di Gaetano Alessi
Quattro anni fa, una striscia nera ed un nome sparisce. Erano i tempi del cuffarismo egemonico e del berlusconismo pornografico, tempo in cui la visione di una mafia folkloristica veniva irrorata dalle televisioni di Raiset creando una mitologia di uomini come Salvatore Riina e i suoi sodali. Una mitologia fatta di onore, di promiscuità con il potere, di faida arcaica. Una mitologia, unita alla coppola sfoggiata dall’ex presidente della regione nella trasmissione di Santoro e in qualche emittente locale, tesa a depotenziare le mafie e a ridurle a un problema legato al passato, su cui si poteva scherzare, fare film e parlarne.
Quella striscia nera cancellava il nome di Corleone da un cartello stradale all’ingresso di Raffadali. Con quel gesto s’intendeva cancellare non un nome ma una storia. Una forma di reazione al dolore causato dai Riiniani. Proprio lì, all’inizio di quella strada statale, la “Corleonese – Agrigentina”, da sempre attraversata da un flusso infinito di armi, latitanti e droga che dalla Siculiana dei Caruana- Cuntrera saliva fino al centro della Sicilia nel cuore del potere Corleonese.
Cancellando quel nome, qualcuno pensò di cancellare una vergogna dell’intera isola ma non pensò che proprio Raffadali, in quel momento, ospitava quella che le sentenze avrebbero dimostrato essere il fulcro del più potente uomo politico/mafioso della Sicilia: Totò Cuffaro. Perché per i siciliani il problema della mafia e della mafiosità era ed è un problema degli “altri”.
Non pensò, l’anonimo armato di spray, che Corleone e Raffadali erano si terre di mafia ma anche e soprattutto terre di Resistenze, di partigiani e contadini, di uomini che hanno detto di no e che hanno preferito alzare la testa.
E’ difficile insegnare l’amore quando si vive perennemente in trincea mentre le ferite e la tensione continua t’incattiviscono, ti rendono cieco, vendicativo ed inesorabile.
E’ arduo parlare di pace quando intrinsecamente godi del dolore degli avversari ed è faticoso vivere da “estranei” a casa propria per lunghi periodi.
Ma questa è la strada, che a Raffadali e a Corleone alcune persone, nel tempo, hanno deciso di percorrere: Placido Rizzotto, Totò di Benedetto, Calogero Parisi, Vittoria Giunti e le migliaia di uomini e donne senza volto che hanno accompagnato la storia di questi paesi.
E poi noi, AdEst e Corleone Dialogos, piccole storie di ragazzi e ragazze che decidono di essere né migliori e né peggiori di chi gli vive a fianco ma solo diversi, profondamente diversi.
Storie che dimostrano che non è vero che in Sicilia “non cambia niente”. Quando questi piccoli “racconti” di redazioni di frontiera sono nati, Totò Cuffaro era, per il mondo che ci circondava, l’imbattibile e più potente uomo politico della Sicilia; colui che, con i suoi voti, decideva le sorti di un intero partito, l’Udc, che in cambio ne copriva ogni sua frequentazione mentre Corleone era ritornata ad essere “solo” la capitale della mafia. Sono passati pochi anni e Cuffaro non c’è più, abbattuto dal coraggio di pochi e Corleone è diventata la terra in cui il miracolo etico dei beni confiscati alla mafia, sprigiona la sua luce migliore. L’immagine di centinaia di ragazzi, provenienti da tutto il paese, che camminano e lavorano su quei terreni regala per analogia la visione di una moltitudine di piedi che calpestano i volti di Riina e Provenzano e danno un calcio a quell’aura di mafiosità che inesorabilmente tende sempre a circondarci.
Non sono miracoli perché nascono dal coraggio degli uomini. Sono centimetri di libertà conquistati a prezzo della propria tranquillità personale e che vengono regalati a chi verrà dopo.
Tutto finito? La mafia e la mafiosità sono state sconfitte? Sarebbe folle dirlo ma la partita è aperta e i giocatori, dalla parte della “ragione”, diventano sempre di più e soprattutto stanno imparando a stare insieme, a fare gruppo, a difendersi a vicenda, a trasformare la storia dell’antimafia sociale in una storia di mani. Mani che ti rialzano da terra, che ti consolano dalle sconfitte, che si stringono a pugno per difenderti, che si aprono per indicarti una via, che lavorano per costruire progetti per il futuro. Si chiude l’anno con una buona notizia: “I Siciliani” di Pippo Fava sono tornati in edicola. In realtà non se ne sono mai andati. Ognuno di noi in cuor suo, negli anni, ha portato quella storia nel cuore, nelle azioni e nella penna. Si chiude il 2011 e la striscia nera che cancellava Corleone è diventato un filo rosso che lega tutti coloro che lavorano per un posto più decente in cui poter vivere, tornare e sognare. Un filo rosso che lega AdEst a Corleone Dialogos, un filo rosso dal traguardo ignoto ma con una certezza: percorrere quella strada insieme a tutti “i siciliani”, dentro e fuori la nostra terra, e voi sarà un emozione bellissima.
Auguri - AdEst