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Articolo 21 - Editoriali
Le telepromozioni troppo promosse
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di Roberto Barzanti

Una delle critiche più insistenti mosse alla Legge Gasparri nella sua attuale versione riguarda il regime proposto in tema di pubblicità televisiva. In Italia la quantità di pubblicità veicolata dal piccolo schermo è troppo alta se paragonata a quella riscontrabile nella maggior parte dei Paesi europei. E il fenomeno dura da tempo: è strutturale. Non misteriose ne sono le cause: il regime di sostanziale duopolio e la patologica gestione a due di questa fondamentale risorsa provoca uno scompenso che penalizza il pluralismo e la varietà nei mezzi di informazione. Anche se la carta stampata sta guadagnando punti non si può dire che sia stato raggiunto un sano rapporto di equilibrio. Per questi motivi una legge di sistema avrebbe dovuto sciogliere ?? l??ha fatto notare nei suoi meditati rilievi lo stesso presidente Ciampi ?? questo, che è uno dei nodi più intrigati della situazione italiana. Non per pianificare ?? come teme (a parole) Berlusconi ?? un mercato destinato ad avere una sua dinamica di convenienze, ma per precisare le ??limitazioni quantitative? senza le quali la patologia non verrà mai superata. Il ministro dice che la nostra legislazione è allineata su questo punto alle normative europee o almeno è con esse compatibile. Non si può ignorare che quanto discende dalle direttive comunitarie in materia, in particolare dalla direttiva ??Televisione senza frontiere? del 1989 come modificata dalla 36/97/CE, delinea solo i requisiti minimi che le legislazioni degli Stati membri devono rispettare. ? l??ora di farla finita nel richiamarsi ai testi comunitari frammentandoli in formule da tradurre alla lettera o ossequiandoli con ipocrita formalismo. Purtroppo da noi l??Europa o è un paradiso esemplare o un riferimento da evocare a fini polemici: atteggiamenti ambedue sbagliati. Spesso si sono andate accumulando sui testi varati da Bruxelles una tale congerie di interpretazioni o di aggiunte che s??è finito per perdere o per attutire il significato delle loro chiare indicazioni di base. Non ho difficoltà a riconoscere che per la pubblicità un capzioso e causidico lassismo ha prevalso sul rigore. Basti pensare all??annoso problema della cosiddette ??telepromozioni?. Di esse nelle direttive citate non si parla neppure ed invano se ne cercherebbe una plausibile definizione. Solo con la sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo del 12 dicembre 1996 C-320/94 si è ritenuto possibile elevare il tempo di trasmissione al 20% ?? oltrepassando quindi il 15% del tempo di trasmissione giornaliero ammesso per gli spot ?? in presenza di forme di pubblicità assimilabili a quelle delle ??televendite?: le quali ?? si sa ?? obbediscono a modalità di svolgimento del tutto peculiari. Ho sempre considerato la sentenza del 1996, e segnatamente il suo paragrafo 37, non esente da forzature assai discutibili. Che lasciano, comunque, impregiudicata la volontà di dotarsi, a livello nazionale, di norme più restrittive: coerenti con l??assunto complessivo della normativa comunitaria e adatte ad una situazione eventualmente bisognosa di consistenti correzioni. Non sono utili i ragionamenti a effetto in nome dell??Europa o contro di essa: è preferibile muovere dall??analisi di una spiacevole realtà al fine di modificarla anziché elaborare articoli chirurgicamente calibrati (è il caso dell??art. 15.7 della Gasparri) per subirla o fregarsi le mani aspettando ?? annunciando ?? contenti una comunicazione interpretativa (in arrivo), che avrà il valore di un documento autorevole della Commissione presieduta da Prodi: non  il peso e l??incidenza di un testo legislativo. Saranno pagine da esaminare nella loro interezza: e riserveranno qualche sorpresa. Le telepromozioni avrebbero dovuto ?? dovrebbero ?? essere calcolate entro i tetti consentiti ai messaggi pubblicitari, al pari dei numerosi tipi di spot dei quali esse sono soltanto una versione più diluita e subdola. Per non dire dei dilaganti e capricciosi minispot, delle interruzioni pubblicitarie nelle partite di calcio inserite a piacere al di là di ogni criterio, del massacro imposto senza riguardo ai film, delle sponsorizzazioni che oltrepassano spudoratamente i confini da osservare, delle facilitazioni nelle vendite degli spazi concesse in dispregio di ogni trasparenza.    

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