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Biennale: George Clooney porta a Venezia il bunga bunga americano
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di Ahmad Rafat

Biennale: George Clooney porta a Venezia il bunga bunga americano

A Lido c’è stato un temporale ma non tanto da spazzare via le polemiche sul nuovo palazzo del cinema che doveva essere inaugurato quest’anno, ma che è a tutt’oggi solo un deposito di amianto. Se qualche anno fa tutti volevano questo nuovo palazzo del cinema e ne volevano la paternità oggi sembra chenon lo voglia più nessuno, nemmeno il presidente della Biennale, Paolo Baratta che qualche anno fa con molto orgoglio aveva presentato il progetto alla stampa. Il Festival è stato inaugurato dalle “Idi di Marzo” di cui è regist, protagonista e co-sceneggiatore George Clooney. L’attore americano, che passa molto tempo in Italia nella sua casa sul lago di Como, ha deliziato il pubblico veneziano con un bel film sugli scandali politici americani. Clooney alla conferenza stampa ha detto che non considera le Idi di Marzo un film politico, ma un’opera che riguarda piuttosto l’etica. il film è stato molto apprezzato dal pubblico italiano presente al Lido, gli altri dovranno aspettare fino al prossimo gennaio per vederlo, che ha scandali politici ha fatto l’abitudine. Lo scandalo narrato nel film, quello di un candidato presidenziale che mette incinta una delle stagiste del suo quartier generale, sembra un non scandalo se uno pensa a quelli di casa nostra. In fin dei conti lo scandalo narrato da Clooney nel “Le Idi di Marzo” è un gioco per ragazzi se uno pensa al bunga-bunga. Il film sottolinea il cinismo della politica e l’ingenuità di una ragazza che finisce per suicidarsi.
Con il suicidio di un’altra ragazza finisce anche il film della regista palestinese Susan Youssef. Anche in Habibi la politica, aiutata dalle tradizioni, costringe Leyla a consegnarsi alle onde del mare di Gaza, dopo che il suo amato si era suicidato facendosi sparare dal alcuni coloni israeliani. La storia raccontata da Susan Youssef non ha nulla di nuovo ma è un rifacimento più che di Romeo e Giulietta di Shakespeare, di Leyla e Majnoun, la versione araba di un amore impossibile. Susan Yousef, palestinese nata New York che vive ad Amsterdam affronta la questione dell’occupazione dei territori palestinesi con molta semplicità e sottolinea con la stessa ingenuità l’integralismo di Hamas che impone le sue leggi e le sue regole alla società palestinese di Gaza. A Venezia il cinema palestinese si confronta a distanza con quello israeliano. Il cinema politico israeliano è presente al Lido con “Testimonianza” di Ashlomi Elkabetz. In “Testimonianza” assistiamo a un dialogo forse sordo di una donna palestinese con un ufficiale israeliano. Dialoghi, che senza dubbio dimostrano una paura reciproca della quale nessuno dei due riesce a liberarsi.
Questo ultimo Festival curato da Marco Muller, ricco, non solo di nomi famosi ma anche di contenuti. Nei prossimi giorni sentiremo parlare di quello che sta succedendo in Nord Africa, in Siria, in Iran con film selezionati con cura dal direttore della 68 Mostra. Molti film porteranno all’attenzione del pubblico lagunare questioni importanti come l’immigrazione e la convivenza. Fatti con i quali tutti i giorni dobbiamo fare i conti. Di questi film parleremo nei prossimi giorni. Intanto bisogna ricordare che negli ultimi giorni grazie all’impegno di Articolo 21 e di Cinecittà Luce di parlerà al Lido di cinema e di diritti umani, con film italiani, europei, siriani, egiziani e iraniani. Le tre giornate dedicate al cinema e diritti umani si concluderanno con una tavola rotonda nella spazio gestito da Cinecittà Luce, in collaborazione con Articolo 21, il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di Amnesty International e Iniziativa per la Libertà d’Espressione in Iran.


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