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Articolo 21 - Editoriali
In quale Italia viviamo?
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di Carlo Patrignani

All'indomani del disastroso, scottante risultato sui quattro quesiti referendari relativi alla fecondazione assistita c'è da chiedersi in quale Italia o meglio "Italietta" viviamo, se c'è ancora quella Repubblica, fondata sulla libertà di pensiero, nata dalla Resistenza, se lo Stato progettato dai costituenti ha ancora nella laicità la sua prerogativa principale.  Siamo nell'Italietta frivola e lamentosa, dedita al lifting e al gossip, superflua ed isterica dove a dare le direttive in uno Stato divenuto teocratico Ã¨ la Chiesa ed i suoi "apostoli" sparsi nella politica nella cultura e nel giornalismo.  Il "credo", l'a-priori religioso si fa legge di Stato, la morale cattolica "il bene e il male" imposizione per tutti, la libertà di stampa, si fa libertà di scrivere "a senso unico", in ossequio a Santa Madre Chiesa. 

Ed allora il richiamo del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a tener dritta la schiena giunge a proposito, al momento giusto. Trovo stupefacente se non ridicolo così sostenere che gli astensionisti, i Ponzio Pilato dell'era tecnologica, hanno stravinto il referendum nonostante i grandi mass media (quotidiani e televisioni) fossero schierati con i quattro sì ai quattro quesiti referendari. Forse ho avuto un abbaglio, una visione, un'allucinazione quando per mesi e mesi l'Italietta Ã¨ stata bombardata da dirette televisive, da notiziari 'mininuto per minuto' e da pagine e pagine di editoriali, commenti, servizi di cronaca sull'agonia e la morte di Papa Wojtyla prima sull'elezione di Ratzinger poi. Che dire degli ampi servizi nelle pagine culturali sul cristianesimo e degli inserti sulla religione? Da questa tempesta di religiosità non si Ã¨ salvato nessun quotidiano, settimanale, mensile che  si professa "di sinistra" o comunque d'avanguardia (da Repubblica all'Espresso, da Micromega allo stesso Corriere della Sera).

Una tempesta, un'esplosione di religiosita' andata ben oltre il fatto di cronaca e tutto questo avvenuto per i richiami al pluralismo dell'informazione di Wojtyla prima e Ratzinger dopo o per un ossequio che si deve comunque alla Chiesa Romana? Ad una-due settimane dal referendum del 12 e 13 giugno compaiono editoriali per il voto e per i quattro si?: un tardo risveglio o un risveglio voluto e pilotato? Scelgo senza esitazioni e dubbi la seconda tesi: prima si Ã¨ fatto ciò che l'Alto vuole, chiede ed esige, poi, a danno fatto, per salvarsi la faccia, si invoca il laicismo, la libertà di ricerca e di scienza. Sono così certo di questa seconda tesi perché e quanto ho vissuto direttamente e sulla pelle da modesto cronista: ore e ore passate nei corridoi del Policlinico Gemelli a far la guardia alle finestre del decimo piano dove era ricoverato in duecento metri quadrati Papa Wojtyla e poi ore e ore a passeggiare su e giù per Via della Conciliazione in attesa dell?evento, del "botto" finale: ecco il nuovo Papa, Benedetto XVI.

E ancora pagine e pagine a raccontarci la sua storia, i suoi trascorsi, le sue teorie. Scrivere sui quattro quesiti referendari? Prudenza, prudenza, prudenza: bisognava aspettare il segnale, il via libera. Perche' e' inutile nasconderselo: nell'informazione l'omogeneizzazione regna sovrana ed incontrastata. Come, cosa scrivere, chi intervistare? Ogni riga passata al setaccio, ogni nome vivisezionato. E questa Ã¨ la libertà di stampa? Il Principe De Curtis avrebbe tuonato "ma mi faccia il piacere". Siamo in libertà vigilata, le redazioni sono simili a caserme rette da una ferrea gerarchia: non ho altri termini per dire di un pietoso e sgradevolissimo modo di lavorare e di fare informazione.

Diamoci una "mossa" (il rinnovo contrattuale può esser un'occasione d'oro) per continuare ad essere giornalisti vivaci disturbatori della quiete pubblica e non megafono o portavoce di qualcuno e qualcosa. Se non si Ã¨ accomodanti, se si disturba la quieta pubblica, se si Ã¨ fuori dal coro, beh, non finisce bene: si va diritti in una delle tante tetre aule del Tribunale del Lavoro per difendersi dal proprio direttore e da qualche collega premuroso la propria professionalità e qualifica.                    

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