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Articolo 21 - Editoriali
In memoria di Bocca. Addio al “Grande Padre”del giornalismo libero
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di Gianni Rossi

 

Giorgio Bocca era un esempio per tutti noi giornalisti, che ci siamo formati dopo il Sessantotto, dopo il periodo della cosiddetta “controinformazione” militante. Per noi era quel giornalista borghese, critico, che ci faceva sempre “le pulci” sui metodi di lotta e le parole d’ordine, ma che non esitò un minuto a smantellare il castello di false verità che si celavano dietro alla “Strage di Stato”, alle bombe di Piazza Fontana a Milano e a Roma quel drammatico 12 dicembre del 1969. Lo stesso che non diede credito alla versione addomesticata del “suicidio” dell’anarchico Giuseppe Pinelli e della “pista anarchica” che per anni portò in carcere Pietro Valpreda.

Il partigiano, azionista prima e socialista poi, Bocca, dalle pagine dell’Espresso, prima, e poi su Repubblica, che fondò insieme ad Eugenio Scalfari ed altri, ci ha sempre indicato la strada del giornalismo asciutto e rigoroso, irriverente contro qualsiasi potere e mai addomesticato anche ai partiti o ai movimenti che magari lui vedeva con occhio benevolo.

Professionalità, spirito critico, il senso civico e della “missione” del giornalista, “dell’artigiano della notizia”, come una volta mi disse per telefono. Ecco, la mia fortuna è stata anche quella di averlo sentito varie volte per Articolo 21 in questi ultimi anni. Era sempre disponibile, seppure diffidente a prima vista. Non usava il cellulare ma il  numero di casa, da dove ti rispondeva con pazienza anche se a volte con i toni bruschi da “professore”. Non amava ripetere i concetti né lasciarsi andare a nostalgie. Asciutto e rauco, le sue parole graffiavano come i suoi scritti.

Sentivi che tutto quello che diceva a commento di fatti sociali e politici erano frutto di esperienze maturate e rielaborate nel tempo con ascetica disciplina da partigiano. Usava l’essenzialità dei concetti per spiegare gli scenari, le responsabilità. A volte si coglieva anche il rammarico di aver lottato per la nostra liberazione dal nazifascismo, senza però che la democrazia della nostra Repubblica avesse sviluppato in concreto quei concetti di Giustizia e Libertà, di cui andava fiero.

L’Italia dalla “rivoluzione liberale” incompiuta, l’Italia dei potenti che riescono a “mitridatizzare” anche i loro oppositori, l’Italia dai “mille revisionismi”, sempre pronta al perdonismo e mai autenticamente antifascista, laica e liberale.

Negli ultimi tempi, la sua voce era affaticata, tradiva l’angustia per le sorti del suo “Belpaese”, come spesso chiamava l’Italia, schiacciato tra un berlusconismo imperante e anticostituzionale e una sinistra arrendevole e disorientata, senza più la bussola dei valori dei “padri fondatori” della Costituzione antifascista.

Con Bocca scompare l’esempio concreto dell’intellettuale gramsciano: profonda cultura, grande professionalità, ma anche modestia e umiltà nella tecnica di comunicazione, proprio per essere letto e compreso dalle masse e non solo dalle élite.

Ciao “Grande Padre”, ora raggiungerai quell’altro simbolo del giornalismo illuminato che era Enzo Biagi. In cielo polemizzerete proficuamente, come facevate in terra, con molta signorilità e senza mai astio, ma come due vecchi commilitoni partigiani, perché comunque impegnati a ricercare le vostre strade di verità.

Oggi l’Italia della cultura, dell’impegno civile, è davvero più povera e sola. La speranza è che l’esempio di Bocca si dipani su tanti giovani giornalisti e non solo.

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