di Montesquieu*
Sembra brutto, per chi ha per lungo tempo aspettato, auspicato, che il capo del governo usasse le camere per le sue comunicazioni, dovergli dire di no proprio quando sembra proporsi di farlo. Per una volta, nella confusione istituzionale in cui vive il nostro ordinamento, si rischia addirittura un conflitto tra una norma regolamentare della camera e il dettato di una legge.
Se è vero, e indubbiamente lo è, che il capo del governo può chiedere e prendere (nel caso, si addice la seconda formulazione verbale) in qualsiasi momento la parola a sua discrezione nelle due camere, se dovesse cercare di farlo per “riferire” sulla sentenza del processo Mills, dovrebbe fare i conti con la norma della legge sul conflitto di interessi che gli impone di astenersi quando l’argomento lo riguarda, direttamente o indirettamente. Interpretazione apparentemente libera di quella disposizione ma, a pensarci un po’, soltanto un po’, difficilmente contrastabile. Intanto, la sgradevole, per tutti, faccenda nulla ha a che vedere con la funzione istituzionale del capo del governo, ancor più dopo il cosiddetto “lodo Alfano”, il quale ha escluso che esistano processi che, durante l’incarico, riguardino il capo del governo. Incompetente, su quel processo, più di qualsiasi parlamentare, che uno straccio di interrogazione lo può sempre presentare. Ora, è ben vero che distinguere tra privato e pubblico è diventato un vero e proprio rompicapo, ma un piccolo sforzo per diradare un po’ di nebbia si impone a tutti.
Naturalmente, tutto ciò prescindendo dal contenuto delle comunicazioni che il capo del governo sembra aver voglia di fare, ma che ognuno può immaginare. Per farsi un’idea, si potrebbe andare con la memoria alle “dichiarazioni spontanee” che l’anche allora capo del governo (era il 2005, più o meno), rese al tribunale di Milano, e il cui rapporto con il processo si rivelò, per dirla semplice, piuttosto labile. E che, trattandosi di comunicazioni per così dire, personali – davvero la confusione è ormai totale – creerebbe una impar condicio con i probabili bersagli dell’intervento.
Detto questo, se l’intenzione è davvero quella, non sarà facile al presidente di Montecitorio – diamo per scontata l’ospitalità del collega di palazzo Madama – condurre, ammesso che lo condivida, la maggioranza su questo ragionamento. Quindi, se lo farà, il capo del governo, questo intervento, è probabile che ad occuparsene con i suoi strumenti sarà poi il grande riparatore di guasti istituzionali, il capo dello stato.