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Articolo 21 - Sguardi sul mondo
Un febbraio pieno di tristezza
Un febbraio pieno di tristezza Che il 2012 sarebbe stato un anno difficile, anzi difficilissimo, per l’Italia e per l’Europa, lo sapevamo da tempo, diciamo da quest’estate, quando è cominciato il turbine di manovre economiche targato Tremonti che ha ulteriormente depresso la nostra economia, fino a portarla sull’orlo del baratro e del commissariamento franco-tedesco.
Poi, è arrivato il governo Monti: un esecutivo di tecnici prestati alla politica, di persone capaci e competenti, una boccata d’aria, dopo il disastro berlusconiano, che ci ha permesso di tornare protagonisti sulla scena europea e mondiale.
Tuttavia, le sostanziali differenze tra i due esecutivi, visibili ad occhio nudo ed in grado di restituirci autorevolezza e credibilità internazionale, non bastano a fugare gli enormi problemi che affliggono una Nazione che non cresce da un decennio, con infrastrutture insufficienti, servizi pubblici carenti, trasporti ridotti come tutti sappiamo e patiamo ogni giorno sulla nostra pelle, strade e autostrade che si trasformano in piscine o in impianti sciistici alla prima calamità naturale.

Monti e i suoi ministri sono stati chiamati a risanare i conti pubblici ma ormai sono un governo politico a tutti gli effetti: lo sono sempre stati, a dire il vero, ma adesso lo riconoscono tutti, compresi coloro che si divertono a rigirare il coltello nelle piaghe della politica, contrapponendo la “sobrietà” e l’efficienza dei tecnici al chiasso e alle brutte vicende giudiziarie che si sono abbattute su vari partiti negli ultimi mesi.
Per questo, oltre agli onori, è bene che inizino a sobbarcarsi anche gli oneri che il loro ruolo comporta, primo fra tutti quello di ammodernare la rete stradale e infrastrutturale italiana, per troppo tempo trascurata, nonostante l’aumento esponenziale del numero di vetture e il progressivo intensificarsi del traffico; senza dimenticare la rete ferroviaria che versa in condizioni, se vogliamo, ancora peggiori di quella stradale e infrastrutturale.

Non si aspettino un aiuto dai comuni: anche quelli più virtuosi e meglio amministrati, non hanno i fondi per promuovere la costruzione di grandi opere e, spesso, nemmeno per ristrutturare quelle già esistenti. Il gravoso compito spetta a lei, professor Monti: apprezziamo il suo lavoro e il suo impegno a rimettere in ordine i conti pubblici ma non può sottrarsi dal dovere di far tornare l’Italia in Europa anche nel settore dei trasporti, sia pubblici che privati.
Infatti, ha perfettamente ragione chi sostiene che non è cosa degna di un Paese membro del G8 il fatto che bastino venti centimetri di neve per paralizzare la Capitale, come non è degno appellarsi all’emergenza – che pure c’è, per carità – di fronte a immagini come quelle di interi paesi paralizzati, di migliaia di famiglie senz’acqua né luce né riscaldamento, di tubature spaccate dal freddo e di pendolari disperati nel gelo delle stazioni o di treni bloccati per ore.

Per non parlare poi del dramma dei senza tetto e degli anziani: da sempre vittime sacrificali di qualunque momento emergenziale, ma quest’anno più del solito, troppo, in percentuali inaccettabili per la terza economia d’Europa.
Alla tristezza climatica, questo barbaro febbraio ha deciso di aggiungerne anche un’altra, addirittura peggiore, che non riguarda direttamente il nostro Paese ma dalla quale non possiamo certo considerarci esenti. Mi riferisco alla Grecia, la culla della civiltà occidentale, ormai sull’orlo del precipizio, tra crisi e licenziamenti, austerità e mense dei poveri affollate.
Presidente Monti, le siamo grati per ciò che sta facendo per l’Italia ma tra i tanti compiti che deve assumersi, proprio in virtù della sua riconosciuta autorevolezza, c’è quello di favorire un’inversione di rotta in Europa: il Vecchio Continente non si può più permettere atteggiamenti retrogradi e controproducenti come quelli del duo Merkel-Sarkozy o dell’euroscettico Cameron; ha bisogno di europeisti veri, convinti, di gente come lei, come Schulz, come Hollande, come Miliband, altrimenti non serviranno a nulla i suoi viaggi alla Casa Bianca perché l’Eurozona collasserà comunque.

E qui permettetemi di aprire una riflessione che c’entra assai poco con l’economia ma molto con la politica: lo strangolamento del popolo greco, ad opera della cosiddetta “Troika” (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale), costituisce un precedente gravissimo che potrebbe segnare, da solo, il fallimento dell’Euro e di un progetto faticosamente portato avanti per oltre mezzo secolo; il che significherebbe la sconfitta e la scomparsa del progressismo globale e, di conseguenza, la sconfitta e la scomparsa dell’amministrazione Obama, cioè una catastrofe senza precedenti e dalle conseguenze imponderabili.
No, presidente Monti, questo non possiamo accettarlo: per rispetto verso l’Europa ma, soprattutto, verso un popolo e una civiltà straordinaria cui dobbiamo la maggior parte dei valori democratici nei quali oggi ci riconosciamo.
Infine, last but not least, ci sarebbe in Italia un piccolo ma combattivo giornale come “Il Manifesto”, da sempre in prima linea contro ogni sopruso e ogni ingiustizia, per il quale è stata avviata la liquidazione coatta amministrativa.

Presidente, non ha le mie idee e, di sicuro, neanche le sue, ma in democrazia una voce libera si difende a prescindere, non solo se fa comodo. “Il Manifesto”, lo sa, non rinuncerà mai a criticarla e a contrastare la sua azione politica, ma proprio per questo ci auguriamo che il suo governo intervenga e rimpingui l’asfittico fondo per l’editoria.
Altrimenti, se ciò non accadrà, se queste tre tragedie, slegate nello svolgimento ma complementari negli effetti deleteri, dovessero giungere alla conclusione più amara, temiamo che anche il suo governo potrebbe rivelarsi un fallimento, l’ultimo, il più doloroso. Così, sotto la neve di questo maledetto febbraio, finirebbero sepolte le tre cose che abbiamo più care: la democrazia, la libertà di stampa, l’Europa, cioè i princìpi, costituzionali e internazionali, che danno un senso al nostro essere cittadini.
P.S. Mi unisco all’appello di Norma Rangeri e della redazione de “Il Manifesto” e invito tutti i lettori di questa rubrica e di Articolo 21 ad acquistarlo quotidianamente. Lo so che è dura e che c’è la crisi, ma è meglio rinunciare a fare colazione al bar che a un bene comune, patrimonio culturale del nostro Paese.
Roberto Bertoni





                    
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