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Articolo 21 - Editoriali
Riforma Rai, è il Parlamento che deve intervenire
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di Stefania Brai*

Tutte le rappresentanze dei giornalisti italiani - dall'Usigrai alla Fnsi,
dall'Ordine all'Inpgi - hanno inviato un appello al presidente del
Consiglio per sollecitare "un'iniziativa che consenta la riforma della
governance Rai". "Qualunque iniziativa deciderà di assumere... - continua
l'appello - troverà in noi convinti sostenitori. In particolare per quanto
riguarda la fonte di nomina, siamo certi che vorrà individuare una
proposta che ponga fine a ogni interferenza dei governi, delle forze
politiche e delle lobby sul servizio pubblico radiotelevisivo...".

Se condividiamo totalmente le preoccupazioni e l'allarme dei giornalisti
sullo stato in cui versa il servizio pubblico - ultimo episodio le nomine
dei direttori del tg1 e delle testate regionali - restiamo tuttavia
perplessi sulle modalità e su parte dei contenuti dell'appello.

Non ci rassegniamo alla "democrazia sospesa", alle riforme per decreti ma
ancora di più non ci affidiamo ad occhi chiusi al "tecnico" salvatore
della patria. Crediamo che non sia certo sufficiente una riforma della
governance per far tornare la Rai a svolgere quel ruolo di volano
dell'industria culturale italiana che spetta al servizio pubblico
radiotelevisivo. Così come non crediamo che anche la Rai abbia bisogno di
un amministratore unico "padrone assoluto" dell'azienda pubblica, ma di
una riforma che veda la partecipazione al governo dell'azienda delle forze
sociali, professionali e culturali.

Crediamo che il vero destinatario dell'appello debba essere il Parlamento
e che il compito responsabile - e difficilissimo - di chi crede nella
politica e nei partiti come strumenti insostituibili per cambiare la
società è oggi la ricostruzione di un tessuto di partecipazione reale: per
ridiscutere il ruolo di un servizio pubblico radiotelevisivo all'altezza
delle sfide tecnologiche di oggi e di domani mettendo intorno a un tavolo
insieme ai giornalisti le forze sociali e culturali, l'associazionismo e i
movimenti. Per elaborare un grande progetto culturale che riporti la Rai
ad essere un'azienda realmente democratica e autonoma, decentrata e
partecipata, che possa ridare vita a tutta la produzione indipendente
diffusa su tutto il territorio nazionale, pluralistica nella sua offerta
culturale complessiva nel rispetto dei tanti "pubblici" e sganciata dalle
logiche di mercato. Su un progetto alto e condiviso non sarà difficile
trovare forme e competenze per metterlo in atto. I nomi verranno poi.


*Responsabile nazionale cultura Prc
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