di Emanuele Fiano
Neda. Nome mai sentito di una ragazza iraniana morta ieri nel suo paese, in jeans e scarpe da ginnastica, morta in diretta con suo padre accanto, morta mentre insieme a centinaia di migliaia di coetanei e non, manifestava contro il regime di Ahmadinejad.
Mi domando a chi mi riportino quegli occhi scuri e luminosissimi, che non sembrano morti, e che ogni sito nel mondo ha già fatto circolare milioni di volte nel web. Certo noi in occidente abbiamo buona memoria di cosa sia una dittatura, e abbiamo conosciuto e omaggiamo ogni anno, coloro che morirono per opporsi ad un regime, a Mussolini a Hitler, a Franco o a Stalin, che morirono ancora prima di prendere le armi in mano, da Giacomo Matteotti ai fratelli Rosselli a tutti coloro che capirono per primi il dovere dell’opposizione. Ma Neda è diversa, forse addirittura diversa dal ragazzo della piazza Tienanmen che ferma il carro armato con la mano, che pure gli è parente stretta, ma che è di un’era precedente dell’informazione. Neda che muore, il sangue vivo e scuro che le riempie la bocca, questa morte al rallentatore con un padre che urla disperato, è in ognuna delle nostre case immediatamente, frequenta i nostri blog, attraversa Twitter e Facebook alla velocità della luce, campeggia come icona nella cronaca digitale che ci circonda e ci riporta alla verità sull’Iran. Un paese di teocrazia parlamentare, figlio della Rivoluzione islamica di Khomeini e oppresso dal binomio Khamenei/Ahmadinejad senza libertà di dissenso, un paese nelle mani di un leader e di un regime sanguinario, che finanzia gli Heizbollah del sud del Libano e arma Hamas, che promette morte a Israele con i suoi missili a lunga gittata, che nega la Shoah e corre sull’autostrada che porta all'armamento nucleare. E contemporaneamente un paese abitato da milioni di persone che vorrebbero spezzare questo regime, un paese con tradizioni anche laiche capace di mettere in piazza milioni di persone senza possibilità di comunicazione libera.
L’occidente con ritardo e timidamente, è scosso dalla morte di Neda e degli altri suoi fratelli. Lo stesso Obama si è mosso con ritardo, dovuto probabilmente ad una realpolitik che sembrava non appartenergli, alle notizie degli scontri. La sua offerta di dialogo all’Iran, si concilia male con le scorribande della polizia politica con licenza di uccidere di queste ore, ed il tentativo di reimmettere la politica nella trattativa mai partita tra l'Iran e l’Occidente sul contenzioso nucleare, non potrebbe sembrare più lontano.
Non c’è libertà a Teheran ci dicono i braccialetti verdi dei manifestanti per strada, non ce ne è mai stata in questo regime, ed il pericolo per tutti noi che viene da quelle terre antiche riguarda in primo luogo le loro vite indifese, ma riguarda anche tutti noi, il nostro rapporto di occidentali con l’Islam.
A Neda che è morta in diretta, con un colpo al cuore, senza velo, in jeans e maglietta, dovremmo promettere che non dimenticheremo, che mai scuseremo Ahmadinejad e la “Guida Suprema” per questo crimine, che non crederemo mai che nessun Dio possa volere tutto ciò dai suoi sudditi più devoti. Che nessuna trattativa con l’Iran potrà omettere di chiedere loro ragione di questi morti innocenti. Ma io non sono affatto sicuro che lo faremo.
Emanuele Fiano
fiano_e@camera.it