di Ylenia Di Matteo
Terremoto, revocati gli aiuti fiscali.
La notizia, pubblicata sulla prima pagina de “il Centro – Quotidiano dell’Abruzzo” è balzata ai miei occhi, all’indomani della strabordante affermazione delle coalizioni di centro – destra in numerose città della regione.
Nette sono state le vittorie, sia nei rinnovi provinciali che comunali.
Il plebiscito del PdL & co. contro la bocciatura dell’attuale opposizione di governo. Non credo sia così.
La due giorni elettorale ci ha messo di fronte una preoccupante realtà.
Lo slogan paga. E paga benissimo. L’ordinanza firmata dal Presidente del Consiglio, circa la revoca delle agevolazioni fiscali per i residenti dei comuni fuori “cratere” (ossia i maggiormente colpiti), non è stato reso noto per “non condizionare le elezioni”.
E così una parte di cittadini è andata alle urne senza la libertà di poter scegliere, memore però delle tante promesse post-terremoto.
Perché poi parliamo di promesse? Di fronte ad una calamità naturale, ritengo sia scontato, nonché doveroso l’intervento dello Stato e di chi lo rappresenta. “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, recita l’Art. 98 della Costituzione.
Non è forse la Repubblica a dover riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, richiedendo solidarietà politica, economica e sociale?
Non è forse compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana?
Non è forse la Repubblica a dover tutelare il diritto al lavoro, allo studio, alla salute?
Perché allora parliamo di promesse? Perché crediamo che i nostri diritti siano diventati regalìe scese dall’alto, frutto di una benevolenza divina?
La verità è che conviene credere alle cose belle, tentando di nascondere quello che non va, addossandone la responsabilità al comunista o all’immigrato di turno.
La Sanitopoli abruzzese è un capro espiatorio. La rabbia e la delusione verso quella vicenda sono ancora alte è vero ma le forze di centro – sinistra si sono allontanate dalla piazza, contendendosi il titolo di “opposizione dell’anno”. Una lotta intestina inutile, frutto di una politica che non ci sta dicendo più nulla, a cui purtroppo non abbiamo più niente da dire. L’astensionismo non è altro che questo.
Il rinnovamento non deve essere solo anagrafico; il rinnovamento è abbandonare la filosofia del familista amorale, un fare in cui i valori e gli interessi personali si contrappongono a quelli dello Stato e della società civile. Dove in vista del proprio tornaconto, si calpestano i diritti fondamentali, esaltando la furbizia e la scaltrezza del singolo.
Il rinnovamento è possibile, anche se questa mentalità, tipicamente nostrana, è consolidata nei tempi.
Innanzitutto guardiamoci allo specchio, in tal modo scopriremmo che l’invettiva antipolitica in voga negli ultimi tempi non è altro che una spietata analisi di quello che siamo. Mafiosi, usurai, evasori, truffatori, siamo purtroppo anche questo. E’ bene saperlo, è bene che ce lo facciano sapere. E’ bene avere un ‘informazione libera, non sottoposta ad autorizzazioni o censure.
“Chiedo solo per curiosità, per capire chi ha perso, mica lo diciamo”. Un giornalista del TG5, commentando e confrontando la tornata elettorale.
Chi è?! Mica lo diciamo.