di Ottavio Olita
La cultura fa bene all’Italia. Lo scrivevano nei loro striscioni gli studenti e gli insegnanti all’apice delle loro proteste contro la riforma Gelmini. Lo hanno scritto musicisti, attori, artisti del teatro, del cinema, del mondo della lirica al ministro Bondi nelle loro manifestazioni contro i tagli al Fus. A Sanremo, sul palcoscenico più ’leggero’ dello spettacolo italiano, lo ha dimostrato in modo clamoroso Roberto Benigni affrontando temi difficili, a volte controversi, come l’inno di Goffredo Mameli e la sua storia, come il Risorgimento e i suoi protagonisti.
Il primo effetto positivo di quella solida, divertente, appassionata lezione di cultura storica è stato che il governo – che a Sanremo era rappresentato, in prima fila, dai ministri la Russa e Meloni – ha approvato nelle ore immediatamente successive il decreto legge istitutivo della festa nazionale dell’Unità d’Italia fissata per il 17 marzo. E sono stati gli stessi ministri ‘sanremesi’ a tenere la conferenza stampa, mentre all’esterno il loro collega Calderoli, che con Maroni e Bossi, nel Consiglio dei Ministri, aveva votato contro, tuonava sulla presunta ‘incostituzionalità’ del decreto istitutivo. Ma vi rendete conto? Hanno fatto qualunque porcata, i leghisti con il PdL, anche manifestamente contraria alla Carta Costituzionale – come sanzionato dalla Consulta - pur di rendere senza ostacoli il cammino al ‘Premier’, trascurando anche soltanto di rileggerla la Carta fondamentale dello Stato; non hanno avuto pudore quando hanno voluto rispolverare le loro conoscenze ed attaccamento alla Costituzione per contestare la forte voglia di un momento di aggregazione unitaria, pacifica, identitaria del Paese.
Ulteriore conferma che la cultura fa bene all’Italia.
Non hanno proprio voluto ascoltarlo Roberto Benigni, neppure nella parte che ha riguardato Legnano ed Alberto da Giussano. Non hanno voluto ripercorrere la storia, hanno preferito attaccarsi alla loro distorta interpretazione fumettistica di quelle pagine epiche.
Quanto a noi che crediamo in un’Italia migliore dovremmo ascoltare meglio l’appello di Goffredo Mameli, per come è stato riletto da Roberto Benigni. In quell’”Italia s’è desta”, in quell’esortazione al risveglio delle coscienze e dell’impegno civile c’è l’indicazione dei primi passi per dare un nuovo Risorgimento all’Italia. Quasi la stessa motivazione che ha indotto Luca e Paolo a leggere con trasporto e grande emozione, trasmettendo commozione, le immortali pagine di Antonio Gramsci in odio agli indifferenti. Pagine di grandissima liberalità, come in conferenza stampa ha voluto con coraggio e competenza precisare lo stesso Luca rispondendo ad una giudizio del direttore di rete, Mauro Mazza, che ama più Gobetti di Gramsci.
La cultura fa bene all’Italia.
Come ha fatto benissimo Benigni a ricordare le giovani età di Mameli e di Michele Novaro, l’autore dello spartito musicale dell’Inno, così come dei tanti altri ragazzi che sacrificarono le loro vite per consentire a noi di ritrovarci in una Patria che prima d’essere Nazione aveva in comune solo la Cultura. Ed ha fatto bene anche a me e a tanti della mia generazione la lezione di Benigni che ha spiegato bene la grande differenza tra patriottismo e nazionalismo, fra la bellezza di ritrovarsi storie comuni con “Fratelli d’Italia” finalizzate alla convivenza con tutti, piuttosto che la chiusura ostile verso gli altri. Ho rivissuto i miei anni adolescenziali e della prima giovinezza quando si formò la mia avversione verso il tricolore e l’inno, visti come netta contrapposizione alla bandiera rossa e all’internazionale, senza capire che anche il popolo italiano, rappresentato da quei simboli, faceva parte di quell’universo che si batteva per la libertà e i diritti. E’ la Cultura che abbatte le barriere.
La Cultura fa bene all’Italia
Così come mi ha commosso che Benigni abbia voluto individuare nella Poesia l’origine di quei tre colori imposti da Mazzini; la grande poesia di Dante e la sua straordinaria capacità di raccontare e descrivere la bellezza femminile. Poesia, storia, impegno, lotta di liberazione, futuro.
Io non so se anche Sandro Bondi e Maria Stella Gelmini si siano alla fine commossi quando Benigni ha intonato quello struggente ”Fratelli d’Italia” cantato dalla parte di chi era in piena consapevolezza “pronto alla morte” a poco più di 20 anni. Se è capitato loro forse capiranno perché è indispensabile un sacro rispetto per la Cultura e chi la diffonde.
Perché la Cultura fa bene all’Italia