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Articolo 21 - Editoriali
E' in gioco il futuro del bipolarismo
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di Montesquieu

E se qualcuno, nel centrosinistra ma anche nel centrodestra, cominciasse a dire quel che tutti gli italiani di buon senso pensano? Che, vale a dire, il proprietario di  metĂ   del sistema televisivo nazionale farebbe meglio a restare fuori, radicalmente fuori, dalle trattative che una legge di ordinaria lottizzazione impone per formare gli organi di governo della RAI?

Che, se trattativa deve esserci, essa debba avvenire tra esponenti dellâ??opposizione â?? meglio se il suo leader â?? e i vertici dei partiti del centrodestra sistematicamente esclusi dallâ??informazione delle televisioni berlusconiane? Invece, si tratta solo ed esclusivamente con il capo del governo: anzi, con il suo primo e piĂš valido collaboratore a palazzo Chigi. Il che consentirĂ  al capo del governo medesimo, tra lâ??altro, allâ??indomani dellâ??eventuale, non si sa se auspicabile, accordo, di prenderne le distanze, secondo un copione fin troppo noto. Basterebbe poco, pur mantenendo lâ??impianto ripartitorio che rende la RAI suddita della politica, per riportare un poâ?? di pluralismo. Non sarebbe la BBC, ma sempre meglio che niente.

Questo per la RAI. Ma câ??è ben altro, in questi mesi che ci separano dalle elezioni. Câ??è il futuro della coalizione di centrodestra: che può perdere le prossime elezioni, secondo la fisiologia dellâ??alternanza. E questo conviene al centrosinistra. Ma potrebbe andare incontro ad una sconfitta tale da portare ad una dissoluzione. E questo non conviene al centrosinistra, e alla politica italiana, alle sue istituzioni, perchĂŠ un sistema bipolare ha bisogno di due gambe salde e competitive.

SarĂ  una semplice sconfitta, se questo anno sarĂ  utilizzato per creare unâ??ipotesi di coalizione depurata dalle anomalie berlusconiane: una coalizione di forze conservatrici, democratiche al loro interno e nei reciproci rapporti. Il contrario di quanto accaduto in questi anni: una coalizione normale, come avviene in tutto il mondo democratico. Il contrario di quanto avverrebbe anche se si realizzasse lâ??ipotesi del cosiddetto partito unico, sotto la guida dellâ??attuale capo del governo.

Dove sarebbe, tra lâ??altro, la novitĂ ? Partito unico, per via di una concezione gerarchica padronale,  è stato fino ad oggi: la novitĂ  sarebbe una stretta al guinzaglio, ad evitare anche quei flebili gemiti di autonomia che di tanto in tanto si sentono uscire dai partiti alleati nei momenti di coscienza. Paradossalmente, dove non succederĂ  nulla sarĂ  nellâ??azione di governo. Ad evitare che gli elettori si ricordino di esercitare il diritto di recesso, soddisfatti o rimborsati, si parlerĂ  sempre meno di contratto con gli italiani, di famiglia, di mezzogiorno, di impresa. SarĂ , se il capo del governo continuerĂ  ad essere il candidato del centrodestra, sarĂ  solo campagna elettorale.

Un anno di possente, immaginifica, rutilante campagna elettorale nella quale il governo di cui parlare saranno i molti messi in campo dal centrosinistra nella passata legislatura; si scatenerĂ  una campagna contro lâ??euro, e si urlerĂ  al pericolo comunista. Niente di nuovo sotto il sole, nella sostanza: probabilmente la coreografia sarĂ  del tutto nuova. Poi si voterĂ , le luci si spegneranno e sarĂ  unâ??impresa cercare, qua e lĂ , i pezzi di un centrodestra che nel paese è, forse, ancora maggioranza.

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