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La Spagna cambia direzione. L'era Zapatero e' finita
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di Ettore Siniscalchi

La Spagna cambia direzione. L'era Zapatero e' finita

Prima delle politiche, in occasione delle amministrative di maggio, uno tsunami si è abbattuto sul Psoe consegnando città e regioni al Partido popular, ben 15 autonomie su 17, e ai nazionalisti in Catalogna. Il Pp ha raggiunto la maggior quota di potere della sua storia, il Psoe la peggiore, rimasto con le sole autonomie di Paesi baschi e Andalusia (che rischia di essere persa col voto del 25 marzo). Molte ''roccaforti rosse'' sono state perdute, Castiglia-La Mancia, sempre socialista in democrazia, Aragón, Baleari e Asturie.  Così come importanti città (con la perdita di Barcellona, sempre socialista nel dopo-Franco, che brucia più di tutte). Con la vittoria popolare alle Politiche del 20 novembre è cambiata la guida del paese, col governo Rajoy che si prepara ad affrontare la crisi e a smantellare parte del programma di diritti civili zapateriano. Ed è cambiata quella del Psoe, che ha scelto sabato scorso il nuovo segretario, Alfredo Pérez Rubalcaba. Partiamo da qui.

La nuova segreteria del Psoe
Rubalcaba si è imposto per soli 22 voti su Carmen Chacón, ex ministra della difesa e 'favorita' di Zapatero. L'ex ministro degli Interni, il più apprezzato dei due governi di Zapatero, ha rappresentato la continuità del Psoe, essendo stato con varie cariche presente in tutti gli esecutivi socialisti dal 1892, dat del primo esecutivo di Felipe González. Chacón, invece, impersona l'immagine più nitida della rottura rappresentata da Zapatero. Giovane, donna, catalana, le foto di lei col pancione che passa in rivista le truppe spagnole, davanti a un re in alta uniforme o nella base spagnola in Afghanistan, hanno fatto il giro del mondo, ambasciatrici della modernità del governo Zapatero, quello con la perfetta parità fra uomini e donne. Entrambi i candidati hanno prospettato cambiamenti, hanno proposto un ritorno a sinistra del Psoe, un rinnovato legame con la tradizione socialdemocratica, hanno richiamato all'orgoglio e alla storia socialista. Chacón ha proposto la carta della differenza femminile, della gioventù, del rinnovamento. Rubalcaba quella dell'esperienza e l'autorevolezza del suo lavoro di ministro dell'interno nella gestione della lotta al terrorismo basco. E' riuscito a superare lo stigma della sconfitta elettorale, lui era il candidato socialista battuto da Mariano Rajoy, ritenuta una dimostrazione di assunzione di responsabilità nell'accettare di mettere la faccia in una sconfitta certa. E di dedizione al partito, la stessa che aveva mostrato Chacón quando ha rinunciato a primarie che avrebbero distratto il partito nell'imminenza della sfida elettorale. La politica catalana ha pagato forse gli eccessi nel tentativo di prendere le distanze dall'esperienza dei governi Zapatero, nei quali ha costruito la parte più importante della sua immagine pubblica, il suo essere catalana, il che non è gradito in alcuni settori del Psoe e poi l'essere donna, la penalità di partenza che affrontano tutte le donne in politica. Alla fine i socialisti spagnoli hanno scelto la continuità. Probabilmente, la scelta dei delegati è stata per chi garantiva meglio la gestione di un periodo molto duro, nel quale il Psoe dovrà ricostruire una proposta per la Spagna, e, in parte, se stesso. Un periodo di transizione che dovrà traghettare il Psoe alle prossime elezioni politiche, non prima di averlo consegnato nelle mani di un nuovo leader (Rubalcaba ha già detto che non sarà il candidato alle prossime elezioni politiche). O una nuova leader, perché Chacón è giovane e potrà competere per la guida del partito tra massimo quattro anni. La sua sfida, adesso, è quella di costruire autonomamente il suo ruolo politico, lontana dalle tutele di Zapatero.

Le prime misure del governo Rajoy
Il governo Rajoy, intanto, ha varato le prime misure per affrontare la crisi ma ancora non ha messo in campo una strategia complessiva che vada oltre tagli e congelamenti. Contrariamente a quanto detto in campagna elettorale - poco, Rajoy si è distinto nell'evitare di prendere qualsiasi impegno concreto - ha iniziato a aumentare le imposte. E, mentre manca ancora un'idea di percorso per affrontare il problema occupazionale, il governo inizia, meno timidamente di quanto previsto, un'opera di smantellamento delle leggi varate dai governi del Psoe, relativa alle conquiste civili ma anche alle misure in altri campi, tanto da cominciare a suscitare una qualche dialettica interna.
Scendendo più nel dettaglio, il 30 gennaio il Consiglio dei ministri ha varato il decreto con le misure economiche, finanziarie e di bilancio per il contenimento del deficit pubblico, per complessivi quasi 9 miliardi, mentre altri sei verranno raccolti tramite la crescita progressiva di alcune imposte. Tra le misure approvate vale la pena segnalare la riduzione dei bilanci ministeriali per circa 7,5 miliardi; dei bilanci di radiotelevisione pubblica e ferrovie per 200 milioni di euro ciascuno; degli investimenti e prestiti per ricerca e sviluppo, per 600 milioni; poco più di un miliardo verrà levato alle autonomie, ai quali vanno aggiunti oltre 400 milioni presi dal fondo di compensazione Interterritoriale; le sovvenzioni a partiti politici (ma per questo servirà una legge apposita), sindacati e associazioni imprenditoriali verranno ridotte del 20%, per un risparmio stimato di circa 93 milioni; verranno poi ridotte di quasi il 19 percento le strutture amministrative dello Stato, colpendo sottosegretariati e direzioni generali. Le pensioni per ora non vengono toccate (vi sarà una rivalutazione dell'1 percento che costerà circa 1,3 miliardi) e viene prorogato di sei mesi l'aiuto ai disoccupati che hanno esaurito il periodo di sussidio (che in Spagna, a differenza che in Italia, esiste): 400 euro per circa 125mila persone e 300 milioni di spese. Per il pubblico impiego (già colpito da Zapatero con con blocchi delle rivalutazioni e riduzione delle buste paga) arrivano, invece, alcune pesanti misure, come la conferma del congelamento dei salari e l'aumento della giornata lavorativa a 37,4 ore settimanali. Poi, viene tagliata la Rendita d'emancipazione (un sussidio destinato ai giovani in cerca di impiego) impedendo circa 300mila nuovi accessi, vengono rimandate al 2013 l'estensione da due a quattro settimane del permesso di paternità e l'entrata di nuovi beneficiari nella Ley de dependencia (l'innovativa legge del governo Zapatero che aiutava economicamente le famiglie che si facevano caricano della cura di anziani, invalidi e malati) e viene congelato il salario minimo. Infine, crescono l'Irpef, dallo 0,75 al 7 percento, l'imposta sul risparmio, dal 2 al 6 percento, e viene aumentata la rendita catastale di circa il 50 percento degli immobili, dal 4 al 10 percento.

Lo smantellamento delle conquiste civili
Sin qua nulla di molto diverso rispetto alle misure d'emergenza prese dai socialisti su indicazioni dell'Ue. Allora, forse per contraddire la percezione che le differenze tra destra e sinistra vengano cancellate dalla crisi e caratterizzare la sua azione, Mariano Rajoy si sta dedicando a rovesciare l'agenda ideologica del suo predecessore, contraddicendo quanti ritenevano che il nuovo governo non si sarebbe connotato per il revisionismo legislativo per concentrarsi sulla crisi. Nel mirino finiscono la legge sull'aborto (che aveva finalmente dato alla Spagna una moderna legislazione per periodo, sul modello francese e italiano) spostando l'accento dal diritto della donna alla sua tutela da parte dei medici. L'intenzione è di tornare alla legge dell'85 e, sicuramente, cancellare la possibilità per le minori di interrompere la gravidanza con una tutela giuridica e senza avvisare i genitori. Annunciate anche le revisioni delle normative sulla pillola del giorno dopo, dell'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole ma anche della Legge sulle coste, sullo smantellamento delle vecchie centrali nucleari e sul sistema d'elezione dei membri del Consiglio generale del potere giudiziario. Si tratta di misure che guardano alla parte più reazionaria dell'elettorato del Pp, proponendo revisioni arbitrarie e ideologiche che nulla hanno a che vedere con un'analisi di pregi e difetti delle normative. Nel mirino anche il matrimonio omosessuale (o meglio, il nuovo codice di famiglia che elimina la differenza di genere tra gli sposi), anche se questo ha suscitato la presa di posizione del ministro della Giustizia, Gallardon. L'ex sindaco di Madrid, esponente della destra più moderna, ha già fatto sapere di non ritenere anticostituzionale il nuovo diritto di famiglia, sul quale pende una richiesta di verifica presso la Corte suprema presentata dal Pp, riuscendo a imporre al partito di attendere il pronunciamento della Corte prima di rivedere la legge.

Crisi della democrazia, Indignados e prospettive di scontro
Su tutto questo si proietta l'ombra della peggior crisi del sistema dei partiti, con la sfiducia nelle istituzioni che cresce, in Spagna come in tutta Europa, a dimostrazione che quella che stiamo attraversando è la più profonda crisi della democrazia della delega dal dopoguerra, solo in parte determinata dalla qualità, maggiore o minore, dei ceti politici nazionali. Gli Indignados continuano la loro azione, abbandonando le grandi, e ormai sterili, concentrazioni, e disperdendosi in mille rivoli che affluiscono nelle diverse proteste sul territorio. Dal movimento contro gli sgombri e le requisizione delle case di coloro che non riescono più a pagare i mutui, sino alle tante battaglie contro i tagli a scuola, sanità e servizi che le nuove amministrazioni del Pp e dei partiti nazionalisti stanno portando avanti in tutto il paese. Nell'agenda del governo c'è anche la riforma del lavoro che si risolverà quasi certamente in un durissimo scontro. Col Pp poco propenso a aprire tavoli di concertazione, il Psoe che deve ricostruire immagine e presenza e i sindacati, travolti anch'essi dalla sfiducia dei giovani per le istituzioni, pronti a scendere in guerra per difendere i lavoratori. Malgrado il Psoe abbia anche l'esigenza di accreditarsi per senso di responsabilità e collaborazione nell'interesse del paese, guardando all'elettorato di centro, la svolta reazionaria del Pp ne faciliterà il disimpegno, aumentandone la belligeranza. Se le cose continuano così, la Spagna si avvia verso un periodo caldo.


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