici.

E’ stato questo “affarismo di stato” la fortuna dello sviluppo economico e della forza politica di Parigi a livello europeo, che ha portato la Francia a creare un vero e proprio “Direttorio” insieme con i vari cancellieri tedeschi, da ultimo la Merkel. Se in alcuni casi gli interessi francesi coincidevano con quelli della costruzione dell’Unione Europea, in molti altri casi, però, questo predominio ha fatto sì che la finanza e alcuni settori della grande industria d’oltralpe facessero acquisti in mezza Europa a scapito delle aziende locali (trasporti aerei, treni superveloci, energia atomica, gas, acqua, banche, assicurazioni, sistemi di difesa).

Ora, però, questo shopping è messo in dubbio dalla crisi che ha colpito proprio le grandi banche e il sistema finanziario francese, indebitato più di quello tedesco con i titoli “tossici”, i debiti sovrani dei paesi europei in crisi, come la Grecia, e con la mancanza di competitività rispetto al partner privilegiato tedesco. Ma anche la disastrata Italia, pur diventata in alcuni settori economici una “provincia francese”, fa paura all’establishment parigino per la sua capacità di innovazione tecnologica e di penetrazione nei mercati emergenti, grazie spesso alla competitività dei prezzi e della minore “prosopopea” nelle relazioni commerciali.

Toccherà ora ad Hollande intercettare anche quelle spinte che vengono dai movimenti degli “Indignati” francesi, da settori penalizzati come i lavoratori dei trasporti, delle telecomunicazioni, della scuola, della sanità, del commercio, dell'agro-alimentare e non solo. La Francia si trova ad essere con la Germania uno dei pilastri dell’Eurozona, ma ha bisogno di rinnovarsi, di perdere quell’aspetto di “prima della classe”, che la rende antipatica nel mondo, nonostante l’appeal mediatico dovuto alla tradizione legata ai beni di lusso, la moda, il vino, l’arte e i costumi. Come la Germania dovrà in qualche modo indicare al resto d’Europa una strada diversa di sviluppo sostenibile (abbandonando anche l’uso spasmodico dell’energia nucleare), un’idea solidaristica per l’Unione europea, un profondo cambiamento dei rapporti tra interessi pubblici, finanza privata, banche ed assicurazioni.

“Cambiare pelle”, insomma, proprio per “ritornare a far incantare il sogno francese”, come ha promesso subito dopo la vittoria il leader socialista Hollande.

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