di Redazione
Quanti terremoti all’italiana dovremo ancora raccontare prima che questo paese abbandoni le logiche di una prevenzione fatta con le dite incrociate? Nella tragedia aquilana rivive una lezione mai imparata come ha evidenziato l’inchiesta di Rainews24 firmata da Ezio Cerasi Claudio Borelli in cui si focalizzano gli aspetti più evidenti del deficit culturale tutto italiano nella convivenza con i terremoti in modo consapevole. Colpisce la ricostruzione dei fatti dei giorni precedenti alla tragica notte del 6 aprile: i ricercatori del Cnr già nel 2007 avevano consegnato alla Protezione Civile uno studio che fissava una probabilità del 30% - la più alta in Italia - per probabile terremoto, con magnitudo superiore a 5.3, che avrebbe potuto interessare la zona dell'Aquila tra il 2008 e il 2012. Una previsione che si è drammaticamente avverata. Ma di questo studio non vi è traccia nel verbale della Commissione Grandi Rischi che si riunì a l’Aquila cinque giorni prima della grande scossa. Appare poi quasi impietoso il confronto con il Giappone dove si attende con preoccupazione un forte terremoto che nei prossimi due anni potrebbe colpire la zona di Tokai nei pressi di Kyoto. Nel paese del sol levante la prevenzione sismica è una cosa seria eppure l’inchiesta dimostra che l’Italia dispone di tutte le conoscenze scientifiche necessarie. Ma è palese la difficoltà di tradurle in azioni mirate alla mitigazione del rischio sismico. C’è un gap evidente tra scienza ed istituzioni e c’è il limite culturale, sociale e politico di guardare oltre ogni emergenza. Non c’è dubbio sulla priorità della ricostruzione a L'Aquila, ma non è l’unica: geologi e sismologi puntano il dito contro l’assenza di
interventi in quelle zone abruzzesi dove è probabile che si verifichi un forte terremoto. Lo studio commissionato nel 2006 dalla Regione Abruzzo e realizzato dal dipartimento Scienze della Terra dell'Università di Chieti, rileva un elevato rischio sismico nei territori di Campo Felice-Ovindoli e in quello di Sulmona che ha già registrato una quindicina di scosse prima e dopo il sisma aquilano con una punta di energia pari a 3.8 di magnitudo. In queste aree - dicono gli esperti - va fatta la necessaria prevenzione per essere pronti e preparati ad affrontare un eventuale sisma e per limitarne gli effetti. Intanto si continua ad incrociare le dita e a pregare Sant’Emidio, protettore dai terremoti.