di Bruna Iacopino
“Agricoltura si, lavoro nero no”. È partita ufficialmente con questo slogan urlato al microfono con voce possente, la protesta dei lavoratori africani di Rosarno arrivati a Roma cinque mesi fa’ e da cinque mesi senza un lavoro. Un banchetto allestito con frutta e verdura accompagnate dalla scritta, “questi sono i frutti del lavoro nero”, uno striscione, una serie di cartelli. Il luogo, piazza Vitali, di fronte alla sede di Confagricoltura Roma. Una scelta non casuale.
Confagricoltura, insieme alle altre associazioni di categoria, il 27 aprile era stata tra le firmatarie di un protocollo di intesa, intermediaria la provincia di Roma, con il quale si garantiva ai ragazzi sfuggiti all’inferno di Rosarno la possibilità di avere un lavoro in regola. Eppure il lavoro, a più di 40 giorni di distanza ha continuato a rimanere un miraggio. A fronte, ribadiscono “i rosarnesi” di un decreto flussi che chiede “ 8000 lavoratori stagionali, 1300 solamente nella provincia di Roma”. E una dimensione di sfruttamento, aggiungiamo noi, che persiste indisturbata.
“A cinque mesi dai fatti di Rosarno nulla è cambiato, anzi la situazione è addirittura peggiorata”, sostiene Dario dell’Osservatorio antirazzista Pigneto-Tor Pignattara “ peggiorata per loro, che dopo essersi ribellati ad una condizione di sfruttamento e lavoro nero, e dopo aver fatto un percorso di autorganizzazione e di lotta a Roma, in quei luoghi non possono più tornare alle stesse condizioni”. Del resto, la frase che apre il comunicato che Yamadou si appresta a leggere nel corso della conferenza stampa parla chiaro: “ I mandarini non cadono dal cielo, ma le parole cadono nel vuoto”.
Di parole, infatti se ne sono spese tante, da gennaio ad oggi, senza essere seguite dai fatti, a Roma come nel resto della penisola. “Dopo la firma del protocollo- prosegue Dario- abbiamo continuato a tempestare di telefonate e mail le associazioni firmatarie, senza però ottenere alcun tipo di risposta… Confagricoltura, tra le associazioni di categoria è la più rappresentativa, l'abbiamo scelta come "simbolo": la nostra presenza qui oggi vuol essere un nuovo monito, perché gli impegni presi vengano rispettati.”
Il sole cala a picco sulla piazzetta Vitoni, dove nel frattempo è arrivato anche l’avvocato Angelelli dell’Associazione Progetto diritti, che ha seguito la parte legale relativa ai permessi di soggiorno. “ Dopo mesi di battaglie- spiega questa volta Veronica - questi ragazzi sono riusciti a essere riascoltati dalla Commissione per ottenere un permesso per motivi umanitari, per quanto hanno subito a Rosarno e per le loro storie personali. Una lotta che sta avendo un risultato positivo…”
Ma a breve termine. Stando infatti alle normative vigenti, ricorda l’Osservatorio antirazzista, qualora non dovessero ottenere un contratto regolare, non verrebbe riconfermata loro la possibilità di rimanere in Italia in maniera legale. Il permesso di soggiorno umanitario ha una durata di un anno e per essere riconfermato necessita del vincolo contrattuale.
Vengono sciorinati numeri, cifre tratti dal rapporto ufficiale del Ministero del lavoro.
Il lavoro nero dunque esiste!? Esiste anche il caporalato!?
Ed esistono, guarda un po’, anche dei dati… Ma il governo, forse distratto da altro, non sembra essersene accorto, allora meglio ricordarglielo.
Come forse è bene ricordare la testimonianza di chi a Rosarno non solo c’è stato ma ha anche beccato “le mazzate”, le stesse che avevano fatto inorridire mezza Europa. “ Ho fatto due mesi a Rosarno, il lavoro era duro. Lavoravamo dalle 6 di mattina alle 8 di sera per 25 euro; dove dormivamo non c’era acqua e neanche elettricità. Il 7 dicembre al ritorno dal lavoro, stavo per strada e c’era una macchina dietro di me, con 5 persone a bordo, mi sono venuti dietro e mi hanno investito. Poi sono usciti con dei bastoni e mi hanno picchiato forte in testa e al ginocchio: ho i legamenti rotti e ancora ho problemi. Da 5 mesi non lavora nessuno di noi, abbiamo trovato ospitalità al centro sociale Snia, viviamo grazie alla solidarietà delle persone, delle associazioni antirazziste... qualcuno è anche tornato nella campagne meridionali, in Puglia, in Campania, in Calabria perché la stagione è già iniziata. Io però non voglio tornare a lavorare nelle stesse condizioni di prima, vorrei un lavoro regolare, vorrei vivere un po’ meglio…”
Il racconto è di Moussa, 30 anni, richiedente asilo, congolese, tra i pochi ad aver accettato di tornare a raccontare la propria vicenda.
“Vengo da un paese che era molto ricco, lo chiamavano il miracolo dell’Africa, fin quando un bel giorno i politici non hanno deciso di dividere il paese in due: io sono diventato straniero nel mio paese. Sono stato costretto a partire, ho attraversato il deserto e il mare, sono arrivato in Italia.” A parlare è Kader, originario della Costa D’avorio, anch’egli richiedente asilo, come tutti gli altri. Kader a Rosarno c’è stato due mesi, fino al momento della rivolta, poi dalla Calabria è stato portato a Roma. “Ci hanno portato qui senza nulla, dormivamo all’aperto, fin quando non abbiamo trovato l’ospitalità e il sostegno delle realtà antirazziste romane. Adesso vogliamo che i patti vengano rispettati, per questo continueremo a manifestare per pretendere e ottenere che vengano rispettati i nostri diritti.”
I passanti sfuggono distratti, qualcuno si ferma, ma solo per chiedere se c’è qualche petizione da firmare, oppure se di mezzo c’è la Cgil. Alla risposta negativa si rituffano nel traffico.
La situazione si sblocca solo intorno a mezzogiorno, quando una delegazione riesce a farsi ricevere dal presidente di Confagricoltura Roma, Massimiliano Giansanti, in presenza dell’assessore alle Politiche dell’Agricoltura della Provincia di Roma, Aurelio Lo Fazio. “Confagricoltura di Roma – spiega Massimiliano Giansanti in un comunicato diramato alla stampa - ha rispettato gli accordi e dato seguito al protocollo. La nostra associazione – aggiunge il presidente - è storicamente riconosciuta come maggiormente rappresentativa dei datori di lavoro agricoli e ha sempre fatto della legalità del lavoro un proprio valore identitario”. E nello stesso comunicato anche un impegno rinnovato. Il tavolo di confronto va riaperto per migliorarne alcuni punti e va esteso alle associazioni dei sindacati dei lavoratori.
I lavoratori africani di Rosarno, da parte loro, rimandano i ringraziamenti.
Prima i fatti. Il tempo è scaduto.