di Duilio Giammaria
(da Malta) La vicenda dei tre barconi con 227 persone ricondotti nel porto di Tripoli dopo l’ennesima disputa tra Italia e Malta su chi dovesse intervenire offre l’
occasione per una disincantata disamina della questione immigrazione-asilo politico.
Al centro della vicenda non c’è, come è ormai evidente, la necessità di ogni singolo stato e dell’insieme dei paesi europei di regolare l’arrivo di immigrati, quanto la possibilità per chi cerca asilo politico di formulare tale domanda.
Sul canale di Sicilia come già sul canal d’Otranto, vere e proprie mafie di trafficanti di essere umani sono attivi. Basta andare in qualsiasi centro di assistenza per profughi appena sbarcati, qui a Malta, come a Lampedusa, per averne prova.
1000 dollari la tariffa, per il passaggio dal nord africa alla Sicilia. Ma nella gran parte dei casi questa gente è stata taglieggiata da briganti e sempre di più anche da forze di polizia e di frontiera. Le donne in molti casi hanno subito violenza.
Condizioni inumane. L’ipotesi di riuscire ad impedire il traffico di esser umani, bloccando i viaggi di carrette del mare attraverso lo stretto di Sicilia, ha l’indubbio e positivo effetto di impedire l’indegno traffico e i rischi per la vita di questa povera gente. Sul canale d'Otranto ciò che ha rallentato e poi fatto cessare i viaggi dei clandestini sono le politiche di sviluppo in Albania.
Qui sul Canale di Sicilia le cose sia pure su scala più ampia, non sono molto diverse.
Ma oggi il paradosso è che mentre si aumentano le somme destinate alla repressione del fenomeno, si riducono quelle per la prevenzione. L’Italia è nella situazione paradossale di aver ridotto quest’anno di quasi un terzo il suo budget in materia di cooperazione allo sviluppo.
Al di là della retorica e dell’ideologia, aiutare le popolazioni colpite nei propri paesi di origine, sarebbe certamente economicamente più efficace, salverebbe molte vite umane dalla persecuzione e toglierebbe i richiedenti asilo, dalle mani di trafficanti e di polizia corrotta.
Là dove ciò non sia possibile bisogna però prevedere che sulle coste africane, chi sfugge da guerra o persecuzioni possa chiedere asilo politico ad uno o più stati europei.
L’anno scorso in tutta l’EU. Poco più di 200.000 persone hanno chiesto asilo politico, anche se solo una frazione ne aveva gli effettivi requisiti. Non si tratta dunque di cifre impossibili.
Paesi come Islanda, Svezia, Norvegia, hanno già iniziato politiche di assorbimento per i richiedenti asilo politico: dalla Palestina, dall’Iraq, persino dall’Afghanistan.
E’ possibile che l’UE si faccia promotrice di una politica sistematica di cooperazione, imponendo ai propri stati membri quote minime di spesa per la cooperazione e quote di accoglienza per i richiedenti asilo politico?