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Articolo 21 - Sguardi sul mondo
Via dal paese dei balocchi
Via dal paese dei balocchi Via dal Paese dei Balocchi
Tutto si può dire del governo Monti, tranne che i suoi primi cento giorni siano trascorsi invano. Non c’è dubbio che l’Italia avesse bisogno di un bel bagno di concretezza e di realtà, di un esecutivo serio e credibile, soprattutto sulla scena internazionale, dove infatti Monti è stato accolto nel migliore dei modi, e di lasciarsi alle spalle la tragica stagione berlusconiana, fondata sulla sostituzione del Paese reale con un Paese virtuale (per non dire catodico) e inesistente o, peggio ancora, esistente solo nel ristretto ambito di poche categorie di privilegiati.
Detto questo, mi preme sottolineare come, sui temi cruciali per la nostra associazione, anche l’azione di questo governo sia stata finora insufficiente: dalla mancata riforma della RAI ad una vera asta sulle frequenze televisive; senza dimenticare le scarse risposte fornite in merito alla probabile chiusura di un centinaio di testate e alla già avvenuta sospensione delle pubblicazioni del quotidiano “Liberazione” (l’organo ufficiale di Rifondazione Comunista).

Qualcuno dirà: non sono queste le priorità dell’Italia. Mi spiace, ma non possiamo accettare questa visione.
Quando si analizza l’operato di un governo, soprattutto se lo si considera un bene per il Paese e si ha stima per la maggior parte dei suoi membri, non ci si può astenere dalle doverose critiche che ogni esecutivo merita, tanto meno se le questioni sul tavolo sono quelle per cui ci si batte da una vita, quelle che costituiscono la propria missione sociale, civile e, come nel mio caso, anche politica.
Ad esempio, abbiamo accolto con soddisfazione il ritorno in auge del concetto di liberalizzazione, la cui attuazione pratica basterebbe da sola a far diminuire in maniera consistente il nostro debito pubblico. Per non parlare dell’intensa lotta all’evasione fiscale – autentico cancro del Paese – e dell’applicazione dell’IMU anche sui beni ecclesiastici non finalizzati ad attività di culto, delle iniziative umanitarie del ministro Riccardi, della svolta sui temi dell’istruzione portata avanti da Profumo e Rossi Doria, della competenza e del prestigio internazionale del ministro Terzi e della decisione, presa da Monti, di rendere pubblica la dichiarazione dei redditi di tutti i componenti dell’esecutivo.

Tuttavia, poiché c’è ancora chi si ostina a sottovalutare l’importanza di questa svolta politica, e direi anche culturale, è opportuno riportare alcune righe di un’inchiesta realizzata da Philippe Ridet per “Le Monde” e relativa proprio alle questioni più care ad Articolo 21: “I mezzi d’informazione hanno sentito girare il vento. I giornali e i talk show politici, che fino allo scorso novembre si preoccupavano soprattutto di attaccare o difendere Berlusconi, si sono convertiti alla pedagogia delle riforme. La svolta del quotidiano la Repubblica è particolarmente significativa. Un tempo dedicava pagine intere alle intercettazioni telefoniche del Cavaliere, oggi invece pubblica ogni giorno dei dossier sulla riforma delle pensioni, del lavoro o del fisco. Le curve delle veline sono state sostituite da quelle dello spread”.
Non è un caso, dunque, se l’Italia sia tornata protagonista in Europa e nel mondo e se i cittadini, nonostante qualche legittima manifestazione e i pesanti sacrifici cui sono stati sottoposti, nutrano una fiducia così ampia e diffusa in questo governo.
Anche noi, a voler essere sinceri, temevamo che l’esecutivo Monti avrebbe avuto vita breve, che sarebbe stato presto travolto dall’impopolarità delle sue riforme, dalla durezza dei suoi tagli, dallo sgradevole ruolo che è costretto a recitare: quello del Grillo parlante che sostituisce il crudo linguaggio della verità a quello illusorio dei troppi Lucignoli che ci hanno governato per un decennio.
È accaduto esattamente l’opposto, a dimostrazione del fatto che gli italiani sono assai meno sprovveduti di quanto pensino quegli esponenti politici che hanno costruito le proprie fortune sul populismo becero e che ora si trovano spiazzati da una stagione di serietà e di riforme della quale si avvertiva una necessità vitale.

Volendo riprendere una sgradevole affermazione di Berlusconi, gli italiani hanno dimostrato di possedere un’“evoluzione mentale” leggermente superiore a quella “di un ragazzo che fa la seconda media e che non sta nemmeno seduto nei primi banchi”. E questo con buona pace di tutti coloro che per anni, su argomenti cruciali come la libertà d’informazione e i diritti civili, ci hanno invitato a tacere, a lasciar correre, a far finta di niente, con la solita, insopportabile scusa del “livello medio della popolazione”.
Non è vero che gli italiani non siano pronti a recepire un messaggio più elevato; non è vero che vogliano rimanere ignoranti o che siano felici di trascorrere le giornate di fronte al “Grande Fratello” o a “L’isola dei famosi”. La verità è che a qualcuno, in tutti questi anni, ha fatto comodo avere un pubblico così, trattare il popolo da cliente anziché da cittadino, per poterlo dominare meglio, per poter affievolire il suo naturale spirito critico, per poter isolare chi come noi non ha mai taciuto e non ha alcuna intenzione di tacere neanche in futuro.

La stagione del Paese dei Balocchi si è definitivamente conclusa, ma sbaglieremmo se scegliessimo di consegnarla all’oblio. Al contrario, affinché il berlusconismo non torni più a far danni, è necessario che tutti sappiano, che tutti comprendano, che tutti ricordino e che anche le prossime generazioni siano messe al corrente di cosa hanno rappresentato questi anni orribili per la nostra generazione, privata di ogni prospettiva e di ogni certezza per il domani.
Come sempre, sia pur dopo vent’anni, la verità ha rotto gli argini e ha travolto la vuota retorica di quei commentatori e di quegli opinionisti senza opinione che una miriade di volte ci hanno invitato a lasciar perdere, a considerare Berlusconi un personaggio “sui generis” ma non più pericoloso di tanti altri.
Non è così, non è mai stato così e adesso lo hanno capito tutti, compresi i suddetti pensatori senza pensiero che non hanno esitato a saltare sul carro del vincitore.
Di recente, Monti ha detto di voler cambiare la mentalità degli italiani e qualcuno lo ha preso per pazzo o, peggio ancora, per megalomane. Invece, piano piano, ci sta riuscendo; e già si vedono i primi frutti positivi di questo notevole cambio di passo, con gli evasori che, da eroi della lotta contro lo Stato oppressore, sono tornati ad essere nell’immaginario collettivo dei ladri e dei farabutti.
Questo è uno dei tanti motivi per cui sostengo criticamente un esecutivo così bizzarro. Questo è uno dei motivi per cui tutti gli italiani che hanno a cuore le sorti del nostro Paese dovrebbero fare altrettanto.
Roberto Bertoni


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