di Carmine Fotia*
Nel clamore delle tante proteste di questi giorni rischia di passare sotto silenzio quella dei giornali che vivono grazie al contributo per l'editoria che, ricordiamolo per inciso, non e' un sotterfugio di casta, ma una legge dello stato, varata per tutelare un bene primario come il pluralismo dell'informazione, come ha saggiamente ricordato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla cui dichiarazione si e' richiamato il presidente del consiglio, Mario Monti.
Perché questo bene va tutelato? Per la semplice ragione che ci sono beni, tra i quali in primo piano il diritto dei cittadini di poter accedere a una pluralità di punti di vista, che non può essere affidato unicamente alle leggi del mercato, ove lo squilibrio tra le grandi concentrazioni editoriali e i piccoli giornali e' enorme nel campo della raccolta pubblicitaria.
Questa esigenza, come abbiamo documentato nei giorni scorsi pubblicando stralci del libro di Enrico Pedemonte "Morte e Resurrezioni dei giornali", e' vivo in tutti i paesi avanzati, compresi gli Usa, dai quali vengono proposte interessanti e da valutare.
I principii da cui ripartire sono pochi e chiari: tutelare i giornali che impiegano manodopera (giornalistica e no) rispettando le regole contrattuali, che vadano regolarmente in edicola, che siano effettivamente gestite da cooperative vere, formate dai lavoratori che ci lavorano. In passato queste norme sono state violate, consentendo operazioni poco limpide e il finanziamento di giornali che non corrispondono a questi criteri? Si faccia pulizia e si intensificano stringenti controlli: chi non ha nulla da nascondere non a nulla da temere.
Si vogliono riformare i criteri? Discutiamo, e ci sembra interessante considerare anche la proposta di cui si discute negli Usa e riportata nel libro di Pedemonte: un voucher, una sorta di otto per mille che i cittadini possano spendere in edicola, decidendo se e come intendono sostenere un giornale, che naturalmente dovrà essere in regola con i principii stabiliti per poter accedere a questa forma di sostegno pubblico la cui chiave sarebbe pero' nelle mani dei cittadini.
So bene che difendere questo diritto va contro un spirito del tempo dove ogni contributo pubblico e' considerato un furto, salvo poi lasciare intaccati i privilegi dei potenti. Ma vorrei che i nostri lettori riflettessero su quanto sarebbe più povero il mondo dell'informazione se non esistessero liberi giornali come questo, che non rispondono ai grandi interessi di potere. Giornali liberi di condurre le storiche battaglie contro Calciopoli o le più recenti contro quella lesione dei fondamentali diritti di libertà racchiusa nella tessera del tifoso.
Fate sentire anche la vostra voce. La libertà per noi romanisti e' come l'aria!
* da il Romanista