di Stefano Corradino
"L'intento del governo era chiaro: evitare il referendum perchè il "sì" impedirebbe per anni di tornare a parlare di nucleare. Bloccare il quesito avrebbe voluto dire congelare la discussione per poi ritornarci con gli animi più distesi..." Il professor Alessandro Pace, autorevole costituzionalista nonchè tra i soci fondatori di Articolo21 commenta il responso della Cassazione che ha ammesso il quesito sul nucleare. "E ora - sottolinea Pace - dopo tanto tempo sottratto all'informazione referendaria le tv devono concedere ai quesiti tutto lo spazio possibile".
La Cassazione ha deciso di ammettere il referendum sul nucleare. Su quali basi?
Ritengo che la Cassazione si sia convinta perchè è stato dimostrato che l'abrogazione di tutte le norme sottoposte al referendum avevano uno scopo politico, quello di evitare la consultazione. Questo è apparso chiaro alla Corte di Cassazione sia per il comportamento parlamentare del governo e della maggioranza che hanno respinto tutti i sub emendamenti e gli ordini del giorno nei quali si invitava il governo ad andare contro il nucleare, sia per la formulazione dell'Art.5 del Decreto Omnibus.
Il governo sostiene che l'articolo 5 abroga di fatto le norme relative al programma di produzione di energia nucleare
Non è così o quantomeno solo in parte. L'articolo 5 è composto di 8 commi. I commi dal 2° al 7° abrogano effettivamente tali norme ma il 1° e l'8° vanno nel senso contrario.
Un comma che smentisce l'altro?
Praticamente sì. Va detto che per interpretare una materia così complessa bisogna sempre guardare tutti gli articolati con attenzione (la chiamiamo "interpretazione sistematica"). Ciò che è risultato evidente è che questo articolo non avrebbe abrogato tout court le norme ma lasciava aperta la via al nucleare.
Materia difficile per i non addetti ai lavori, chiariamola ancora meglio. In che modo primo e ottavo comma rappresenterebbero una scappatoia?
In maniera scoperta. Secondo il primo comma si sostiene che bisogna aspettare che, a livello europeo, vengano precisate le direttive in materia di sicurezza e che quindi in assenza di esse non si può andare avanti. All'ottavo comma però si specifica che questo deve avvenire entro dodici mesi, un tempo piuttosto breve. Trascorsi i dodici mesi laddove le direttive europee non vengano precisate il governo, sentite le commissioni parlamentari, il consiglio di stato e la conferenza stato ragioni, adotta autonomamente la strategia energetica nazionale.
Il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia a poche ore dalla decisione della Cassazione ha giudicato l'ammissione del referendum "un mostro giuridico e costituzionale". Secondo Saglia una delle due norme che si vorrebbero abrogare è quella che "obbliga il Governo ad assumere, entro 12 mesi, una strategia energetica nazionale". "Abrogandola - prosegue il sottosegretario - si sancisce che l`Italia non debba avere una politica energetica".
Sbagliato. Il governo ha cercato di fare il furbo parlando di politica energetica con una formula generica e volutamente ambigua. Perchè, allora, dalle fonti energetiche previste dal comma 8 non è stata esclusa l'energia nucleare? Avrebbero potuto farlo... Pertanto adesso ci dovrà essere un nuovo intervento normativo e speriamo che questa volta sia costituzionalmente corretto, non come quello precedente.
Riassumento: il decreto omnibus è un'operazione di facciata?
Esattamente, la definirei una operazione "ad pompam", ad effetto. Da un lato sembra perseguire l'abrogazione delle norme mentre in realtà persegue l'intento nucleare. D'altronde lo ha dichiarato chiaramente e candidamente lo stesso presidente del consiglio italiano in conferenza stampa con il presidente francese Sarkozy e lo ha ribadito il ministro allo sviluppo economico Romani. L'intento del governo è chiaro: evitiamo il referendum perchè il "sì" significherebbe che per anni non potremmo tornare a parlare di nucleare. Bloccare il referendum significa congelarlo per poi ritornarci quando gli animi sono più distesi...
Un intento chiaramente antirefendario
Per questo l'Italia dei Valori ha espresso una formale contestazione in un apposito ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri, ricorso depositato ieri la cui udienza di ammissibilità si terrà il 7 giugno prossimo.
Il broglio politico è stato sventato. C'è però un altro problema: l'informazione televisiva è fortemente deficitaria su referendum. Si corre il rischio di un broglio mediatico?
Due dei ricorsi presentati contestano proprio la commissione parlamentare di vigilanza per i ritardi incredibili con cui si è mossa e per tutto il tempo che è stato sottratto all'informazione pubblica. Nei ricorsi si chiede una misura cautelare, quanto meno per concedere più spazio all'informazione referendaria almeno negli ultimi giorni.
Lei è ottimista sul raggiungimento del quorum?
Si può essere ottimisti. Ogni referendum in più nella consultazione costituisce un grande vantaggio perchè è un traino per gli altri.
corradino@articolo21.info