di Loris Mazzetti*
L’Università Cattolica di Milano ha fatto un’interessante ricerca sul cambiamento del Servizio pubblico nella percezione dei telespettatori che seguono l’informazione. Risultato: la Rai ha perso il ruolo (fatta eccezione per il Tg Regionale), sostituita da “diversi editori e da diverse fonti informative” come il Tg La7 dopo l’arrivo di Mentana e SkyTg24. Sul Corriere della sera il guru Aldo Grasso si è posto la fatidica domanda: “ Ha ancora senso parlare di Servizio pubblico?” Dando la seguente risposta: “Servizio pubblico è chi lo fa, non chi lo è”. Un po’ come Pilato che davanti all’innocenza di Gesù preferì lavarsi le mani. L’analisi fatta dal professor Scaglione va al cuore del problema. “Perché la Rai si è ridotta a essere considerata dai teleutenti un disservizio? Cosa deve accadere prima che sia troppo tardi?”. Le tv private, in particolare quelle di proprietà dei grandi gruppi economici non possono sostituirsi al Servizio pubblico. E’ la democrazia bellezza! In Rai c’è bisogno di personaggi alla Simone Farina pronti a denunciare le combine fatte da incontri privati con capi di governo, ministri o semplici leader politici; da pranzi in cui si decidono le nomine dei direttori di tg e di reti, da cene a base di crostate e liste con nomi di conduttori i cui contratti non vanno rinnovati. Se lo hanno capito i telespettatori che in massa hanno abbandonato il Tg1, lo avrà compreso anche il presidente Monti che è vitale per la Rai un decreto legge per cambiare la sua governance per sottrarla ai partiti entro la scadenza del cda (28 marzo) e subito dopo in parlamento per una nuova legge che regolamenti il sistema radiotelevisivo e che elimini le ingiustizie della Gasparri frutto del conflitto di interessi di sua Emittenza. Alcuni conflitti: le telepromozioni sono escluse dal calcolo dell’affollamento pubblicitario, incanalando così le risorse verso il mercato televisivo a discapito della carta stampata; il famoso Sic (Sistema integrato delle comunicazioni), un grande paniere che contiene tutte le risorse (pubblicità, canone, sino alle affissioni), di cui un singolo soggetto non può superare il 20% che ammonta a 5 miliardi di euro, una cifra elevatissima che non ha modificato minimamente il duopolio anzi lo ha rafforzato; infine le norme Antitrust che si basano sul principio del libero mercato e della tutela della concorrenza senza prendere in considerazione il diritto al pluralismo (Art.21 della Costituzione). Attenzione, attenzione presidente Monti: alla fine del 2012 chi è proprietario di tv può diventare proprietario di giornali e viceversa.