di Vincenzo Vita
La scomparsa, dopo una breve devastante malattia, di Rina Gagliardi è qualcosa di più di un lutto. E’ un altro, inesorabile, sintomo. Della fine di una lunga stagione politica e culturale, di cui Rina è stata straordinaria protagonista. L’onda lunga del ’68, dalla quale prese le mosse la bravissima ‘normalista’ pisana, che partecipò molto giovane all’esperienza del gruppo de ‘il manifesto’, una delle esperienze più interessanti della storia della sinistra in occidente. E fu interprete assai fedele di quella sorta di ‘unicum’, che univa (e ancora il giornale ne è l’eco intelligente e modernizzata) l’idea del comunismo alla critica aspra delle incarnazioni reali di un’utopia pratica considerata attuale. Colta e brillante intellettuale, dirigente politica e giornalista vivissima ha scritto stupendamente delle vicende italiane, e non solo. A dimostrazione che l’anima del ’68 fu, al di là degli estremismi e delle caricature, la qualità critica dell’analisi, la voglia di cimentarsi con le contraddizioni del (o dei) capitalismo al livello più alto. Partecipò ad una buona parte della vicenda del ‘quotidiano comunista’ (e del Pdup), riferimento di quella generazione che –nel bene e nel male- è stata l’intelaiatura di quarant’anni di battaglie. E poi, nelle stagioni delle divisioni, partecipò all’esperienza di Rifondazione comunista e di ‘Liberazione’, fino ad approdare a ‘Gli altri’, ora settimanale. Sempre, dunque, nell’ambito di una sinistra alternativa e antagonista, arricchita da un profilo di elevatissime radici teoriche. Una durezza arata dallo spirito di Gramsci. Ironica, brillantissima, amante dei libri e della musica, ebbe anche un’esperienza parlamentare, nella scorsa legislatura al senato. Breve, tuttavia intensa e vissuta con serietà, rigore ed impegno.
Figlia ed esponente di un universo al tramonto, partecipò anche alla lucidissima parabola del femminismo, profondamente donna com’era nell’approccio alla politica, sempre vissuta innanzitutto come esperienza esistenziale. E la morte prematura di Rina ci parla dell’esaurimento di una lunga fase della sinistra, non perché idee e valori siano tramontati. Anzi.
Se mai, proprio la reazione berlusconiana, la sconcezza sub culturale di oggi ci dicono che la storia della Gagliardi va persino oltre la sua finitezza temporale: ci chiede di continuare. Magari con qualche ‘invenzione’, come fu a suo tempo proprio ‘il manifesto’. Buona notte, Rina.