di Luigi Manconi e Ernesto M. Ruffini
Dall’8 agosto 2009 lo straniero che entri in Italia senza un regolare permesso di soggiorno è reo di immigrazione clandestina. Così, da quel giorno, il nostro ordinamento punisce la stessa condizione soggettiva dello straniero irregolare, a prescindere dal fatto che abbia commesso un reato. Si sanziona, cioè, il suo stato esistenziale e non comportamenti che abbiano arrecato danno a terzi. Si introduce, con ciò, una norma di stampo ottocentesco, quale quelle che colpivano non il crimine ma il soggetto percepito come pericoloso (sovversivo, vagabondo, marginale, povero…).
Ma non è tutto.
Da quel giorno, lo straniero entrato irregolarmente deve allontanarsi dal nostro territorio e se non ottempera a tale ordine può essere arrestato e imprigionato.
Fin qui le norme volute dal governo Berlusconi e dal ministro dell’ Interno Roberto Maroni.
Ma la Corte di Giustizia europea – l’organismo comunitario chiamato a vigilare sull'uniformità degli ordinamenti giudiziari dei Paesi membri – ha affermato che la pena detentiva prevista dalla normativa italiana è in contrasto con la Direttiva europea sui rimpatri dei clandestini e con il rispetto dei loro diritti fondamentali.
I giudici italiani, quindi, dovranno disapplicare quelle norme perché in contrasto con l’ordinamento comunitario. E così l’impressionante successione di fallimenti e figuracce, collezionata in pochi mesi dall’ esecutivo italiano, la cui politica per l’ immigrazione è stata prima contestata e poi ridicolizzata, viene infine messa in mora e mortificata a livello europeo. La faccia feroce si rivela, oltre che impotente, pateticamente grottesca.
Leggi il testo della sentenza / Quella direttiva rimasta inapplicata - di Bruna Iacopino/ Reato clandestinità: bene bocciatura Corte UE- di Gruppo Everyone