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Flavio Carboni, un ponte di intrighi lungo 30 anni
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di Ottavio Olita

Flavio Carboni, un ponte di intrighi lungo 30 anni

In un’epoca estremamente buia, come quella che stiamo vivendo, nella quale anche la storia dei comportamenti umani – con il raffronto passato/presente per la politica, l’economia, il sindacato, anche la cronaca nera  – è vista più come fastidio che come “magistra vitae”, ha un valore simbolico di formidabile efficacia la scoperta di quello che potremmo definire il “Ponte Flavio Carboni” i cui due pilastri principali poggiano le fondamenta, all’inizio della campata negli anni ’80, alla fine in piena era berlusconiana: dagli anni  del radicamento della P2 all’epoca della sua ricomparsa sotto forma di progetto politico e di illecite ingerenze in atti giudiziari e amministrativi.
 Originario del sassarese, il “faccendiere” di Torralba continua a dimostrare di pensare che il potere vada gestito sotterraneamente, con la costituzione - sostengono gli inquirenti che si devono occupare ancora una volta di lui - di una società  clandestina - per i giudici un’associazione per delinquere - volta non solo ad esercitare pressioni per cercare di condizionare le decisioni della Corte Costituzionale (Lodo Alfano), ma anche per più mangerecci interessi economici come l’adeguamento delle leggi sarde per autorizzare la costruzione nell’isola di grandi parchi eolici aggirando le rigide norme di tutela paesaggistica. Ricordo che stiamo parlando delle coste e dei mari della Sardegna!
 Da  trent’anni questo signore 78enne entra ed esce dalle aule giudiziarie come se fossero atrii di lussuosi Grand Hotel. Due le vicende più clamorose nelle quali è stato coinvolto: l’omicidio del banchiere Roberto Calvi, trovato impiccato in modo bizzarro sotto il ponte dei Black Friars, sul Tamigi, a Londra; il tentativo d’omicidio del vice di Calvi al Banco Ambrosiano, Roberto Rosone. Sfuggito ad una richiesta di condanna all’ergastolo ha subito una sola sentenza di condanna, definitiva, a otto anni e sei mesi di reclusione per la vicenda del fallimento dello stesso istituto di credito.
 Per anni è rimasto “in sonno”, ora è ricomparso, protagonista di prassi spregiudicate con soggetti politici di primissimo piano, come il coordinatore nazionale del Pdl  Denis Verdini del quale, come dimostrano le intercettazioni telefoniche che ancora una volta confermano d’essere insostituibili nelle inchieste della magistratura, è stato assiduo ospite nell’abitazione romana in piazza dell’Ara Coeli.
 Il suo “padre spirituale”, Licio Gelli, ideatore del famigerato Piano di Rinascita nazionale, ha elaborato la struttura teorica per la costruzione di uno Stato Autoritario che conservi le parvenze della democrazia con gli attacchi frontali ai poteri costituzionali di controllo - come il Parlamento, la Corte Costituzionale, la Magistratura – e agli istituti di democrazia partecipativa come il sindacato. L’allievo, molto più modestamente, ma badando più alla tasca che all’ideologia, si occupa di interventi per tutelare, collateralmente, gli uomini di potere che a lui fanno comodo (Lodo Alfano) e di praticare interventi diretti per ottenere favori, come è accaduto con il Presidente della Regione Sardegna Cappellacci che, dopo aver dato qualche segnale di disponibilità, alla fine ha dichiarato, sempre al telefono, di non poterne più  - “Mi sono rotto le palle” – delle continue insistenze.
 Al di là della dimensione dei fatti, quel che spaventa è la convinzione di Carboni e soci che la legge, le regole, la tutela di un bene collettivo – quale ad esempio è un intero territorio regionale -, siano inutili orpelli rispetto all’arricchimento individuale o di piccoli gruppi. La gravità della situazione è indirettamente confermata dal fatto che i magistrati inquirenti abbiano negato a Carboni e ai due altri arrestati Lombardi e Martino gli arresti domiciliari, nonostante le loro età anagrafiche. Evidentemente sospettano che quel che finora è emerso sia solo la punta di un immenso iceberg capace di coinvolgere interessi in grado di sovvertire il regolare funzionamento delle istituzioni per come assicurato dalla Carta Costituzionale e dalle leggi parlamentari.
 Accetteremo davvero, ancora una volta, la versione secondo cui ci troviamo di fonte solo a farneticanti vecchietti malati di sete di potere? Il fuoco di sbarramento contro i magistrati romani è già cominciato. Cerchiamo di fermarlo perché almeno questa volta si riesca ad andare fino in fondo nel fermare l’ennesima vergognosa azione antidemocratica nella quale risultano coinvolti personaggi che continuano a riempirsi la bocca della parola “libertà e democrazia”.


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